• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > Amici miei, privatizzatori immaginari

Amici miei, privatizzatori immaginari

Dopo lo sfiato del peto agostano sulle privatizzazioni, dilettiamoci ancora un po' con le ipotesi su cosa cedere, quando e perché, prima di tornare alla dura realtà del pre-dissesto sovrano

La marmotta italiana ha estratto un coniglio dal cilindro: nell’eterno ritorno delle str…anezze che allietano il nostro dibattito politico, e nelle more dell’ennesimo autunno difficile quanto e più del solito, ecco il lampo: privatizziamo! Che è un fulmine a ciel sereno, in una compagine governativa sovrana che insegue un immaginario interesse d’aaa nazzzione che spesso esplicita a colpi di golden power sulla frontiera tecnologica degli elettrodomestici bianchi e ora anche assunzione di partecipazioni strategiche nella rete Tim, e pazienza che il socio di maggioranza, KKR, sia un fondo che non è famoso per essere paziente, sui tempi di exit dai suoi investimenti. Ma al domani penseremo, ora c’è qualcosa di nuovo nel sole, anzi d’antico.

PRIVATIZZIAMO, SIAMO LIBBBERALI

A dire il vero, è iniziativa solo del il segretario nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, spinnata il 23 agosto al Meeting ciellino, quest’anno più friccicarello del solito, quanto a dichiarazia:

Per la tutela del lavoro si può trovare un fondo aggiuntivo anche con un incremento della privatizzazione. Io ritengo che uno Stato liberale e moderno debba essere meno presente favorendo invece la presenza di imprese perché meno Stato e quindi meno tasse e più impresa significa poi trovare altri fondi per la crescita. Si possono privatizzazione alcuni servizi, anche i porti, non si può privatizzare l’acqua.

Ora, tralasciando il lip service benecomunista sull’acqua, ho già avuto modo di dire che non capisco come si possano usare i proventi delle cessioni pubbliche per pagare spesa corrente, tipo le taumaturgiche “decontribuzioni” e la misteriosa “tutela del lavoro”. I proventi delle cessioni patrimoniali pubbliche vanno al fondo ammortamento del debito pubblico.

A parte ciò, e l’immancabile puzza di disperazione di questi impromptu, dilettiamoci a perdere tempo con una checklist. Ad esempio: quanto tempo servirebbe? Di certo, molto più di quello che abbiamo di fronte per trovare risorse per la legge di bilancio 2024, ovviamente premesso che le cessioni patrimoniali nulla c’entrano con le spese correnti.

Poi, cosa vendere? Forse alcune ulteriori quote delle grandi aziende pubbliche, invocando il Golden Power per maggior sicurezza o magari adottando accrocchi tipo voto maggiorato, dove al Tesoro spetterebbero il doppio dei voti per ogni azione? Oppure privatizzare per non vendere nulla, ad esempio gemmando nuove scatole cinesi da Cassa Depositi e Prestiti, che a sua volta non può agire direttamente perché oltre dati limiti si rischierebbero i fulmini di Eurostat, con consolidamento dei debiti di CDP entro quelli della pubblica amministrazione?

Ma privatizzare senza liberalizzare vuol dire consegnare agli amichetti degli amichetti il potere di monopolio o la posizione dominante, come noto a (quasi) tutti. Come avere Autostrade davanti. Ma, ehi, voi sapete che a Forza Italia sono libbberali, quindi non abbiate timore di porcate. Basta invocare le virtù della leggendaria sussidiarietà, e risolto.

A quel punto, il buon Giancarlo Giorgetti, a metà tra il soldato obbediente alle esigenze di maggioranza e il cireneo che porta la croce e canta Aznavour, si inventa che forse il perimetro dell’intervento pubblico potrebbe essere ridisegnato. Nel senso che, per una quota della rete Tim che entra, potrebbe uscire “altro”. Potrebbe avere un assai teorico senso ma non servirebbe a fare cassa (il “fondo aggiuntivo” di Tajani), oltre a richiedere tempi molto lunghi.

E cosa vendere, quindi? Il giochino di società è planato su Banca MPS, che stranamente ha per ora smesso di perdere. Ma, come noto, nessun momento sarebbe quello giusto per cedere la partecipazione senese. Quando perde, è “svendita” (della logica, soprattutto), quando guadagna, non c’è fretta né motivo per vendere. E allora, di che parliamo?

PORTI, NON SPIAGGE

Certo, potremmo fare un po’ di soldini mettendo a gara le concessioni balneari ma, come sapete, lì operano le valorose sentinelle del bagnasciuga tricolore, spesso con puro spirito di Patria e senza lucro, narrano i cantastorie. Ma Tajani ci rassicura: per ora mappiamo (nei lieti calici), poi faremo attenzione ai capitali sporchi che puntano a risciacquarsi al largo. Come vedete, sono libbberali ma molto attenti al bene comune, non solo quello dell’acqua.

Potremmo cedere subito tutta ITA ai tedeschi, ricavandone l’equivalente di una pizza con gli amici, ma presto leggerete che serve la mano pubblica anche lì per evitare che l’algoritmo di Ryanair minacci continuità territoriale e unità d’Italia. Che dite? Questa frase non ha senso? Per voi, che non siete ministri di una nazione sovrana. Comunque l’ho ottenuta frullando un generatore casuale di spin patriottici.

Che altro, per fare cassa? Magari chiedere alle grandi controllate pubbliche quotate di pagare al Tesoro un dividendo straordinario, tirando più debito. Seguirebbe immediato downgrade da parte delle agenzie di rating, che finirebbe in testa alla Repubblica italiana, facendo fuggire lo spread verso il Sudamerica.

Ma…fermi! Ecco s’avanza il/la/id premier, e scolpisce:

Il tema della privatizzazione dei porti non è all’ordine del giorno e non credo sia un tema da campagna elettorale.

Definitivo? ‘Nzomma. Forse potrebbe essere un tema “da campagna elettorale” la privatizzazione di altro? Ah, saperlo. Ma tranquilli, è solo l’ennesimo peto agostano. Presto verrà rimpiazzato da audaci strategie italiche “per mettere in minoranza i tedeschi sul patto di stabilità”. Scorporare gli investimenti in spesa corrente, e scorporeremo! Me lo ha detto la Francia, la Spagna mi ha sorriso in un modo inequivocabile, i finlandesi sono amici nostri, abbiamo un cugino di Amsterdam. E alla fine possiamo sempre minacciare di farci esplodere col MES in una camera di cemento armato, non scordate.

E anche questa ennesima rimessa in scena del bolso repertorio dei nostri teatranti è terminata. L’estate sta finendo, e un peto se ne va. Non stan diventando grandi, lo sai che non gli va.

Ma aspettate, non finisce qui. Nei prossimi mesi, quando il peso del debito pubblico su Pil diverrà angosciante, a causa della palla di neve avversa e dell’arrivo alla casa degli italiani del costo dei Superbonus, le privatizzazioni torneranno, sotto forma di ingegneria finanziaria per disperati. Quel ricco filone genuinamente italianoricordate? Nel dubbio, mettete un segnalibro a questo post: vi servirà tra qualche mese.

Foto di Erich Westendarp da Pixabay

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità