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Amanda T.: dopo l’errore Anonymous annuncia il nuovo stalker

Non è ancora giunta la termine l’agghiacciante storia di Amanda T., la ragazzina che si è tolta la vita dopo essere stata perseguitata su internet da un hacker-pedofilo per 3 anni. Tutta la propria disperazione, Amanda, l’aveva raccolta in un video pubblicato su youtube, sullo schermo, il volto ripreso solo a metà e le sue mani tra cui scorrono una serie di bigliettini a cui aveva affidato la sua storia, la sua richiesta d’aiuto. 

Le immagini del video sono molto forti, caricate di ulteriori significati adesso che Amanda si è tolta la vita. Proprio questo filmato scatena la collera del gruppo di hacker che agisce sotto il nome di Anonymous. L’organizzazione aveva impiegato poco a incrociare i dati e arrivare al colpevole, segnalando in un video le generalità e la dimora del presunto stalker. Le autorità temevano ripercussioni da parte dell’opinione pubblica su K.M. un 32enne residente nella British Columbia che Anonymous aveva indicato come colpevole. Facendo nascere polemiche sul modus operandi dell’organizzazione.

Infatti la smentita arriva il giorno seguente, quando gli inquirenti appurano che il colpevole non sarebbe quello indicato. Seppur implicato in una vicenda per violenze sessuali, non sembra essere il persecutore di Amanda e in un’intervista al Sun rivela di aver conosciuto la ragazza in rete ma di non avere niente a che fare con la vicenda. Immediata la risposta di Anonymous che avrebbe iniziato una nuova caccia all’uomo riuscendo infine a trovare un nuovo colpevole di cui vengono resi pubblici nome, cognome indirizzo più altri dati personali. Secondo quanto sostengono gli hacker si tratterebbe di un 41enne di Sheboygan, nello stato americano del Wisconsin. Lo stesso gruppo aveva fatto pervenire all’emittente canadese CTV una lettera in cui precisava: "Generalmente non amiamo avere a che fare con la polizia direttamente ma in questo caso ci siamo sentiti nell'obbligo di utilizzare le nostre capacità per proteggere i minori. Questa è una storia a cui non siamo indifferenti" .

Proprio da questo potremmo partire da una riflessione sulla scottante polemica che ha letteralmente diviso l’opinione pubblica sul gesto di Anonymous. Da molti il gesto è considerato giusto, come unica soluzione per fare chiarezza sul caso di una ragazzina perseguitata, tanto da indurla al suicidio. Alcuni, invece, sostengono che ci sono organi preposti proprio per questi casi, che le operazioni vanno condotte da chi di dovere e, soprattutto, si è discusso sull’opportunità o meno di offrire il presunto colpevole in pasto alla folla prima ancora che ne sia accertata l’effettiva colpevolezza. Tralasciando il concetto di giustizia che sicuramente contiene una componente soggettiva non trascurabile, per esprimere un giudizio sull’iniziativa dobbiamo passare a quello di legalità. A questo punto possiamo affermare con certezza che il comportamento di Anonymous è sicuramente illegale pur rispondendo al concetto di giustizia di molti.

Il problema reale però resta il funzionamento delle istituzioni, quanto, cioè, le forze dell’ordine riescono realmente a soddisfare il desiderio di giustizia della società. Spesso, vuoti legislativi o esecutivi importanti possono generare nella popolazione la sensazione di subire ingiustizie, creando e giustificando fenomeni sociali come Anonymous.

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