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Aspettando la riforma della Giustizia: "Obbligatorietà dell’azione penale" di Armando Spadaro

Assume sempre più connotati metastasiani il progetto di riforma governativo del nostro sistema giudiziario, nel senso, come per l’araba fenice, «che vi sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa»; e questo ci consente di continuare il nostro viaggio nel testo "Giustizia. La parola ai magistrati" coordinato da Livio Pepino, ex Presidente di Magistratura Democratica.

Oggi il vostro cronista vi parlerà del capitolo "Obbligatorietà dell’azione penale", scritto da Armando Spadaro, procuratore aggiunto alla Procura della Repubblica di Milano, e lo farà cominciando decontestualizzando una frase in esso contenuta, mostrandola a voi così come è: «la percezione distorta di una magistratura unica responsabile di ogni malfunzionamento della giustizia». Il motivo di questo richiamo è che, proprio nella serata di ieri, il vostro cronista era in pizzeria con alcuni amici ed uno di loro si lamentava di essere stato costretto a recarsi a sue spese a Roma per rendere testimonianza in un processo che lo vedeva protagonista quale vittima della clonazione della carta di credito. La parte lesa era, ovviamente, la banca; gli imputati erano alcuni malavitosi che avevano approfittato della sua e di altre carte di credito clonate per fare acquisti in negozi di mezzo mondo. Nessuno gli rimborserà mai il tempo ed i denari spesi per ottemperare al suo dovere di rendere testimonianza e lui ne ha dato immediatamente la colpa al giudice, che avrebbe potuto accontentarsi di una sua dichiarazione scritta. Gli ho risposto che i processi penali devono essere orali per legge, ma lui non ha voluto sentire ragioni: se le leggi sono sbagliate, il giudice non le deve applicare (sic !!!). Dunque la colpa era del giudice e solo sua.

Invece le cose stanno in maniera molto diversa: ad esempio, come fa notare il dottore Armando Spadaro nel suo saggio, l’obbligatorietà dell’azione penale rischia di essere un tabù tale da ingolfare il sistema con una moltitudine di procedimenti del tutto inutili, portandolo al collasso. A tal proposito sono almeno due le vie che egli indica per evitare questo problema:

a) Una più ampia depenalizzazione di fatti, che possono essere tranquillamente puniti con una semplice sanzione amministrativa. A questo riguardo il vostro cronista aggiunge che, a suo avviso, è aberrante il Decreto Penale (lo strumento utilizzato per condannare Dino Boffo), che da un lato ha come obiettivo quello di evitare lo svolgimento di processi penali per fatti di marginale importanza, dall’altro, per gli stessi, non ne prevede la depenalizzazione.

b) Un ampliamento dell’area dei reati punibili a querela di parte (e questo è il caso dell’amico del vostro cronista e della sua banca, la quale, di vedere condannati i clonatori di carte di credito può avere, a seconda dei casi, un interesse del tutto marginale).

In generale, l’azione penale è l’attività propria del pubblico ministero, finalizzata all’apertura di un procedimento giudiziario in tutti i casi in cui si sia verificato un reato; sulla sua obbligatorietà Armando Spadaro ha compito facile nell’evidenziarne l’assoluta necessità perché si realizzi il principio costituzionale dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. A tal proposito il contenuto del disegno di legge presentato dal governo nel febbraio 2009, che sottrae al PM l’autonomia dell’indagine e lo comprime al ruolo di “avvocato delle forze dell’ordine”, appare assolutamente inaccettabile, oltre che manifestamente incostituzionale.

Manca, però, nell’analisi del dottor Spadaro, un accenno ai diritti delle parti lese, che l’attuale normativa comprime fortemente, soprattutto se si fa un confronto con quello che avviene nei Paesi di common law. Nel nostro Paese gli investigatori privati del cinema americano non esistono per il semplice motivo che l’azione penale non può essere svolta dal privato cittadino ed è monopolio della Magistratura Inquirente. E l’attuale sistema pone la parte lesa in una oggettiva difficoltà nel far valere i propri diritti perché le indagini non le gestisce lei e perché esse devono avvenire in segretezza e non è prevista alcuna fase dibattimentale. In tanti casi il PM diventa di fatto un giudice di primissima istanza, che giudica ed assolve senza dare alle parti lese le garanzie del processo penale, quali sono pubblicità, oralità e difesa tecnica. Quando si parla di eccessivo potere dei PM, è qui che va in gran parte ricercato ed è di questi meccanismi che si dovrebbe occupare il legislatore, piuttosto che delle sciocchezze contenute dal disegno di legge del febbraio 2009. Se il centro del sistema deve essere il cittadino, lo deve essere sempre: quando è portavoce di interessi personali da imputato, quando è portavoce di interessi personali da parte lesa e quando è portavoce di interessi collettivi, necessitanti la tutela del sistema giudiziario penale.

Speriamo di conoscere al più presto le idee in merito della politica, nella riforma della Giustizia prossima ventura.

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