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 Home page > Tribuna Libera > A Marsiglia, l’Italia siamo anche noi!

A Marsiglia, l’Italia siamo anche noi!

La stampa marsigliese non è rimasta delusa, né probabilmente gli ispettori mandati dal governo italiano per controllare il buon funzionamento del Consolato: con il sostegno della Comunità Italiana all’estero, la crisi dell’Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia ha assunto, dal 17 gennaio scorso, una nuova dimensione.

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In primavera si conoscerà il verdetto del Tribunale del Lavoro concernente l’équipe insegnante senza impiego e senza stipendio da settembre 2016, cioè dopo la rottura dell’accordo quadro che legava il loro datore di lavoro ufficiale- l’Associazione Amerigo Vespucci - all’ICI di Marsiglia, il suo unico e solo cliente. Si conoscerà, forse, anche il risultato del rapporto dei due ispettori mandati dalla Farnesina, sul funzionamento dell’Istituto e del Consolato che ne esercita la tutela.

Ma comunque vadano le cose, la gioiosa solidarietà dei circa 150 manifestanti riuniti in un glaciale 17 gennaio sotto le finestre del Console Fabrizio Mazza per cantare una Bella Ciao rivisitata, non lascia nessun dubbio sulla volontà di dare ancora più risonanza al loro movimento.

Il fatto poi che la loro azione in favore dell’insegnamento e della cultura italiana si sia unita a quella dei Comites per questo sit-in inedito, li incoraggia ancora di più. Il suo presidente, Gerardo Iandolo, denuncia infatti l’autoritarismo del Console e la grave situazione in cui si trova il personale consolare e dell’Istituto da quando quest’ultimo è arrivato (2014). Fa lo stesso Robert Boero, il presidente dell’Associazione Regionale dei Piemontesi di Marsiglia, ospitati da anni nei locali del Consolato e che «Il Console vuole mettere alla porta». Stessa storia per la SIBA (Società Italiana di Beneficenza e d’Assistenza), « una società creata a Marsiglia nel 1864 per gli italiani bisognosi » ricorda la presidente Maria-Domenica Picardo, ma che nonostante ciò è oggetto di una procedura di sfratto prevista il 30 gennaio prossimo.

Tutti hanno ricevuto il sostegno del deputato degli Italiani all’Estero, Gianni Farina (PD), autore di una proposta di legge per la riorganizzazione degli Istituti Culturali Italiani all’estero, venuto apposta dalla Svizzera per condannare «i metodi brutali che tradiscono l’immagine dell’Italia».

Un punto di vista in totale opposizione con quello espresso, due mesi prima, da Vincenzo De Luca, a nome del Ministero degli Affari Esteri, in risposta alla studentessa Marie-Thérèse Boyer, nel quale ricordava che il Console agiva in conformità alla legge italiana, «nell’interesse dello Stato italiano» prima di invitare gentilmente gli studenti di Marsiglia a... stare al proprio posto.

Ma non è esattamente quello che stanno facendo?

Chi infatti avrebbe potuto immaginare che la rivolta autunnale degli studenti di Sebastiana Frau, Silvia Maiorani, Alessandra Sette e Anna Tartari, che in virtù della qualità dei loro corsi hanno permesso un progressivo aumento delle iscrizioni, sarebbe stata ancora così viva e determinata una volta passate le feste di fine anno?

Chi avrebbe mai creduto che la dimissione spettacolare di questi amanti del Bel Paese avrebbe superato l’emozione dei primi giorni– i due terzi dei 350 studenti hanno rifiutato di rinnovare la loro adesione all’IIC – per durare nel tempo e sottolineare la fragorosa contraddizione tra le ambizioni esposte in questi ultimi mesi a favore dello sviluppo dell’insegnamento della lingua di Dante e della cultura italiana – Gli stati generali della lingua italiana nel mondo ad ottobre a Firenze e La Conferenza dei direttori degli Istituti Italiani di Cultura nel mondo, a dicembre a Roma – e la realtà del precariato al quale l’Italia condanna i suoi insegnanti a Marsiglia come a Parigi, a Bruxelles o Città del Messico?

Al di là del Console Fabrizio Mazza e dei suoi riflessi mussoliniani, il conflitto di Marsiglia solleva il problema del rapporto fra governo italiano e comunità italiane all’estero nella loro diversità. Diversità che non si limita – ed è una fortuna per l’Italia - ai soli connazionali.

Quando si è convinti del ruolo capitale della diffusione della lingua e della cultura italiane per l’economia e per l’importanza dell’immagine dell’Italia nel mondo, non è coerente poi trattare con disprezzo i concittadini marsigliesi di Jean Giono, di Ivo Levi e di Jean-Claude Izzo. Questi francesi che, per la maggior parte hanno le loro radici in Italia, sono i migliori vettori di quel patrimonio immateriale, sia in seno alle loro famiglie che nell’ambito professionale.

E’ uno spreco umano, culturale ma anche economico che va contro una delle comunità italiane più importanti della Francia, come ben riassume la frase «L’Italia siamo anche noi».

Georges Rey

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