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Avijit Roy (1972-2015)

In Bangladesh continuano le violenze contro gli attivisti laici, in un paese dove l’islamismo è sempre più soffocante. Stavolta la vittima è Avijit Roy, intellettuale noto per il contrasto all’integralismo religioso, l’impegno a favore dei diritti civili e la promozione del pensiero razionale. È stato massacrato a colpi di machete a Dhaka, la sera di giovedì; colpita anche la moglie, Rafida Ahmed Bonna. Stavano tornando dalla fiera dell’editoria presso l’università, dove Roy era andato a presentare il suo ultimo libro di divulgazione scientifica, in bengalese. Dopo qualche ora lui è morto in ospedale, mentre lei è in gravissime condizioni.

Erano anni che Roy riceveva minacce di morte da integralisti, proprio perché non temeva di esprimere le sue idee. Perché era uno scrittore, produceva cultura, cercava di dare un contributo alla crescita intellettuale del suo popolo. Aveva creato la piattaforma Mukto-Mona (“libero pensiero”) che riuniva razionalisti, scettici, atei, agnostici, laici, umanisti soprattutto di origine bengalese e del Sud Est asiatico.

Nel 2014 Rokomari.com (il principale store on line bengalese) aveva tolto dalla vendita i suoi libri, dopo che erano arrivate minacce al gestore del sito. Roy aveva denunciato le intimidazioni via Facebook da parte di Farabi Shafiur Rahman, un estremista che si ritiene legato al partito radicale islamista Jamaat-e-Islami. Questi aveva postato l’indirizzo dell’ufficio dello store, incitando i seguaci ad attaccarlo: era stato arrestato e rilasciato su cauzione, ma ha continuato indisturbato a spaventare altri progressisti, senza che la polizia se ne occupasse seriamente. Roy viveva negli Usa, ma era tornato in Bangladesh proprio per presentare la sua ultima fatica. “Abhijit Roy vive in America, perciò non è possibile ucciderlo adesso.” “Verrà assassinato quando torna”, aveva scritto on line Farabi. E così purtroppo è stato.

Le minacce sono state però minimizzate dalle autorità, che non hanno garantito adeguatamente la sua sicurezza. Un governo, quello della premier Sheikh Hasina, intimidito da centinaia di migliaia di islamisti scesi in piazza nel 2013, che hanno scatenato disordini e invocato a gran voce la morte di alcuni blogger atei, accusati di blasfemia. Un governo che ha preferito arrestare i “blasfemi” per offesa all’islam, sulla base di liste di proscrizione stilate dagli estremisti, e chiudere i siti laici.

Per una triste ironia della sorte, avevamo raccontato di come proprio Roy avesse denunciato all’Iheu – con cui intratteneva una densa corrispondenza – l’atteggiamento accomodante, se non omertoso, del governo, che aveva chiuso gli occhi di fronte alle intimidazioni, le aggressioni, gli accoltellamenti, preferendo invece scatenare la repressione contro i blogger atei per ingraziarsi “una manciata di mullah” utili per vincere le elezioni. Divulgatore autorevole in Bangladesh, Roy era noto nell’ambiente umanista internazionale. Nel 2014 la British Humanist Association lo ha insignito – insieme ai blogger di Mukto-Mona – del Free Expression Award, premiandone il coraggio.

avijit-roy-facebook

In Bangladesh quest’anno è tornata la tensione, con scontri che hanno causato decine di morti tra le opposte fazioni politiche. Ma dopo l’efferato agguato, centinaia tra studenti, intellettuali e attivisti sono scesi comunque in piazza pacificamente a Dhaka con fiaccolate e sit in per chiedere giustizia e far sentire la propria voce contro l’integralismo. Imran Sarker, esponente dell’associazione dei blogger bangladesi, ha annunciato proteste a oltranza finché non saranno presi responsabili: “la morte di Avijit ha dimostrato ancora una volta che nel Paese c’è una cultura dell’impunità”.

Su Twitter un non meglio precisato gruppo Ansar Bangla 7 ha pubblicato una rivendicazione, motivando l’uccisione dello scrittore per “crimine contro l’islam” e come vendetta per il “martirio di 2 nostri fratelli in Khurasan e Shaam”. All’alba di oggi la polizia, che finalmente ha cominciato a muoversi, ha incarcerato tre islamisti: sono stati trovati all’interno di un edificio in un possesso di una notevole quantità di esplosivo.

La morte di Avijit ha sconvolto gli umanisti di tutto il mondo. Messaggi di cordoglio e solidarietà sono stati espressi dall’International Humanist and Ethical Union, dal Center for Inquiry, dalla BHA, ai quali ci uniamo anche noi come associazione. Non bisogna dimenticare la passione e il coraggio di persone come Avijit Roy, che in paesi a maggioranza islamica si battono per i diritti e per l’emancipazione della gente, in un contesto spesso ostile.

Non dobbiamo lasciarli soli, dobbiamo ricordarci di loro e aiutarli per quanto possibile, perché rappresentano in certe zone la flebile speranza di un progresso civile e democratico. E non dobbiamo smettere di protestare, come abbiamo fatto nel 2013 manifestando davanti all’ambasciata del Bangladesh per i blogger atei. E non dobbiamo stancarci di sollecitare prese di posizione concrete da parte delle associazioni islamiche (come abbiamo fatto). Non dobbiamo smettere di denunciare questi fatti presso le istituzioni internazionali, al fine di garantire la tutela dei non credenti nel mondo: come recentemente ha fatto l’europarlamentare socialista olandese Dennis de Jong, rivolgendo un appello a Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e vice-presidente della Commissione Europea. Il delitto di Dhaka è l’ultimo di un lungo stillicidio e richiede attenzione urgente anche da parte dell’Europa e delle istituzioni internazionali, cui ci appelliamo.

Rimangono le parole e gli esempi di Roy. “Il nostro obiettivo è costruire una società non sia legata agli ordini di un’autorità arbitraria, alla superstizione confortevole, alla opprimente tradizione o alla soffocante ortodossia, ma sia piuttosto fondata sulla ragione, la compassione, l’umanità, l’uguaglianza e la scienza”, aveva detto in un’intervista del 2007. Nel prossimo numero del Free Inquiry uscirà un suo articolo intitolato “The Virus of Faith”. E la frase che campeggiava sul suo sito, dopo l’omicidio: আমরা শোকাহত কিন্তু আমরা অপরাজিত. “Piangiamo ma non siamo sconfitti”.

Valentino Salvatore

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