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Alitalia nuova vergine, sulle spalle degli italiani

Con il primo Consiglio dei Ministri dopo la pausa estiva, Berlusconi ha ripreso la sua mission immaginifica. Tra miracoli territoriali come il sotterramento della monnezza a Napoli e fulminee emergenze nazionali create ad hoc, in questi giorni c’è stato spazio anche per decretini legge ad aziendam per la conseguente adozione della soluzione finale che andrà a staccare la spina all’Alitalia. Operazioni a cui fanno seguito dichiarazioni di risoluzione dei problemi del Paese. Sul Paese. Perché qualora non se ne avvertisse ancora piena consapevolezza e malgrado anche questo affaire la stia confermando, il Premier continua a farsi beffa degli italiani spacciandosi come promoter di interventi di successo, sulle spalle del bene comune. D’altronde il suo slogan di campagna elettorale, dalla metafora pugilistica, era stato : “Rialzati, Italia!”. Che con te non ho ancora finito.

E’ tempo di confronto tra il Governo e le sigle sindacali sulla questione degli esuberi dell’Alitalia morente previsti dal piano industriale della Nuova Alitalia. Il Presidente della nuova società, Roberto Colaninno, esprimeva stamane posizioni ferme e distanti dalle richieste dei sindacati. Il quadro della vicenda dovrebbe ormai essere noto ai più ma riassumiamone i punti salienti. Occorre chiarire subito la questione terminologica e soprattutto sostanziale sull’operazione che i grandi quotidiani riportano da giorni come “salvataggio” Alitalia. Chiamare le cose con il loro nome e dire le cose come stanno, senza rischiare di generare confusione, dovrebbe essere il compito di una corretta informazione. Il termine abusato e (quasi)mai virgolettato rischia di essere preso per buono da parte dell’opinione pubblica e si potrebbe finire per credere che Berlusconi abbia davvero salvato l’Alitalia o che la cordata degli imprenditori si occupi del risanamento dell’Alitalia.
 
Secondo quanto si apprende dagli organi d’informazione, il core del “piano Fenice” prevede la costituzione di una newco, una nuova società, che buona parte della stampa identifica anche come Nuova Alitalia, come costola estrapolata dalla precedente e che prenderà il nome di Compagnia Aerea Italiana. Essa otterrà attività e parte dell’apparato operativo della compagnia morente, sarà integrata da Air One e, punto più importante, sarà scevra degli oneri debitori pregressi. Per permettere la concentrazione della nuova società con Air One, il Governo si è assunto una legge delega di modifica alle norme Antitrust. Assistiamo dunque ad una divisione d’azienda, che possiamo chiamare anche smembramento o spacchettamento ma non esattamente “salvataggio”.
Veniamo alla cordata. Abbiamo detto che dalla vecchia Alitalia sarà estrapolata la parte buona, che con verginità rifatta vedrà la partecipazione di una cordata di 16 famiglie imprenditoriali. Nello spirito del Cavaliere, qualcuno le potrebbe definire di “capitani coraggiosi” ma ciò potrebbe essere credibile se questi ne assumessero onore ed oneri. Ottenere l’ingresso in capitale di una società spogliata dei debiti non è propriamente un atto di coraggio. E trattandosi di una nuova società che otterrà anche la disponibilità di mezzi operativi provenienti dalla dismissione di un’altra, non di un salvataggio, questi capitani d’impresa men che mai possono essere considerati salvatori della Patria. Si tratta semplicemente di un gruppo di investitori che, nell’obiettivo del profitto e coordinati al momento da Banca Intesa-Sanpaolo, potranno capitalizzare ex novo gli utili della nuova compagnia ed ottenere ulteriori posizioni vantaggiose collegate; per esempio, c’è chi potrebbe ottenere spazi di appalto per l’Expo milanese. In un primo periodo ci sarà un ridimensionamento del vettore, che sarà basato su 6 aeroporti e su un numero inferiore di collegamenti quasi alla stregua di una compagnia regionale; in aggiunta, l’accordo prevede a breve l’ingresso di banche straniere e di almeno una compagnia aerea straniera di livello internazionale. (Air France-Klm o Lufhansa e sembra affacciarsi l’interesse anche della British Airways) Banche e compagnia straniera diventeranno i principali azionisti per poter far assumere alla Compagnia Aerea presunta Italiana un ambito europeo e internazionale. L’accordo dei 16 imprenditori italiani prevede il vincolo per i soci a restare nel capitale della “nuova vergine Alitalia” fino al 2013 (coincide con il termine della legislatura..!?) e successiva cessione ad un vettore straniero di sicuro affidamento. Dunque, se non nella ragione sociale, la Compagnia Aerea Italiana diventerà in un futuro alquanto prossimo la nostra ex compagnia di bandiera, in mano straniera. Berlusconi disse che ne avrebbe difeso l’italianità.
 
 
L’Alitalia che conosciamo, ora identificata come bad company (come se non fosse tale da tempo) viaggia invece come dead man walking. Modificata con decreto la legge Marzano per la gestione delle crisi aziendali e dichiaratasi la vecchia compagnia in stato d’insolvenza, ha chiesto il commissariamento e l’amministrazione straordinaria, anticamera del fallimento, affidata all’ex ministro Fantozzi che ne assumerà il ruolo di commissario liquidatore. Egli potrà svendere quel che resta mediante trattativa privata (non ci sarà un’asta pubblica) e dovrà fronteggiare la rivalsa dei creditori. Il decreto varato prevede anche indennizzi ai piccoli azionisti, tramite il Fondo per le vittime delle frodi finanziarie (!) E’ dichiarato che i piccoli risparmiatori-azionisti subiranno dei danni e il Codacons ha annunciato ricorso per tutelarli.
Restano a carico della vecchia compagnia i settori non focali dell’information technology, i servizi amministrativi generici, i call center e settori delle riparazioni e della manutenzione. Circa 7.000 esuberi. Per questi, è prevista la cassa integrazione e la mobilità, per un periodo totale di 7 anni. Secondo le prime dichiarazioni del Ministro Matteoli, una parte potrebbe essere ricollocata in Poste Spa, società regno delle controversie legali con i precari. Ma uno dei pochi esponenti apprezzabili di questo Governo, il Ministro della Funzione pubblica Brunetta, ha escluso categoricamente qualsiasi forma di assorbimento nelle Poste e nella P.A. Con questo dovrebbe essere chiaro quanto possa essere insidioso il piano di ammortizzatori sociali previsto. In Campania vi è l’esempio dei non pochi lavoratori dell’Atitech, che potrebbero restare a spasso.
 
(Im)morale della favola, il debito della vecchia Alitalia che ammonta ad oltre un miliardo di euro resterà accollato allo Stato, dunque ai cittadini e contribuenti italiani. Dopo i 300 milioni di prestito ponte che l’Ue potrebbe configurare come aiuto di Stato.
 
La soluzione adottata mette ancora una volta in risalto quanto la logica di Berlusconi segua il suo principio della privatizzazione dei profitti e della socializzazione delle perdite e che quel suo finto liberismo venga a cadere miseramente sulla base del tornaconto politico ed elettorale.
Oggi appare ancor più colpevole di aver respinto con una provincialistica motivazione l’offerta avanzata da Air France alcuni mesi orsono e che risulta migliore della situazione posta in essere oggi. Responsabilità condivisa con i sindacati, che tirarono la corda provocando la rinuncia dei francesi e che oggi discutono con colpe proprie come affrontare l’esubero di ben 7.000 lavoratori, a fronte di poco più di 2.000 che erano stati messi in conto dalla prima offerta di Air France. Offerta da rimpiangere perché avrebbe portato soldi nelle casse dello Stato per l’acquisto del tutto: flotta, dipendenti e debiti compresi e con il pagamento di un prezzo, quale esso sia, per le azioni.
 
La cattiva amministrazione, frutto d’incapacità e/o di malafede, delle più grandi aziende italiane a partecipazione statale puntualmente non viene riconosciuta né sanzionata, (dice niente Trenitalia? E negli anni: Fiat-Alfa Romeo, Parmalat, Banco di Napoli..) e il suo peso ricadrà come sempre sulle spalle degli italiani. Così come la politica dannosa. O forse han detto bene al Tg3, sulle loro palle.


Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.240) 1 settembre 2008 21:39

     Bravo, Bravo.

    L’unità è superbe. Occorre continuare

    Samuel

    • Di Fab (---.---.---.81) 2 settembre 2008 16:25

      Samuel,

      vorrei potermi associare al tuo doppio “bravo” se comprendessi meglio a cosa o a chi si riferisce, anche nei riguardi del tema dell’articolo.

      Se “l’unità” è il giornale sono d’accordo sul tuo buon giudizio, anche se al momento mi sento un po’ titubante.

      Occorre continuare a scrivere e a comunicare fatti e riflessioni con spirito critico, semplicemente.

      Grazie (o devo scrivere "merci?) per il primo commento.

  • Di Memento (---.---.---.15) 2 settembre 2008 10:46

    Purtroppo l’età media alta dei cittadini italiani si riperquote sul futuro dei giovani.I vecchi che guardano la tv credono ciecamente a tutto.Siamo davanti a una zombizzazzione del popolo.Uno che dovrebbe marcire in galera decide il nostro destino...

    • Di carmilla (---.---.---.118) 2 settembre 2008 11:44

      hei, memento, i vecchi, come li chiami tu, non sono tutti rincoglioniti, e di giovani imbecilli ce ne sono di più. E’ ora di finirla con questa storia, voi giovani siete senza midollo, e l’unica cosa che sapete fare è lamentarvi di chi vi ha cresciuto. Una cosa è certa, vi hanno cresciuto male, altrimenti avreste rispetto.

  • Di Fab (---.---.---.81) 2 settembre 2008 16:30

    @ Memento e carmilla,

    non stiamo a guardare se siano peggio i giovani o gli anziani. Siamo tutti sulla stessa barca malandata.
    Sterili polemiche generazionali non aiutano le condizioni in cui vivono gli uni e gli altri.

    L’età media della popolazione italiana è elevata perché si tende a fare meno figli, è un dato statistico, a causa anche se non soprattutto della crisi economica. Vi sono anche tanti giovani che credono in ciò che viene loro propinato da chi è in posizione più forte per trasmettere messaggi. D’altro canto, vi sono giovani impegnati e dotati di una forte spina dorsale. Non generalizziamo.

    Con la vostra forza motivazionale, avreste potuto aggiungere, nei vostri commenti, contributi più proficui all’argomento. Alla prossima, in meglio.
     

  • Di MiFra (---.---.---.17) 9 settembre 2008 21:20

     Ma guarda un po’: scopriamo solo ora che Alitalia ha 5000 o 7000 esuberi. Solo ora veniamo a sapere che da decenni noi tutti cittadini paghiamo passività assurde che Alitalia produce dispensando vitalizi a pseudo dipendenti che non sono occupati in un dignitoso lavoro, essendo esuberi, o debbono fingere di fare qualcosa.
    E’ tutta colpa di Berlusconi che ha impedito di svendere la compagnia di bandiera ai francesi, ripulita però degli esuberi, che comunque i francesi non avrebbero voluto.
    Quindi se ci teniamo e paghiamo separatamente gli esuberi e rifondiamo una nuova compagnia di bandiera, questa volta col criterio della libera impresa che fallisce se perde o distribuisce dividendi e tasse se guadagna, sembra facile capire cosa cambia.
     Alitalia vecchia è l’immagine delle capacità organizzative ed economiche del sindacato che di fatto distrugge le aziende e sostiene protezionismo e improduttività sino al fallimento delle attività produttive: per farlo contento ci teniamo per 7 (sette) anni gli esuberi, garantendo loro il solito vitalizio.





    • Di Fab (---.---.---.166) 9 settembre 2008 22:38

      L’opinione di MiFra contiene alcune evidenti informazioni errate che necessitano di essere chiarite.

      La stima degli esuberi viene fatta in concomitanza ad un piano di analisi industriale che sia di risanamento e rilancio, o dismissione e cessazione etc. Considerando di tono ironico l’espressione legata alla "scoperta" degli esuberi, c’è da rispondere si; verremo a sapere solo adesso degli effettivi esuberi, sulla base del “piano Fenice” e dei tavoli di confronto con tutte le parti coinvolte. Gli esuberi, s’intende dal termine stesso, non sono congeniti all’attività aziendale ma vengono stabiliti nel momento in cui si realizza una modifica o l’introduzione di un diverso piano industriale. Casomai si poteva parlare di valutazione dell’eccedenza del personale nell’attività in essere. E che non corrisponde ad un inevitabile e consequenziale piano di esuberi e non nei termini numeri previsti, sulla base di quanto aggiungo tra poco.

      Come spiegato nell’articolo, Berlusconi ha le sue colpe, maggiori rispetto a quelle dei sindacati che avevano ad ogni modo migliori fini che quelli elettorali. Il piano francese del marzo di quest’anno prevedeva un numero inferiore di esuberi. L’Alitalia non sarebbe stata venduta ai francesi “ripulita” ma, piuttosto, i francesi si sarebbero accollati i debiti e avrebbero pagato allo Stato italiano un tot per l’acquisto delle azioni.

      Con la soluzione attuale, invece, la compagnia di bandiera è dismessa; un gruppo di imprenditori italiani ne trarrà profitto privato nel breve-medio termine e non dovrà accollarsi i debiti che resteranno allo Stato e, dunque, a noi cittadini. Da non dimenticare la modifica dell’Antitrust, a vantaggio loro e di Air One. Amara ciliegina finale, la compagnia di bandiera resterà tale in futuro solo per il nome perché ci sono tutti i presupposti e segnali e progetti per cui possa finire sotto dominus straniero, ripulita di debiti ed esuberi.

      Preme inoltre specificare, al fine di bilanciare il cattivo o superficiale modo di fare informazione di certi media, che l’Alitalia non è stata e non sarà “salvata” ma accompagnata alla dismissione tramite amministrazione straordinaria, così come si fa per legge per le grandi aziende insolventi, come anticamera del fallimento.
       

  • Di gtomei (---.---.---.27) 15 ottobre 2008 17:44

    Allora alcune considerazioni e una proposta da approfondire su Alitalia

    Giusto per ricordare: il debito pubblico nazionale è, a inizio 2008, pari a circa 1.600 miliardi di euro e, visto che la popolazione italiana è pari a 59.157.298 cittadini, si ha che il debito pro capite è di Euro 27.046,53 per ciascuno di noi. Ma veniamo ad Alitalia.

    Lo stato di fatto

    Il Governo, su motivi straordinari d’urgenza, ha condotto a trattativa privata la vendita di Alitalia, dichiarata nel frattempo insolvente dal Tribunale di Roma, alla nuova società CAI (Compagnia Aerea Italiana), società a responsabilità limitata del 2004 e, per la fattispecie, costituita su iniziativa di Intesa Sanpaolo e altri imprenditori per rilevare Alitalia senza debiti ed esuberi e acquisire le attività di Air One (con quale esposizione debitoria reale verso Banca Intesa? Senza considerare il ruolo che gli ha attribuito il governo nella fase conclusiva di selezione dei partecipanti nella nuova cordata imprenditoriale).

    Gli azionisti della Compagnia Aerea Italiana (CAI) sono attualmente 16 e lo statuto, secondo quanto dichiarato, prevede un lock-up di 5 anni modificabile solo con il consenso dei due terzi dei soci.

    Gli attuali 16 soci sono: Roberto Colaninno tramite Immsi, il gruppo Benetton tramite Atlantia, il gruppo Aponte, il gruppo Riva, il gruppo Fratini tramite Fingen, il gruppo Ligresti tramite Fonsai, Equinox, Clessidra, il gruppo Toto, il gruppo Fossati tramite Findim, Marcegaglia, Bellavista Caltagirone tramite Acqua Marcia, il gruppo Gavio tramite Argo, Davide Maccagnani tramite Macca, Tronchetti Provera e Intesa Sanpaolo.

    Il settimanale inglese The Economist ha calcolato in 125 euro procapite il debito dei contribuenti italiani per Alitalia (si veda oltre che ne pensano alcuni economisti sui debiti indotti nei prossimi sette-dieci anni).

    L’Europa indaga ma sta a guardare (poteri e oligarchie?).

    Il commissario Fantozzi sembra scavalcato dal Governo ed è in attesa di valutazioni sul reale valore di Alitalia da sottoporre all’unico acquirente CAI (che potrebbe anche non accettare visto che al momento solo i sindacati e il governo hanno dato il loro benestare, ma il contratto non è stato ancora stipulato, tanto è vero che Fantozzi - il commissario - ha proposto al mercato l’iniziativa della ricerca di partners).

    Non non vi è un dibattito parlamentare, ne vi è nel Paese un dibattito sull’argomento per individuare soluzioni alternative liberamente proposte al mercato riferito all’intera comunità nazionale in tutte le sue componenti di "sistema sociale ed economico".

    Alitalia ha debiti che veranno pagati dai contribuenti per scelta del governo (circa 2000 milioni di euro?)

    Alitalia ha già fatto pagare ai contribuenti circa tremila milioni di euro fino ad oggi e stime di economisti prevedono che le perdite Alitalia non accollate a Cai comporteranno, in base alle regole previste (TFR, lavoratori in cassa integrazione per 7 anni, creditori, azionisti, ecc.. ) circa 5 miliardi di euro nel periodo.

    CAI con 1 miliardo di finanziamenti dei soci per la costituzione del capitale sociale (al momento ha versato solo 163.000 euro nelle casse CAI) ha proposto, nella discontiunità tra Alitalia e nuova società, l’acquisto della parte buona di Alitalia per 300 milioni di euro e di portare il capitale CAI entro fine 2008 a 1 miliardo di Euro.

    Si noti che 300 milioni, o qualunque altra cifra, non ha una corrispondenza con il valore reale della parte buona Alitalia alla data, in quanto manca, a detta del commissario, una perizia in tal senso.

    Si noti anche che il Ministro Scaiola, per conto del governo, per quanto si sa dai media, ha affidato una perizia valutativa circa il reale valore di Altalia alla Banca privata Leonardo che nella sua compagine proprietaria, ha due soci CAI. La valutazione è in corso d’opera.

    La bad company che resta da questo scorporo fa parte del debito che il governo ha deciso di accollare ai cittadini italiani per evitare il fallimento di Alitalia (e per pagarne i debiti attuali e quelli in prospettiva legati, in base alle regole individuate, al periodo di gestione della transizione).

    Air One (e sarebbe di interesse sapere Airone che ruolo gioca nella partita?) ha una situazione debitoria (1.450 milioni di euro?) di cui una parte verso Banca Intesa (socio in CAI). Air One ha contrattualmente pianificato l’acquisto per rinnovo della propria flotta aere con finanziamenti a 12 anni e che apporterà in parte a CAI (assieme ai debiti verso Banca Intesa), mentre la parte non ceduta confluirà in una nuova società privata di proprietà di Toto SpA o Air One che li affitterà in leasing esclusivamente a Cai.

    CAI (i soliti noti del potere oligarchico finanziario ed imprenditoriale italiano) è oggettivamente nella necessità di ricercare uno specializzato partner industriale europeo del settore considerando la cessione di una partecipazione societaria del 15-20% per garantirsi presumibilmente competenze sul piano del progetto industriale; sul recupero di liquidità, sull’aumento della competitività europea e internazionale (eliminando l’impressione di voler condurre in porto una partita del tutto finanziaria?).

    Così, senza sborsare una lira i soliti noti si troveranno l’ennesimo affare tra le mani, super protetti dal governo, riversando sulla comunità nazionale il debito, attuale e futuro, nascondendo di fatto non l’incapacità, ma la collusione tra poteri.

    Poi Cai tra sette anni potrà anche vendere e questo la dice lunga sulle intenzioni del tutto finanziarie di massimizzare il profitto (del resto nessun piano industriale credibile è stato approntato, tanto è vero che anche la recente richiesta a Lufthansa di produrlo ha visto il rifiuto netto della compagnia tedesca per mancanza di garanzie circa la sua partecipazione in CAI).

    E così via, tralasciando di accennare alle iniziatve e senza entrare nel merito delle scelte del precedente Governo e della proposta Air France.

    Una proposta possibile

    Ora però, veniamo al dunque possibile, alle considerazioni che hanno motivato questa nota su cui chiedo la cortesia di una valutazione riflessiva.

    Diritti e doveri; economia di mercato e poteri oligarchici, nella libertà e nella democrazia del tipo che viviamo, producono effetti le cui cause a volte restano in ombra o addirittura non si considerano più nella realtà e si attribuisce alla "politica", in questo sistema sociale ed economico, la capacità di fornire un insieme di regole a protezione e a garanzia dei cittadini (per es. si veda le motivazioni sulla costituzione delle Authority e su Organi sovrani a garanzia della democrazia e della coerenza delle leggi ai principi costituzionali e del diritto (Capo dello Stato, Corte suprema…). Poi c’è la Costituzione, l’Europa e poi ci sono i diritti fondamentali e inalienabili dell’umanità con le varie carte, a partire dalla Rivoluzione francese, all’America del 1944, alle carte dell’Italia e dell’Europa.

    Allora sul tema Alitalia mi pongo alcuni quesiti da cittadino della Repubblica.

    Appare evidente che il Governo non può essere libero di accollare a me, come a voi, come a tutti i cittadini italiani il debito Alitalia (salvando anche gli ex amministratori?) se esistono alternative percorribili, altrettanto capaci di lavorare sull’urgenza e la straordinarietà dell’evento;

    Appare evidente per la storia pregressa di Alitalia e con la attuale soluzione unica CAI, come il governo stia regalando, pur di trovare una soluzione, un oggettivo importante favore-premio (finanziario economico e di potere) in mano a pochi a scapito dei cittadini della Repubblica.

    Appare evidente che la ricerca di un industria del settore europea sia indispensabile per dare qualità al meccanismo posto in essere per i motivi trattati e questo non è appannaggio di un unico soggetto, ma è nella disponibilità di chiunque approcci il problema, almeno per diritto, nello stesso modo con cui il Governo-CAI-Sindacati hanno e stanno dandovi soluzione.

    Allora la domanda:

    "Quale protezione giuridica, ma anche quale forza di concorrere al bene nazionale possono avere i cittadini, se il Governo che li rappresenta non opera secondo i criteri del "buon padre di famiglia", costituendo in forza delle sue prerogative un danno dimostrabile alla comunità nazionale?"

    Nella domanda alcune considerazioni.

    Non è dubitabile che il management sano di Alitalia, come compagnia di bandiera, ha tale professionalità "oggettiva" da essere capace di competere sul piano europeo e internazionale con Alitalia risanata e fuori da gestioni di potere.

    Non è dubitabile che l’ingresso di una industria europea del settore (Air France-KLM; Lufthansa; ecc.) comporterebbe una crescita competitiva di Alitalia in Europa e nel mondo.

    Non è dubitabile che un accorto piano industriale effettuato e gestito nell’immediato e nel medio lungo periodo da organismi professionalmente validi, fuori dalla politica dei partiti, dallo Statoo e dalle Pubbliche Amministrazioni, darebbe risultati significativi di mercato e per molteplici ordini di motivi.

    Non è dubitabile che tutti i dipendenti Alitalia, diretti e indiretti, potrebbero valutare con estremo interesse la conservazione del posto di lavoro a fronte di sacrifici corrispondenti alla partecipazione come azionisti (cooperatori?) della Alitalia salvata con l’appoggio e la medesima forza profusa dal governo per CAI.

    Non è dubitabile che il debito dei cittadini, per ripianare Alitalia bad company, è equivalente al versamento in quota di proprietà Alitalia salvata dei medesimi cittadini utilizzando la medesima quota di contributi prevista dal governo. Poi, se i 300 milioni che CAI ritiene sufficienti per l’acquisto della parte buona Altalia senza debiti, perché un credibile piano industriale ne riconosce la validità d’impresa nel tempo (profitto), è altresì indubitabile che i cittadini italiani, soggetti giuridici ed economici, potrebbero essere molto interessati a contribuire per quota parte e fino alla concorrenza dei 300 milioni CAI come titolari della vecchia Alitalia.

    Allora, il debito sarebbe ripianato girando a credito dei cittadini il prelievo fiscale come debito dello Stato e i 300 milioni sul totale della popolazione (per semplicità di calcolo e per puro esempio banalizzante) darebbe un risultato pari a circa 5.000 Euro pro capite (se poi si divessero considerare i 1000 milioni proposti da CAI si ottrrebbe comunque un debito pto capite pari a 16.912 Euro). E questo la dice lunga sulla fattibilità dell’operazione in concorrenza. Anche perché la partecipazione di una o più società industriali del settore europee (con una quota di partecipazione minoritaria e non di controllo per il presupposto della titolarità in capo ai cittadini italiani sul principio della compagnia di bandiera come bene comune nazionale che il governo riconosce ad Alitalia), apporterebbe ulteriori significative risorse finanziarie. Poi, considerando la dimensione dell’investimento in ordine alla numerosità dei potenziali azionisti (in prospettiva tutti i ciattadini italiani), si otterrebbe un risultato finanziario complessivo in grado di prospettive di investimento significative anche per il rilancio e la competitività della vecchia Alitalia. Si otterrebbe una rinnovata impresa nella sua compagine azionaria da definirsi a proprietà diffusa, una vera e propria publica company con tutti i benefici che l’economia di mercato prospetterebbe ad una società sana da economia reale che produce profitti.

    E tutto questo reingegnerizzando i fattori disponibili nel paniere delle cose disponibili, senza contare la capacità del governo di attrarre finanziamenti europei e nazionali disponibili su molteplici piani coerenti con la fattispecie.

    Se il governo, attraverso una corretta politica di trasparenza, di informazione e di comunicazione, si comportasse alla stessa stregua e impegno profusi fino ad oggi nella vicenda, valutando in una nuova prospettiva gli innumerevoli benefici indotti sul piano della concorrenza, del mercato, della politica economica e sociale, occorre chiedersi se il risultato sarebbe comunque qualitativamente migliore.

    Se poi tutto questo fosse sostenuto dal Governo in accordo con l’opposizione, ci troveremmo a praticare il nuovo come "riorganizzazione" dei fattori comunque presenti, ora come prima.

    Si tratterebbe Alitalia come un bene a utilità diffusa per l’economia del Paese sostenuto dai cittadini italiani proprietari in quota parte della rinnovata Alitalia nel tempo.

    Ma stante la situazione di fatto come trattata nella prima parte del documento, i giochi sembrano fatti ed allora la domanda conclusiva.

    "Quali forme di protezione giuridica, di pressione, di opportunità politica e di mercato, possono essere messe in campo per trovare forme incidenti sulle scelte del Governo e costringerlo per quanto possibile a riflettere e valutare l’opportunità di corrispondere ad una iniziativa del genere, almeno sul piano della sperimentazione innovativa proposta" .

    Allora, cosa fare? Perchè non aprire comunque al dibattito e sondare le opinioni? Potrebbe essere una straordinaria occasione da non perdere coinvolgendo media e comunicazione, organismi singoli e associati che si riconoscono nella moltitudine di "network sociali" che sulla "Rete" hanno straordinaria capacità d’incontro, e su tutti i piani. Alla fin fine perlomeno si aprirebbe una punto di vista nuovo con cui guardare all’economia di mercato da una proapettiva rinnovata e non solo per questo caso.

    Dietro l’angolo ci sono, e già ampiamente avvertite, le analogie tra costi sociali del modello economico finanziario globale con la recessione attuale e i costi del degrado ambientale.

    Quel che ne conseguirà è del tutto prevedibile sulla povertà, sulla pressione dei migranti prossimi, sulla fine delle fonti energetiche fossili, sul peso dell’impronta ecologica demografica su risorse finite ritenute infinite. Sulla pressione esercitata sulle "risorse" dai recenti e nuovi arrivi nell’economia di mercato da altre latitudini, dalla Russia, e da India, Cina, Corea, America del sud con il Brasile in testa.

    Se la storia ha dimostrato che l’unico modello è questo, nel paniere del mondo globalizzato occorre fare i conti con quel che contiene e non è vietato "riorganizzare" i fattori disponibili, aiutati dalla ricerca scientifica e tecnologica, fattore determinante per la civiltà dell’apprendimento e della conoscenza, nel tentativo continuo di tendere al miglioramento di forme organizzative, strutture e processi di funzionamento del sistema sociale ed eonomico rispettoso delle risorse finite della Terra.

    E questo proposto è uno dei possibili tentativi bottom up (ma occorerebbe scendere di scala) di re-engineering continuo. In bocca al lupo a tutti noi.

    Giovanni Tomei

     

    [email protected]

     

     

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