Cara Marina, una cosa è il posto di lavoro, dove si può fare ciò che è possibile fare, cioè ciò che i suoi superiori le consentono di fare. Alla fine però, c’è poco da fare: l’asino bisogna attaccarlo dove vuole il padrone. Tuttavia, da quello che scrive, lei già cerca di limitare i danni, compatibilmente con le sue possibilità.
Ma fuori del lavoro è un’altro discorso: ciascuno di noi può cercare di portare avanti le proprie convinzioni senz’altra limitazione che la propria volontà di fare.
Certo da soli non si può fare molto: perciò, occorre trovare alleati, cioè persone e organizzazioni che perseguono i nostri stessi obiettivi, ed impegnarsi con loro.
Se non si vuole farlo, non si ha tempo, voglia o semplicemente non si riesce a trovare nessuno, meglio limitarsi a fare ciò che nel suo piccolo lei già fa, che non è poco considerando la sua attività e nel confronto di quanto fa (sarebbe meglio dire NON fa) la gran massa delle persone.
Ribadisco: abolire la validità legale del titolo di studio non è una soluzione, tutt’altro. E’ un rimedio peggiore del male, che non sarebbe così estirpato, bensì occultato.
E non se la prenda troppo: fai il tuo dovere e non temere, diceva il saggio

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