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Alberto Cavallone, un regista incompreso

Alberto Cavallone (1941 - 1997) è forse uno dei registi più incompresi e sottovalutati del cinema italiano. Marco Giusti è uno dei pochi critici che si occupa della sua opera nelle schede di Stracult. Paolo Mereghetti cita i film del periodo non hard ma raramente assegna un giudizio superiore alle due stelle, Morando Morandini ignora sistematicamente quasi ogni pellicola, Pino Farinotti idem, ma nei rari casi in cui i noti critici si occupano del suo cinema, stroncano senza pietà. Nocturno Cinema ha il merito della riscoperta, successiva agli anni Novanta, grazie all’impegno di Davide Pulici, ossessionato (in senso positivo) dall’opera di un regista colto e trasgressivo. Cine 70 non è stata da meno, perché ha contribuito a svelare il mistero di Baron Corvo e del cinema hard uscito sotto quella misteriosa firma.

Alberto Cavallone proviene dal teatro, come primo impiego è aiuto regista al Piccolo Teatro di Milano, uomo di grande cultura - i suoi film lo dimostrano - appassionato lettore di Bataille, Lautréamont, Nietsche, Fanon, Celine, cultore di Jodorowsky, Antonioni e Pasolini, surrealista convinto e autore non convenzionale.

“Essere estremo per me significa essere a-normale, cioè fuori dalla norma. La norma è sopore, staticità, accettazione passiva dell’esistente. La norma è immorale perché vuole essere morale. La norma disconosce l’etica universale. Essere normali significa non progredire e accettare soltanto ciò che protegge i meccanismi dell’esistenza. L’anormalità è desiderio di progresso, è ricerca e scoperta di nuove etiche e morali adeguate ai cambiamenti che la norma nega. Sono anormale, non estremo”, dice il regista.

Alberto Cavallone è anche autore di pubblicità, sceneggiatore, documentarista e regista televisivo. In realtà, dopo l’esperienza con il teatro, i suoi primi lavori sono documentari (La sporca guerra - 1959, Lontano dagli occhi - 1962) che restano inediti e oggi risultano scomparsi. Il suo lavoro di sceneggiatore comprende due buoni film del 1964: La lunga sfida di Nino Zanchin e Per amore… per magia di Duccio Tessari.

Il primo film di fiction da regista, invece, è Le salamandre (1968), che ottiene un buon successo commerciale per la trama lesbica, ma anche di critica per gli accenni a Jodorowsky e Fritz Fanon, per tacere dell’accusa al colonialismo e di un originale finale metacinematografico. Purtroppo i lavori successivi non rispettano le promesse del debutto. Dal nostro inviato a Copenaghen (1970) è un film poco riuscito che vorrebbe mettere alla berlina la guerra del Vietnam raccontando una storia di disertori che si rifugiano in Danimarca. Quickly (Spari e baci a colazione) (1971) è ancora peggio, film velleitario e folle, di fatto irrisolto, che vorrebbe ironizzare sul gangster movie e fare il verso al cinema di Woody Allen.

Non male, invece, Afrika (1973), la prima pellicola italiana a fare un discorso serio sull’omosessualità maschile, girata in un insolito contesto esotico inserito in una cornice noir - poliziesca. Afrika ritorna anche al tema del colonialismo affrontando il problema Etiopia, nazione da poco libera, con intelligenza e originalità, inserendo parti da mondo movie e immagini scioccanti. Zelda (1974) viene definito da Cavallone come “un’operazione di cassetta”, non è un film completamente riuscito, ma si salva l’ambientazione esotica ed è interessante l’intreccio di rapporti tra uomini e donne costruito dal regista. 

Spell (Dolce mattatoio) (1976) è il film migliore tra quelli reperibili del regista, un compiuto lavoro surrealista che risente dell’influenza di De Sade, Lautréamont, Bataille, Pasolini e chi più ne ha più ne metta. Maldoror (1976) avrebbe dovuto essere ancora più estermo, assicurano i protagonisti e chi ha avuto la fortuna di vederlo, proprio per questo - forse - non è mai uscito. Spell racconta grazie a immagini scioccanti lo sfacelo delle ideologie - fede o politica che siano - ma anche il degrado della provincia, tra vizi privati e pubbliche virtù. L’erotismo serve a Cavallone per inquietare e disturbare, per sconvolgere, mai per eccitare. 

Maldoror viene definito da Roberto Curti e Tommaso La Selva “un film chimera” (Sex and violence, Lindau 2013), anche se è stato montato e approntato per una visione pubblica nei laboratori Technicolor, come sostiene Jane Avril (Maria Pia Luzi), moglie del regista. Un film crudele e trasgressivo che forse non vedremo mai, salvo miracoli nocturniani

Blue Movie (1978) è un film strano, allucinato, costruito sul niente, ispirato alle idee di Andy Warhol con sentori di Sweet Movie di Makavejev. Attacca le ideologie, il consumismo, la mercificazione dei corpi, rinnova la denuncia contro la guerra in Vietnam, aggiunge parti da mondo movie a una storia di segregazione estrema che vede una donna prigioniera costretta a cibarsi dei suoi escrementi. Il fotografo protagonista non riesce più a distinguere realtà da fantasia ed è un vero e proprio apologo delle difficoltà vissute in prima persona dall’artista. Echi di Antonioni e del suo Blow Up, sia per il fotografo protagonista che per la lattina di Coca Cola fotografata al posto della modella. Bataille è la musa ispiratrice di Cavallone per lo stile confuso e per la dissacrazione delle regole estetiche in un film girato in otto giorni che vuole soprattutto disturbare. Una pellicola anticonsumistica e nichilista che serve al regista per esprimere il suo disprezzo nei confronti delle ideologie e per accusare la società di aver ridotto l’uomo a un oggetto. Blue Movie ebbe successo grazie ad alcune scene di sesso esplicito, per la bellezza inquietante di Dirce Funari - nonostante il ruolo ingrato - e conquistò proprio quel pubblico dedito al cinema erotico che Cavallone si sarebbe aspettato contrario alle sue idee. Il regista aveva pensato gli inserti erotici - mai hard, anche se alcuni dicono che esiste una versione più spinta - come elementi disturbanti, per niente eccitanti, sulla scia di una concezione del mondo figlia di Pasolini e del suo Salò.

Blue Movie è l’ultimo film di un certo interesse girato da Cavallone, pur nel suo estremismo assoluto, anche se motivi tipici della sua poetica tornano anche in Blow Job (1980), per sparire del tutto in un thriller inutile come La gemella erotica (1980) che il regista abbandona a metà lavorazione. Non lo finisce Luigi Cozzi, però, come molti erroneamente scrivono e a tal proposito il regista di Busto Arsizio - ma romano di adozione - ci ha rilasciato una lunga dichiarazione. 

Il padrone del mondo (1982) è l’ultimo film ordinario di Cavallone, girato dopo aver scritto la sceneggiatura de La guerra del ferro (Ironmaster) (1982) di Umberto Lenzi, ispirato a La guerra del fuoco di Annaud. Il padrone del mondo - firmato Dirk Morrow - non viene neppure distribuito a causa del fallimento del distributore, ma è un film di ambientazione preistorica intriso della poetica cavalloniana. Gli ultimi lavori sono tre film porno, due firmati Baron Corvo, attribuiti al regista solo dopo la morte: E il terzo gode (1981) (firmato Felipesten - inedito in Italia - come Schreie der Lust distribuito in vhs in Germania), Il nano erotico (1982) e Pat, una donna particolare (1982). Film sgradevoli, almeno i due italiani che abbiamo visto, insoliti e disturbanti per la presenza di un nano dedito a follie sadiche e perverse con le protagoniste femminili (Sabrina Mastrolorenzi è la pornostar preferita). Cavallone gira altri hard tra il 1984 e il 1985 ma non è possibile individuarli.

A questo punto, per avere un’idea ben definita di un autore tutto sommato interessante e insolito nel panorama italiano, non ci resta che attendere il miracolo della riscoperta di Maldoror. Se Davide Pulici lo ritrovasse sarebbe davvero un evento. Facciamo tutti il tifo per lui.

 

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