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A Roma, il 20 febbraio, contro il decreto Romani

"Mr President, help the Internet in Italy" è lo slogan dell’evento mediatico organizzato dai blogger Claudio Messora ed Enzo Di Frenna e che avrà luogo a Roma, sabato 20 febbraio, di fronte all’Ambasciata americana, per protestare contro la censura di internet prevista dal Decreto Romani che, a breve, diventerà legge.

A Roma, il 20 febbraio, contro il decreto Romani

Nella "società dello spettacolo" in cui viviamo bisogna saper escogitare sempre nuove forme di protesta e di resistenza (www.byoblu.com/Lang/it-IT/page/MrPresident-help-internet-in-Italy!.aspx) per difendere, con una speranza di successo, i propri diritti dall’attacco di chi vorrebbe conculcarli.
 
Questo vale in tutti i Paesi ma soprattutto sotto quei regimi che, seppur strutturati in modo verticistico e mafioso, riescono, con un capillare lavaggio del cervello, a spacciarsi per "democrazie".
 
L’Italia, sotto questo aspetto, è diventata molto diversa dalle altre democrazie occidentali.
 
Le elezioni sono ormai una farsa in cui i candidati sono decisi dalle segreterie partitiche e le masse catodicamente etrodirette sono periodicamente chiamate a "scegliere" uno dei due "corni" del vigente monopartitismo competitivo, in cui i due partiti egemoni sono praticamente indistinguibili.
 
La corruzione è endemica, superiore a quella di Paesi in via di sviluppo come, per esempio, il Botswana (fonte ONU).
 
Lo sfascio del patto sociale è sempre più evidente, in un Paese dove egoismo, indifferenza, ipocrisia e servilismo fanno parte dell’identità nazionale. La regressione materiale, morale, culturale di un Paese di sudditi, non di cittadini, sempre più fascista, razzista, vecchio, clientelare, incolto, dove essere onesti, solidali o semplicemente civili, richiede un coraggio quasi eroico e lascia la sensazione di essere degli stupidi in mezzo ai furbi che arrivano sempre primi.
 
In questo brodo fangoso, che è diventata la società italiana, prospera il regime berlusconiano attuale, la summa dell’Italia peggiore. In alto una casta politico-affaristico-mafiosa imbevuta di razzismo, tradizione fascista e disprezzo per regole e istituzioni, nella cui visione lo stato è una Spa in cui lucrare. Quelli che quando, per esempio, arriva un terremoto ridono e speculano sui morti e sul dolore. E se ne sbattono di tutto avendo a cuore solo l’arricchimento personale.
 
In basso, l’ignoranza (sia detto absit injuria verbis) di quella larga parte di popolazione tenuta in rimbecillimento catatonico da diversi lustri di propaganda televisiva dell’egoarca, unita a indifferenza, egoismo, mancanza di senso civico, in cui lo stato è un rompiscatole da eludere o da raggirare. Quelli che gli frega solo di calcio e di gratta e vinci. E se ne sbattono di tutto.
 
Gli italiani sono come degli stranieri nel loro stesso Paese.
 
Ci sono ragioni storiche e culturali che, com’è noto, spiegano ciò ed evidenziano la differenza con le democrazie del resto dell’Occidente. Ma per tratteggiare, seppur sommariamente, il regime attuale non si può prescindere dall’analisi dei media.
 
In Italia oltre il 90% delle tv generaliste e circa la metà dell’intero mercato pubblicitario nazionale sono controllati dall’egoarca, che è anche l’uomo più ricco del paese, con interessi nei settori più diversi, ed è anche il capo del governo. Tale abnorme concentrazione di potere, sconosciuta nel resto dell’occidente e del mondo, che Montesquieu indicava col termine di "tirannia", si autorappresenta oggi, in tv, come una "democrazia".
 
In Italia, (dati Istat 2009), l’accesso alla banda larga Internet è pari solo al 39% contro una media UE del 56%, e come accesso alla rete il Belpaese è quartultimo (21°) in Europa. Epperò la Tv ha una penetrazione nazionale del 96%. Ciò spiega forse come il regime risca a fabbricarsi un consenso che, vista la fallimentare "opera" di governo, non potrebbe, in una democrazia vera, neppure sognarsi.
 
Inutile sottolineare il carattere menzognero di tale oleografia televisiva di regime, ma la domanda è: com’è possibile che una parte della popolazione, sufficiente a legittimare elettoralmente il tiranno e i suoi famiglia, possa chiudere gli occhi e accettare un sistema corrotto e colluso con la mafia, in cui il suo leader è sempre al centro di processi, scandali e indagini per gravissimi reati e che sta conducendo l’Italia al disastro?
 
Semplice: col lavaggio del cervello dei mainstream. Col potere sulle menti. Col controllo dell’informazione. Quello che secoli or sono veniva chiamato il "potere delle chiavi" e che permise al papato di vincere sull’imperatore. Oggi il "potere delle chiavi" si chiama "PR", ma sostanzialmente non è cambiato nulla.
 
Per questo in molti Paesi illiberali, come l’Italia, per lavorare nei mainstream serve il permesso di stato, i mainstream stessi sono prezzolati con aiuti di stato, i loro editori sono plutocrati che sguazzano nel sistema e i pochi giornalisti che non vogliano tradire la loro professione o si autocensurano o cambiano lavoro o fanno le mosche bianche (e alcuni sotto scorta). Potremmo chiamarlo: lavaggio del cervello indiretto.
 
Poi c’è il lavaggio del cervello diretto. Quello effettuato in modo capillare e sistematico dal complesso delle Tv generaliste e delle radio di stato, tutte direttamente o indirettamente controllate dal tycoon di governo, a cui si aggiungono diversi magazine e quotidiani vari.
 
Persino una free press (E-Polis), che dichiara circa mezzo milione di copie di tiratura per una ventina di edizioni locali, è caduto sotto il controllo (seppur indiretto) dell’egoarca, visto che il suo editore (Rigotti) è amico di Dell’Utri e il Cda è composto da uomini Fininvest o Publitalia.
 
Potremmo chiamarlo il "lavaggio dei cervelli in libertà" ed è con questo sistema che vengono eletti, in sedicenti "libere elezioni", i Berlusconi, i Putin, gli Hu Jin Tao, così come ieri venivano eletti, sempre in libere elezioni, gli Hitler e così come l’altro ieri, alla domanda di Pilato "volete voi libero Gesù o Barabba?" veniva ("democraticamente") mandato a morte chi sappiamo...
 
Evidentemente la democrazia, per essere qualcosa di più che il suo simulacro, NON è solo elezioni, bensì anche consapevolezza, istruzione, informazione. Le elezioni non significano proprio niente e non hanno nulla a che vedere con la democrazia sostanziale.
 
Se per democrazia intendiamo un sistema che favorisca i molti invece dei pochi, che garantisca i diritti fondamentali e la giustizia sociale (ben diversa dalla legalità che pretenderebbe di imporre una cricca di plutocrati al potere), dovremmo riconoscere che l’informazione e la comunicazione sono, nella società attuale il diritto dei diritti, la precondizione che rende possibile il famoso "conoscere per deliberare" ( L. Einaudi).
 
Nella nostra epoca postindustriale la tecnologia è fondamentale per il cambiamento sociale in senso democratico. Per questo i regimi odiano internet. (map.opennet.net/filtering-soc.html)
 
Per questo, mentre in Italia il regime censura e ostacola la rete in Peasi civili come la Francia la Corte Costituzionale dichiara l’accesso ad Internet un diritto fondamentale (gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/11/20/uno-school-bus-per-la-rete/ ) e quindi l’infame legge HADOPI potrà disconnettere il netizen che violi il diritto d’autore solo dopo un regolare processo in tribunale e non con un semplice atto amministrativo.
 
In Paesi come l’Estonia o la Finlandia vi sono addirittura leggi che postulano Internet come diritto del cittadino e definiscono persino la banda minima che lo stato deve garantire a tutti i cittadini in qualsiasi parte del Paese. In Italia l’unica "tecnologia" finanziata dal regime sono stati i "decoder" per le tv. Quelle dell’egoarca!
 
Eppure non è la comunicazione verticale e passiva della Tv che potrà far crescere questo Paese, bensì la comunicazione orizzontale, democratica, partecipativa, critica del web.
 
Quello che è stato definito l’"informazionalismo" (M. Castells) è "il paradigma tecnologico che sta rimpiazzando l’industrialismo e che sta originando la "network society" e l’accrescimento della capacità umana di elaborare le informazioni".
 
Con le tecnologie di Internet è forse alle porte una rivoluzione epocale. Una rivoluzione che investirà ogni settore e che sembra incontenibile.
 
Le informazioni, il sapere, che storicamente sono sempre stati monopolio della classe dirigente, oggi divengono sempre più patrimonio dell’umanità tutta. Più di un miliardo di persone sono ad oggi connesse al web e la cifra è destinata ad aumentare, specie nei Paesi emergenti.
 
Internet (sebbene il suo predecessore "Arpanet" sia stato avviato dal Dipartimento della Difesa USA), si sviluppa negli anni 60 del secolo scorso, nel Network Working Group, un gruppo di hacker del Mit (Massacchusset Inst. of Technology) e dell’Ucla (Università di California) secondo i principi organizzativi dell’etica scientifica ovvero la condivisione dei risultati e lo scambio costante di informazioni.
 
Si può ben dire che Internet è stata costruita in maniera genuinamente spontanea.
 
Lo stesso personal computer venne inventato dal 25enne Steve Wozniak, nel 1976, che, coerentemente con l’etica hacker, lo rese subito disponibile a tutti, proprio mentre le grandi aziende non ci scommettevano un soldo e non credevano che i pc potessero avere un mercato...
 
Sembra incredibile, eppure è accaduto.
 
Quindi se oggi possiamo sfuggire alla propaganda dei governi, se possiamo tenerci in contatto, se possiamo organizzarci, se possiamo informarci in tempi e modi sconosciuti a qualsiasi altra epoca storica, lo dobbiamo alla rivoluzione tecnologica, a Internet e a chi ha creduto (e crede) all’utopia della possibilità di un sapere libero, condiviso e, se possibile, gratuito. La filosofia del free software e della net neutrality.
 
Per gli stessi identici motivi, parola per parola, virgola per virgola, la casta al potere oggi in italia odia Internet. La odia con tutte le sue forze. Odia soprattutto il suo potenziale informativo, aggregativo e sociale. Il loro unico scopo è fare soldi, grassare lo stato (che per la casta è una Spa), speculare su qualsivoglia cosa che possa ulteriormente arricchirli. E, soprattutto, evitare che la gente sappia.
 
Si può dire che, da quando esiste Internet, anzi, sin dalle BBS, lo stato italiano abbia sempre visto nella rete il nemico pubblico numero uno.
 
 - Dall’Italian crackdown del 1994 (coi suoi 173 decreti di perquisizione, più di centomila floppy e 160 computer sequestrati, e il calvario giudiziario di un innocente, Giovanni Pugliese) sino al sequestro preventivo di The Pirate Bay dell’agosto 2008 (il più grosso sequestro della storia di Internet in un Paese "democratico"), si può dire che ogni atto di governo, ogni legge, ogni proposta di legge del Parlamento italiano, siano sempre andati nella direzione opposta allo sviluppo della rete.
 
- Nel 2001 la legge n 155/01 (Nuova legge sull’editoria), ipotizzava la registrazione di ogni blog italiano. Nella formulazione originaria poi ritirata a furor di popolo, si definiva "Prodotto Editoriale" (soggetto alla disciplina della stampa, direttore, registrazione ecc) qualsiasi sito internet.
 
Come in Cina.
 
- Seguirà poi nel 2004 il decreto Urbani contro il peer2peer.
 
- Nel 2005 il decreto (antiterrorismo) Pisanu (poi Legge n 155/05) rappresenterà col suo data retention e i suoi obblighi di identificazione (sconosciuti nel resto del pianeta), uno dei più formidabili ostacoli alla diffusione dell’accesso (specie via Wi Fi) nella Penisola.
 
Sia detto per inciso: tale vergognosa legge ANTITERRORISMO(...!) è stata poi sempre prorogata. Anche quest’anno. Nel silenzio dei mainstream.
 
E mentre, in Paesi civili, come l’Estonia, la Germania, la Finlandia, la Francia, l’accesso al web viene riconosciuto da parlamenti e tribunali come un "diritto fondamentale", in Italia il regime regolamenta un "diritto fondamentale" come Internet con la legislazione d’emergenza antiterrorismo.
 
Ma al peggio non c’è limite e nel Paese dove la popolazione è la più vecchia del pianeta e dove al Parlamento la percentuale di delinquenti è più alta che a Scampia, quello stesso Parlamento vara l’ennesima legge per tentare di rimettere le mani sulla libera circolazione dell’informazione.
 
- Siamo nel 2007 e il ministro Gentiloni (governo Prodi, centrosinistra) vara il decreto omonimo, la censura massiva in stile cinese (punto-informatico.it/2219018/PI/Interviste/italia-cosi-si-deve-censurare-traffico.aspx ), il controllo panottico, si scala industriale della rete.
 
Col nobile pretesto della lotta al "pedoporno" on-line la Legge n 38/2006 istituisce per la prima volta in un Paese occidentale l’odiosa pratica del web hijacking, l’istituzione di liste nere (segrete) e l’obbligo per gli ISP di monitorare e FILTRARE il traffico dei propri utenti nonché di bloccare (entro 6 ore) il traffico nei siti pribiti dal governo: si chiama anche CENSURA PREVENTIVA. pratica in uso a tutt’oggi. L’Italia, ad oggi, è l’unico Paese industrializzato, oltre alla Cina, a sottoporre Internet a censura preventiva. Nemmeno il Patriot Act Usa (oggi decaduto) prevedeva tali restrizioni al web.
 
Senza dimenticare che, era il gennaio del 2007, il governo pensò bene di usare il nuovo "sistema" censorio anche per inibire l’accesso ai siti di scommesse on-line all’estero, (Legge Finanziaria) ridicolizzando l’Italia con una censura tanto inutile (perché facilmente aggirabile modificando i DNS o con TOR) quanto grottesca. La Gran Bretagna ci denunciò in sede europea per ostacolo alla libera concorrenza. E ovviamente vinse.
 
- Nel settembre 2007 Frattini, all’epoca commissario europeo, propose di censurare preventivamente i motori di ricerca, per parole chiave su una black list (magari compilata da lui medesimo), per, cito testualmente, "evitare che i motori di ricerca possano individuare alcune parole che potrebbero costituire una minaccia per l’umanità".
 
Inutile dire che l’esponente italoforzuto riuscì a ridicolizzare un Paese già di per sé piuttosto ridicolo, un’impresa riuscita a pochi, ma svelò il vero volto di un regime crudele e corrotto dietro la maschera della pubblicita’ televisiva
 
- Arriviamo al febbraio 2009. Presentati in contemporanea due progetti di legge. (www.alcei.it/index.php/archives/155) Uno, il DDL n 2188, (Barbareschi), postula, tra l’altro, (nell’ambito del copyright) la RESPONSABILITA’ CIVILE E PENALE nei confronti degli ISP, per qualsivoglia contenuto transiti per le loro piattaforme, con buona pace della "net neutrality". Inoltre poteri speciali a governo e polizia per la repressione delle "attivita’ illecite" in Internet e l’attribuzione di specifiche funzioni alla SIAE (tanto per far capire quali interessi hanno la precedenza su net neutrality e circolazione del sapere...).
 
L’altro DDL n 2195 (Carlucci), prevede l’abolizione dell’anonimato in rete, nonché la costituzione di un orwelliano "Comitato per la regolamentazione della rete". Non si trovano le parole per commentare tale proposta delirante dove non si capisce se sia maggiore l’ignoranza in materia o il desiderio censorio.
 
Questi due attentati a Internet giacciono in Parlamento, pronti alla bisogna di un regime che non sa come fare per mettere il bavaglio a Internet (e non potrebbe saperlo perché Internet è incensurabile, ma una casta di settantenni che non sa nemmeno mandare un e-mail come volete che lo sappia?... che pena).
 
 - Sempre nel 2009 nell’ambito della Legge sulle Intercettazioni (DDL 1415), l’esecutivo impone a tutti i siti italiani l’obbligo di rettifica, parificando surrettiziamente Internet alla stampa e sottoponendo la rete alla Legge sulla stampa n 47/48. Una legge quindi del 1948!
 
Nell’ambito di tale legge, perfettamente in vigore oggi, ogni sito, ogni blog ha l’obbligo di rettificare, su richiesta dell’interessato, ENTRO 48 ore, con sanzione sino a 12500 euro. Tra l’altro il blog Byoblu di Claudio Messora venne subito colpito dagli obblighi di tale legge nel luglio dello stesso anno.
 
Ma gioverà ricordare che nel 2004 il blog di Carlo Ruta venne sequestrato e il blogger denunciato, processato e poi (incredibilmente) CONDANNATO (8 mesi di carcere) per STAMPA CLANDESTINA. Anche in quel caso il giudice aveva preteso di considerare un blog alla stregua di una testata giornalistica, con tutti gli obblighi che pesano sulla stampa cartacea (registrazioni, autorizzazioni, direttore...). In realtà si voleva colpire l’impegno antimafia dello storico e scrittore Carlo Ruta, ma il pretesto venne offerto dalla definizione di "PRODOTTO EDITORIALE" della legge sull’editoria del 2001.
 
E arriviamo al "Decreto di Natale" ovvero al Decreto Romani (lo stesso Romani che ha tolto gli 800 milioni che avrebbe dovuto usare, stando alle dichiarazioni ufficiali, per sviluppare la banda larga in Italia). Nel Decreto Romani, uno dei più liberticidi mai apparsi in Italia e in queste settimane al vaglio del Parlamento, si riparla, che coincidenza, di DEFINIZIONE DI MEDIA AUDIOVISIVO e di "soggetti che rientrano in tale definizione" e che potranno quindi essere "attenzionati" dal potere. L’unica preoccupazione di tale decreto è la salvaguardia estrema del "diritto d’autore" e il totale disprezzo del principio della "net neutrality". Con gli attrezzi di questa futura legge YouTube o un videoblog qualunque potrebbero essere denunciati e fatti chiudere, legge alla mano.
 
Dopo le proteste suscitate da tale disegno legislativo sembra che gli ISP non siano più considerati responsabili dei contenuti, tuttavia sarà l’AGCOM (organo di stretta osservanza e nomina governative) a "controllare" sui contenuti in transito sul web.
 
Contro questo ennesimo tentativo del potere di controllare e "normalizzare" la rete bisogna attivarsi, protestare, far sentire forte a questo regime la voce di chi ha a cuore la libertà di espressione.
 
Perché anche se, con un minimo di conoscenze tecniche é facilmente possibile (www.lastknight.com/2007/03/03/eludere-i-controlli-di-polizia-il-video-completo/ ) bypassare ogni tentativo di censura governativa (non ci riescono nemmeno in Cina o in Iran a bloccare il web), non è assolutamente accettabile che si debba usare qualcosa di più del nostro brwser per navigare dove vogliamo.
 
Perché se passa il concetto che è giusto che il governo possa controllare e censurare qualcosa (foss’anche il pedo-porno-terrosatanismo) allora poi, prima o poi, lo faranno con tutto.
 
La rete è e deve restare libera, specie dalle mire di questo regime corrotto, post-fascista, razzista, piduista, mafioso, che ha pochi eguali al mondo e che ci fa vergognare, vergognare, VERGOGNARE di vivere in questo Paese (www.amnesty.it/Rapporto-Annuale-2009/diritti-umani-in-Italia.html). DI MERDA (direbbe Luttazzi).
 
Voi capite perché bisognerà cercare di essere a Roma a manifestare, sabato 20 settembre. Si danzerà a piedi nudi al rullo dei tamburi, di fronte all’Ambasciata americana, sperando di riuscire a richiamare l’attenzione dei media stranieri sul baratro in cui sta precipitando l’Italia.
 
Se non avremo alzato la voce, se non avremo provato ad agire, poi non lamentiamoci del nostro stato. La colpa sarà stata anche nostra. Anche il NON agire è un’azione e, di questi tempi, non possiamo permettercela.

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