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Berlusconi e la sua Rivoluzione Liberale? Niente da dire, è sempre stato bravo a raccontare... barzellette.

Il berlusconismo è antiliberale almeno quanto il suo predecessore più prossimo, il fascismo, di cui eredita, oltre che il sostegno delle stesso blocco sociale e culturale, quasi tutto il peggio e nulla del buono – o della sua carica ideale, se preferite – .

Del fascismo eredita, in particolare, tutta la mistica del Capo, anzi, porta questa mistica alla massima esaltazione – è assai più monolitico il berlusconismo di quanto non lo fosse il fascismo; non ci sono ras, specie ora che Fini se n’è andato, nel berlusconismo, solo vassalli – e a questa mistica, alla fedeltà cieca al capo e all’asservimento ai suoi interessi, riduce la propria dottrina.

Che cosa definisce un berlusconiano? Si fida cecamente del suo duce. Punto.

Che tale fiducia sia sincera o, come fu per il fascismo di regime, quello della fine degli anni trenta, sia solo dettata da mere ragioni di convenienza lo scopriremo presto; se la stria insegna qualcosa prepariamoci a breve a imbracare legioni di “resistenti” dell’ultima ora. Per il resto il berlusconismo non è nulla; è mera gestione del potere per il perseguimento dei privatissimi scopi del suo fondatore – e dei suoi seguaci – e nulla più. E’ politica ridotta al “mi conviene”, meglio, al “penso che mi convenga”.

E’ in questo essere riuscito a convincere un 20 per cento circa degli italiani – tali sono quelli che hanno effettivamente votato per lui – , che davvero convenga loro affidargli il potere, che Berlusconi ha compiuto il proprio miracolo di abilissimo venditore; notate bene il “convenga loro”, non al paese: delle esigenze del paese nel suo complesso il berlusconiano non si cura esattamente come non se ne cura Berlusconi.

Vi pare un’esagerazione? Basta ricordare i messaggi forti che hanno contraddistinto le ultime campagne elettorali di Silvio Berlusconi, dal “non credo che gli italiani possano essere così coglioni” al ”vi ridurremo l’ICI”: tutto si riduce ad un appello al peggiore individualismo – un individualismo tanto ottuso da credere alle sue promesse – di una parte dell’elettorato.

E’ palese che non via sia proprio nulla di liberale nel berlusconismo che è insofferente rispetto alle limitazioni che le regole della democrazia liberale impongono al potere del capo – anche l’antieuropeismo va visto in quest’ottica – e, se accetta di partecipare alle elezioni, le riduce anche a mero plebiscito sulla figura del Capo e, se per un lato non ne accetta i risultati in caso di sconfitta – vedi i commenti all’ultima vittoria di Prodi e il successivo colpo di stato portato a termine con l’acquisto di alcuni senatori– per l’altro considera la propria vittoria elettorale come una licenza a fare del paese quel che vuole stravolgendo ogni regola. Non è liberale, ma neppure è liberista il berlusconiano; il Capo ha sempre e solo operato in mercati protetti, dal mattone alle assicurazioni alla televisione, con una concorrenza limitata e in cui gli appoggi politici sono il singolo fattore più importante per il successo.

Non ha mai prodotto nulla il Capo, assolutamente nulla, tranne le palazzine dei suoi esordi e di libero mercato, come tanta parte della grande imprenditoria italiana, non vuole sentire parlare.

Le privatizzazioni dei servizi pubblici, per esempio, vanno intese non come l’affermazione di un ideale liberista, ma come un modo di procurare a se stesso e ai propri simili degli altri mercati protetti, da sfruttare in un clima di monopolio od oligopolio. Una volta devastata la scuola pubblica, dove manderanno i propri figli a studiare, gli italiani? Nella scuola privata, ovvio. Ma, in un media città di provincia, quante saranno queste scuole private? Quelle nuove intendo, che sorgeranno per prendere il posto di quella pubblica allo sbando. Poche, vero? E di proprietà di chi?

Né liberale né liberista, il berlusconiano, ma uno psedo-individualista che a parole disprezza lo stato, ma che in realtà vorrebbe i benefici garantiti da uno stato moderno, però senza pagarli; facendoli pagare ad altri.

Ha ragione chi scrive di temere il berlusconiano dentro ognuno di noi; esiste come esisteva il fascista e non sparirà con la prossima scomparsa di Silvio Berlusconi.

Resterà lì, dentro ognuno di noi e dentro il paese, questo io meschino e ottuso, pronto a credere al prossimo spacciatore di sogni; pronto a credere al prossimo Messia dell’arricchimento facile. A chiunque ci venga a raccontare che di altri, dei demoplutocratici, ebrei, comunisti, extracomunitari, rom e Dio solo sa di chi, sono le responsabilità per i nostri problemi e che la soluzione si trovi , semplicemente, affidandosi cecamente a lui ed alle sue capacità taumaturgiche.

La Rivoluzione Liberale? In linea trovate tutti i numeri delle rivista di Gobetti; andate a dargli una scorsa: troverete decine di articoli che sembrano scritti oggi.

Sostituite berlusconismo a fascismo e tutto, o quasi, resta perfettamente valido.

La rivoluzione liberale si farà, prima o poi, o il paese sparirà per qualche secolo dal novero di quelli che contano; si farà, ma prima bisognerà fare i liberali: educarsi ad esserlo. Liberali in Italia, purtroppo, temo ve ne siano meno oggi che nel 1922.

Quei pochi che esistono, se esistono, di sicuro non votano per Berlusconi.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.23) 2 ottobre 2010 19:11

    Libertà di stampa > Da oltre 2 mesi il Giornale e Libero "martellano" ossessivamente Fini. Berlusconi dice che i giornali "più vicini" gli fanno più male che bene e Feltri si dichiara pronto a togliere il disturbo. Belpietro (Libero) scampa ad un presunto attentato? Sallusti (il Giornale) non ha alcun dubbio sulla matrice di sinistra e ci spiega in tv che Di Pietro è un novello Toni Negri. A chi giova cercare la verità? L’importante è contare sul Consenso Surrogato di chi è sensibile alla fascinazione mediatica ....

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