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Antiterrorismo, strade sicure e obiettivi sensibili. Sul decreto anti-terrorismo

Dopo i fatti di Parigi, il Governo ha preparato un maxi-decreto legge antiterrorismo che unisce le norme contro l'indottrinamento e la militanza jahidista, il rinnovo del finanziamento delle missioni internazionali, il rinnovo delle direzioni distrettuali antimafia. Inoltre, si prolunga l'impiego di 3.000 militari impegnati nell'operazione "Strade sicure" addirittura aumentandone la portata fino a 5.000 militari nelle strade.

È l'esito del Consiglio dei ministri del 20 gennaio scorso che ha consentito ad Alfano di chiedere al premier Matteo Renzi il ricorso alla decretazione d'urgenza per le norme antiterrorismo. 

Ho l'impressione che questo sia il paese delle emergenze preventive, della deterrenza appariscente e dell'incancrenirsi dei problemi. Abbiamo più di 100 Province, quasi 8100 Comuni, ci sono oltre 13mila obiettivi sensibili, qualcuno può spiegare concretamente a cosa possono essere utili appena 5mila militari? Non si copre neanche un turno di 4 ore per metà della metà degli obiettivi sensibili. Veramente c'è qualcuno che possa pensare concretamente ad una utilità contro il terrorismo internazionale votato alla guerra santa? Questi martiri si fanno esplodere, si danno fuoco, mettono sotto scacco un centro commerciale, la sede di un giornale, figuriamoci se fanno qualcosa contro obiettivi sensibili classicamente definiti come il Vaticano o Palazzo Chigi, non credo proprio (?!). Quali sono gli obiettivi sensibili, i palazzi del potere, i cosiddetti simboli, oppure la popolazione in un cinema, in un centro commerciale, al mercato o in una manifestazione? Veramente immaginiamo dei terroristi jahdisti così prevedibili e sprovveduti? Ho l'impressione che non finiranno mai di stupirci.

Se questo è un aspetto logico per cui trovo inutile un ulteriore dispiegamento di militari nelle strade, la recente storia ci dice che ne il poliziotto di quartiere, ne "vespri siciliani", "strade sicure", "terra dei fuochi", "strade pulite" hanno diminuito di un solo reato in percentuale quelli esistenti prima e dopo siffatte decretazioni d'urgenza. Si tratta di operazioni che danno l'idea delle sagome in compensato di carabinieri e vigili che troviamo lungo le strade in alcuni comuni. Quando ci passiamo per la prima volta rallentiamo di colpo con il rischio di un incidente, quando siamo di ritorno già non ci fa più paura quel simulacro di poliziotto. Piuttosto che spendere soldi per le sagome occorre ampliare l'Intelligence, la cooperazione internazionale, gli infiltrati, ciò che non si vede e lavora nel silenzio.

Allo stesso tempo, a mio avviso il vero problema è che perdiamo il concetto di soldato e poliziotto, di situazione d'emergenza e ordinaria. Il militare deve difendere la società dall'esterno, da un colpo di stato, deve usare la forza, la corte marziale, sospendere momentaneamente la democrazia, imporre il coprifuoco, al limite intervenire nelle calamità e in casi assolutamente eccezionali. il poliziotto deve occuparsi di sicurezza interna, di prevenire, prevedere, dissuadere, arrestare secondo le regole democratiche previste dalla legge. Fin quando non avremo questa idea netta delle funzioni e specificità del militare e del poliziotto ci sarà sempre confusione, ognuno degli addeti ai lavori penserà di essere intercambiabile. Mentre i cittadini vivremo in uno stato di apparente tranquillità e democrazia e con pericoli reali ben maggiori.

Novara, 22.01.2015, Ferdinando Chinè

 

Foto: swong95765/Flickr

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