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Borse sempre più su sul filo del rasoio

 

Il rialzo delle Borse mondiali continua ininterrottamente dai minimi toccati a seguito del problema subprime iniziato nell'estate 2007. Malgrado le ricorrenti "crisi" annuali europee del 2010, 2011, e 2012, i principali indici mondiali hanno avvicinato e superato i massimi (come nel caso del Dow Jones 30 americano). Da agosto 2012 c'è stata un'accelerazione inarrestabile del rialzo, malgrado il "pericolo" Euro non sembri affatto disinnescato...anzi!

Gli indici di borsa americani sono stati trainati soprattutto dai titoli farmaceutici e finanziari, ma tutti i settori hanno contribuito al rimbalzo, perfino quello dei consumi. L'indice tedesco DAX ha superato venerdì scorso quota 8.000, già toccata in precedenza in occasione della ''bolla internet'' e nel 2007. Il francese CAC 40, il giapponese Nikkei, tutti nella stessa direzione: Sù! Con il Giappone miglior performer dell'anno.

In genere questo significherebbe boom economico, benessere generale, pieno impiego, essendo la Borsa il termometro dell'andamento mondiale, ma questa volta la benzina che ha ''pompato'' i listini si chiama Q. E. quantitative easing. Significa che la Federal Reserve ha inondato di liquidità i mercati, portato i tassi d'interesse a zero e comperato 3.000 miliardi di asset finanziari causando un rialzo artificioso.

La BCE non è certo stata a guardare, comperando miliardi di euro, di BTP e altri Titoli di Stato Europei tramite il Fondo salva Stati e, chissà anche tramite favori richiesti ai paesi ricchi, quali la Norvegia, la Cina, i paesi arabi. Sarebbe bello se tutto potesse continuare così per sempre, un rialzo infinito che creasse benessere alla popolazione stremata. Purtroppo dobbiamo fare i conti con il problema Euro, ancora irrisolto e vacillante malgrado i sondaggi (manipolati) diano percentuali modeste di contrari all'euro.

Tokyo stock exchange

Prendiamo quale punto di riferimento il Giappone che ci ha preceduti in una crisi catastrofica, allorché il Nikkei crollò da un massimo di 40.000 nel 1989 ad un livello inferiore a 10.000 in qualche anno (meno 75% di performance).

Il governo giapponese adottò allora esattamente la politica americana odierna di QE. Tassi d'interesse zero, iniezioni di liquidità e riacquisto massiccio dei JGB (i BTP giapponesi) da parte del Post Office, il più grande investitore nipponico. Per non fare fallire tutte le banche giapponesi, il tasso dei prestiti bancari a grandi gruppi quali Toyota venne portato a zero, altrimenti le Banche stesse avrebbero dovuto portare a perdite prestiti di migliaia di miliardi di yen (in media 100 yen erano uguali a 1 dollaro).

Da anni immemorabili (almeno 15), fondi pensione, assicurazioni ed invesitori privati giapponesi si sono buttati su investimenti alternativi quali gli Us Treasuries (i BTP americani), addirittura i rischiosissimi titoli di stato australiani che, data la variabilità del cambio contro yen, sono vere e proprie bombe innescate, provando con questa strategia ad aumentare la redditività media dei loro portafogli, ma in compenso assumendosi il rischio di cambio che, come dimostrato da varie misure statistiche si spostaper lo yen-dollaro australiano anche del 20 % in un mese, cosiddetta altissima volatilità (anzi la più alta del mondo).

E cioè, se lo yen fosse sceso avrebero guadagnato sull'operazione, ma se si fosse rafforzato (come nel 2012), si sarebbe verificato un bagno di sangue.

Il risultato della politica monetaria giapponese è stato una catena di fallimenti delle maggiori compagnie di assicurazioni a fine anni 90 con relative fusioni e nazionalizzazioni per "sistemare'' il problema Nikkei e Banche.

Nel caso odierno, il poderoso rialzo azionario mondiale è accompagnato da un diffuso malcontento sociale poiché la disparità tra super ricchi e gli altri si è accresciuta, in sostanza la ricchezza si è concentrata in poche mani forti e l'impressione è che queste "mani forti" comperino e ricomperino le stesse azioni per farle salire in una specie di catena di Sant'Antonio dei potenti, creando benessere effimero perché in realtà la popolazione mondiale non ne vede i benefici, ma soffre di alte tasse, prezzi altissimi (soprattutto in Europa rispetto agli Usa), bassi redditi, la disoccupazione aumenta ed i giovani non trovano lavoro.


Milano La Borsa DettaglioI media e gli analisti finanziari ci vorrebbero fare credere che la crisi finanziaria del 2007 sia acqua passata, mentre il problema vero è transitato dal settore azionario a quello del debito pubblico, cresciuto vertiginosamente: una stima del totale potrebbe essere 60 miliardi di dollari.

Nel 2007 il totale della capitalizzazione dei mercati azionari era pari al totale dei debiti pubblici mondiali ai quali andavano sommati prestiti e titoli obbligazionari corporate. Dato che il "peccato originale", crollo delle banche, assicurazioni ed Hedge funds mondiali (per esempio Lehman Brothers ed AIG), è stato sistemato in quell'epoca emettendo migliaia di miliardi di dollari di debito pubblico mondiale USA ed Europeo, poi ricomperato dalla mano sinistra statale, quali la Federal Reserve, BCE, Banca centrale cinese Giapponese e tutti i cosiddetti Sovereign Wealth funds (sono i veri detentori del risparmio mondiale: Norvegia, Kuwait Investment office, Banca centrale cinese).

Si può dunque notare che il sistema si regge sulla solvibilità dei Titoli di Stato mondiali che hanno pure rendimenti storicamenti bassissimi (quindi non converrebbe acquistarli), grazie al summenzionato Q.E.


Questi rendimenti vanno dal 0.8 % giapponese al 1.4 tedesco, 3 % USA, 5 % Italia.
In conclusione i mercati finanziari sono in equilibrio su un filo sottile e basterebbe poco per farli scendere. Tra i rischi più grandi, un'eventuale crisi del settore assicurativo europeo, un referendum sull'euro in Italia, un'altra sorpresa sui derivati che causerebbe la nazionalizzazione mondiale del sistema bancario: non dimentichiamoci che Dubai ò stato salvato dagli E.A.U., l'Islanda ha rinnegato i suoi debiti, l'Inghilterra ha nazionalizzato le due principali Banche e la Grecia ha gia fatto default una volta.
 

Foto:

(la Tokyo stock exchange - foto Wikipedia/Chris 73)

(dettaglio del Palazzo della Borsa di Milano - foto Wikipedia/G.dallorto)

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