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3 gennaio 1982. L’attentato al carcere di Rovigo e le istituzioni trafitte

In una stagione tragica come quella degli anni di piombo, quanto può contare un attentato come quello al carcere di Rovigo del 3 gennaio 1982? Si potrebbe dire nulla, lo si potrebbe considerare una piccola puntura di spillo nel contesto di una guerra aperta che contrapponeva i gruppi del terrore allo stato e ai suoi apparati. In realtà, se una puntura di spillo giunge proprio al cuore delle istituzioni, quella puntura diventa una trafittura profonda.

Quell’azione dei Colp, quell’autobomba che fece saltare il muro del carcere in centro città, favorendo l’evasione delle quattro detenute e provocando la morte di un passante, mostrò come le istituzioni fossero vulnerabili e come, forse, gli apparati statali, in primis quello carcerario, non fossero stati predisposti e tarati per vincere la sfida ai gruppi della lotta armata.

Sull’obsolescenza, lo scarso presidio, l’infelice collocazione del carcere rodigino, tutti sapevano tutto. Lo sapevano bene anche i terroristi che scelsero, non a caso, di colpire lì, dove le povere guardie carcerarie non potevano difendersi da un concentramento di fuoco ben difeso dalle mura dei palazzi. Colpirono lì, in un pomeriggio di domenica, quando gran parte delle forze di polizia erano a tutelare l’ordine pubblico a due importanti eventi politici. I terroristi dimostrarono che non era un’istituzione carceraria a poterli fermare e che non c’era Stato o forza di polizia in grado di arginarli. L’opinione pubblica si confrontò a lungo sul senso di quell’evasione organizzata: ci furono dichiarazioni forti da parte di politici e opinionisti in vista. Pertini disse che la sorveglianza in realtà non esisteva, e che anche Curcio (lo spaventevole leader delle Br) sarebbe riuscito a scappare. Nelle varie analisi rifulse la lucidità di un giornalista de L’Unità, Ibio Paolucci, che seppe ricostruire con grande attenzione, in modo documentato, tutto ciò che concerneva la galassia degli ex Prima Linea.

Quel giornalismo, quasi “scientifico”, seppe contribuire alla conoscenza di un fenomeno che, nel tempo, lo stato seppe sconfiggere. Ma quel giorno, a Rovigo, con l’evasione delle quattro terroriste sembrò vacillare il castello di carte su cui si basava la sicurezza degli italiani e la sopravvivenza stessa della nostra democrazia. 

 

Recensione a:

C. Zanirato, L. Raito, Rovigo, 3 gennaio 1982. Cronaca e memorie di una tragedia possibile, Adria, Apogeo, 2015 

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