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Abused Goddesses. La campagna indiana contro la violenza domestica

Tra le divinità induiste Durga è una delle più potenti. Cavalcando una tigre e con dieci braccia armate sconfisse il demone Mahishasura. Tutti gli altri guerrieri soccombettero alla potenza del demone, lei no. Durga, il cui nome in sanscrito significa "forza", uccise il demone e fu interprete di altre, sempre vincenti, battaglie.

L’invincibile guerriera è, insieme ad altre divinità induiste, la protagonista di una campagna indiana contro la violenza domestica.

La campagna si intitola Abused Goddesses ed è promossa da Save Our Sisters, una iniziativa di Save the Children India, che si occupa di violenza contro le donne e di contrasto alla tratta sessuale di donne e bambin*.

Sono stati ricreati minuziosamente abbigliamento e ambientazione di antichi quadri raffiguranti le più popolari divinità femminili induiste e aggiunti, con un tocco di make-up, ferite, occhi neri e lacrima.

Ogni immagine è accompagnata dal numero di telefono per segnalare gli abusi e da questo messaggio:

“Pray that we never see this day. Today, more than 68% of women in India are victims of domestic violence. Tomorrow, it seems like no woman shall be spared. Not even the ones we pray to.”

L’intento della campagna è quello di catturare la contraddizione, presente nel paese, tra la grande riverenza riservata alle divinità femminili, l’importanza che le donne rivestono nella religione e nella mitologia e il modo in cui le donne vengono effettivamente trattate quotidianamente.

Abused Goddesses risente di quei clichè che più volte abbiamo denunciato parlando di campagne sociali contro la violenza di genere.


L’estetizzazione delle ferite realizzate su visi di donne giovani e belle, la vittimizzazione di chi subisce violenza, il rivolgersi esclusivamente a chi quella violenza la “riceve” e mai a chi la esercita. A ciò si aggiunge il riferimento alla religione induista che rende necessaria l’operazione di calare nello specifico contesto culturale questa campagna.

Sicuramante il riferimento all’iconografia religiosa è di grande impatto visivo, ma è controversa l’idea di utilizzarla per lanciare un messaggio contro la violenza quando è spesso la stessa religione a tener in piedi tradizioni e usanze patriarcali. È altrettanto problematico far riferimento ad una religione, quella induista, in un paese in cui le religioni sono tante. Come fa a parlare questa campagna a chi non è induista?

Il fatto positivo invece è che la campagna parli esplicitamente di violenza domestica.

L’India è stata per mesi oggetto di attenzione mediatica a causa degli stupri e delle violenze di gruppo. Quello di far passare gli stupri in India come un’emergenza recente, piuttosto che come conseguenza di una cultura profondamente patriarcale, è stato un progetto politico ben preciso, un progetto che aveva lo scopo di intervenire in maniera repressiva. Aumento di pene, ergastolo e pena di morte, ma non una parola sugli stupri e sulle violenze all’interno del matrimonio.

Le femministe locali si sono fermamente opposte a questi provvedimenti ipocriti, chiedendo che anche lo stupro da parte del marito venisse riconosciuto come tale. Ma così non è stato. Il clamore mediatico si è fermato alle piazze, non è entrato nelle case, tra le mura domestiche, dove, come denuncia un rapporto di Amnesty International, si stima che il 45% delle donne indiane sposate subisca violenza fisica e psichica da parte del marito.

Sotto silenzio anche gli aborti selettivi, l’India è uno degli unici paesi al mondo in cui la popolazione femminile è minore rispetto a quella maschile, le discriminazioni che le donne indiane subiscono quotidianamente, l’idea che la donna sia proprietà del marito e che sia suo compito provvedere, anche economicamente, a casa e famiglia, con una stipendio però che a parità di mansione è un terzo di quello maschile.

Il fatto quindi che la campagna “Abused Goddesses” parli esplicitamente di violenza domestica è sicuramente un fattore positivo, ma personalmente difficilmente riesco ad apprezzare quella lacrima sul viso di una divinità simbolo della forza e del coraggio.


Durga rimane invincibile anche se piange? Probabilmente sì, ma estetizzata la violenza rischia la banalizzazione, vittimizzate le donne rischiano di suscitare interesse solo come soggetti deboli da tutelare e da proteggere, spesso con provvedimenti repressivi che le donne non chiedono e non vogliono.


Eppure l’India avrebbe un immaginario di donne forti e combattive da cui attingere, non mitologiche, ma reali.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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