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Dall’euro e ritorno

Il pericolo è che nei prossimi 12 mesi si ripeta il dramma greco e cipriota in Italia, Spagna e Portogallo, ma su scala molto più grossa, poiché la fuga di capitali dall'area Euro sarebbe di almeno 4.000 miliardi di euro in pochi giorni e causerebbe il fallimento e conseguente nazionalizzazione dei sistemi bancari dei paesi summenzionati; i depositi confiscati dai vari governi per un'entità del 50% circa del nominale, il blocco dei prelievi per un tempo illimitato, il default dei titoli di Stato dei paesi più a rischio come il nostro e il ritorno alla Lira con un cambio intorno a 5.000 lire.

Sono stato un trader nella City per vent'anni, ho operato sui primi titoli in Ecu emessi dalla Repubblica, poi su Btp (Buoni del Tesoro Poliennale), Cct (Certificati di Credito del Tesoro) e interest swaps europei. I titoli di Stato italiani avevano negli anni '80 rendimenti a due cifre, anche in virtù del clima generale di tassi d'interesse alti (gli Usa avevano un bel 20% sui Treasuries).

I prezzi dei Cct erano ben sotto la pari, anche se sarebbero stati rimborsati a scadenza a 100. Lo sport nazionale degli operatori italiani era quello di acquistare Cct e finanziarseli in "pronto contro termine" fino a scadenza sperando in un loro rialzo. Per "pronti contro termine" si intendono contratti nei quali un venditore (generalmente una banca) cede un certo numero di titoli a un acquirente e si impegna, nello stesso momento, a riacquistarli dallo stesso acquirente a un prezzo (in genere più alto) e ad una data (termine) predeterminati.

A fine anni '80 il Tesoro emise Bte in Ecu e Btp triennali, poi Cto (Certificati del Tesoro con Opzione) a 6 anni con una put alla pari a tre anni. Il mercato dei titoli di stato italiano si sviluppò enormemente in quegli anni grazie ad una piattaforma (circuito MTS), la migliore del mondo, sulla quale acquistare e vendere titoli. Molte Investment Banks quali la Merrill Lynch, Morgan Stanley, Salomon Brothers, Sumitomo Bank, si buttarono sul business lucrativo, mentre prima si limitavano a sottoscrivere le obbligazioni emesse dalla Repubblica come il primo Eurobond di Autostrade, che inaugurò il mercato degli Eurobond (obbligazioni di Stati o Parastatali emessi sulla piazza di Londra).

In poco tempo anche gli hedge funds (fondi speculativi o fondi hedge connessi alla cosiddetta finanza creativa) e il mercato dei cambi ebbero un forte interesse per i prodotti collegati alla Lira, contribuendo alla creazione di molti posti di lavoro fuori dall'Italia. Prima della svalutazione e dell'uscita dallo Sme, si allungò la curva dei tassi d'interesse con l'emissione di Btp quinquennali e settennali, poco dopo i mitici decennali.

Sul Liffe (London Financial futures exchange) venne lanciato il future a 3 mesi sull'Eurolira che consentiva sia coperture che prese di posizioni su depositi a 3 e 6 mesi in lire. Dopo la rottura dello Sme nel settembre 1992 ed il fatidico TG edizione straordinaria dove Barucci ed Amato ci spiegarono che svalutando aiutavamo la Germania (avevano un sorriso trionfale, raggiante, quello dei vincitori), la lira perse inizialmente il 15% toccando quota 900 per 1 marco. Molte società e famiglie si erano indebitate in marchi e soprattutto Ecu, per risparmiare sulla rata dei mutui con conseguenze nefaste per chi aveva dato fiducia al "Titanic Italia", credendo alla Banca d'Italia che urlava ai quattro venti ''che non svaluteremo mai''.

I tassi a 1 mese della lira superarono abbondantemente il 60%, I Cct e Btp subirono un vero e proprio crollo, mentre in Finlandia, che aveva causato lo scossone dopo il referendum, i tassi raggiunsero il livello record del 1000%. Lo Sme è di fatto l'antenato dell'Euro, dato che si stabiliva un sistema di cambi rigidi che potevano variare del 2,25% più o meno di un tasso di cambio centrale.

A seguito della sua rottura, la fascia venne ampliata a più o meno 15%. Però dopo la crisi messicana del dicembre 1994, il cambio si portò fino ad un massimo di 1.220 lire per 1 marco con una caduta verticale dei titoli di stato italiani che, nel frattempo, avevano visto il lancio dei futures al Liffe sui Btp decennali.

Queste due crisi del 1992 e del gennaio 1995 furono molto simili a quelle recenti del 2010, 2011, 2012 con alcune emissioni di Btp che non avevano praticamente più prezzo. Io stesso da Merrill Lynch comperai un blocco di 130 miliardi di lire di Btp triennali che avevano fatto il giro della City per essere piazzati ad un prezzo decente. Li rivendetti alla Bank of America a Jasmine Hatami con un utile in di un miliardo in cinque minuti!

Il periodo seguente fu più tranquillo poiché era partito il treno della convergenza a seguito del futuro Trattato di Maastricht, gli hedge funds e operatori più avveduti facevano il contrario di quello che è stato fatto negli ultimi tre anni sul famigerato spread BTP-BUND. In sostanza comperavano Btp, Bonos spagnoli e Oat francesi contro vendite di Bund tedeschi. La stessa tipologia di operazioni cosiddette di convergenza, venivano effettuate tramite derivati chiamati "interest rate swaps" che replicavano un po' il profilo di rischio di un Btp senza averne il rischio di credito.

Nel 1996 lo scrivente insieme al suo braccio destro Michele Faissola inventò dalla Deutsche Bank di Londra le curve dei tassi d'interesse europee fino a 50 anni, incominciando dalla Lira e grazie all'emissione di uno zero coupon bond emesso con una scadenza record trentennale. Infatti allora il Btp più lungo era il novembre 2023. Con la stessa metodologia ''inventai'' le curve dei tassi a 30 anni del marco tedesco, corona danese e franco francese, consentendo alla banca per la quale operavo, il dominio assoluto del mercato dei tassi e aiutando, di conseguenza, il Tesoro Italiano a collocare miliardi di euro di Btp presso la nostra tesoreria ed i maggiori investitori istituzionali mondiali.

Operatori quali Pimco, Harvard, Moore capital, Long Term Capital Partners, ma anche una moltitudine di banche commerciali, furono riempiti di titoli di stato italiani. In seguito ci furono altre crisi grosse che coinvolsero l'italia e il suo mercato, quali il default e la svalutazione russa dell'estate 1998. Ma anche la crisi argentina del dicembre 2001 con conseguente svalutazione e default dei Tango bonds. La caratteristica comune di queste crisi, Russia ed Argentina fu una perdita di fiducia verso le istituzioni che avevano garantito, come sempre, che i depositi non sarebbero mai stati toccati, non ci sarebbe stata nessuna svalutazione e meno che mai default dei titoli di Stato.

Strano come queste situazioni si siano ripetute recentemente e non bisogna dimenticare come le folle inferocite in Russia ed Argentina, siano drammaticamente simili a quella islandese, quella cipriota e quella inglese del 2008, con i depositanti della Northern Rock in fila per giorni a ritirare i risparmi di una vita ed anche alla crisi greca.

Il pericolo è che nei prossimi 12 mesi si ripeta il dramma greco e cipriota in Italia, Spagna e Portogallo ma su scala molto più grossa, poiché la fuga di capitali dall'area Euro sarebbe di almeno 4.000 miliardi di euro in pochi giorni e causerebbe il fallimento e conseguente nazionalizzazione dei sistemi bancari dei paesi summenzionati; i depositi confiscati dai vari governi per un'entità' del 50% circa del nominale, il blocco dei prelievi per un tempo illimitato, il default dei titoli di Stato dei paesi più a rischio come il nostro e il ritorno alla Lira con un cambio intorno a 5.000 lire.

Si tratterebbe della fine di un epoca iniziata nel 1957 con la costituzione della Comunità Europea, la fine di un sogno (eurodream) portato avanti da Giscard D'Estaing e da Prodi e l'inizio di un forte rilancio dell'Italia dopo un iniziale ovvio periodo di sbandamento. Il sogno dei padri fondatori dell'Europa Jean Monnet e Robert Schuman di azioni concrete economiche che influenzassero la sfera politica, si è miseramente infranto contro la realtà: con L'Euro stiamo peggio di prima.

 

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