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su La proposta di Landini: parliamone


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1 marzo 2015 17:49

Quale lavoro >


Stando alla disciplina del nuovo contratto a tempo indeterminato (tutele crescenti) il datore di lavoro, in vista della scadenza dei primi 3 anni, dovrà sciogliere il seguente dilemma.


Proseguire nel rapporto in essere apprezzando e privilegiando le capacità e le potenzialità del dipendente sul maggior costo (intorno €8000 anno) della futura prestazione.

Oppure attivare un nuovo contratto (con altro soggetto) e ricominciare a giovarsi della decontribuzione (v. €8000) concessa fino ai 3 anni.


Una premessa scontata è che a fronte di un lavoratore “inadeguato” il contratto verrebbe risolto dopo poche settimane.Negli altri casi, per indovinare la decisione più probabile, basta individuare i caratteri del compito da svolgere.


Una attività sostanzialmente “ripetitiva” non implica una professionalità spiccata, in costante evoluzione. Spesso corrisponde a “esigenze” occasionali e/o a “contributi” di basso valore aggiunto.

Come tale è altamente “fungibile”.

Per giunta nelle più consuete unità lavorative detta fattispecie supera di gran lunga (come frequenza) le attività richiedenti un’alta qualificazione e preparazione. In sintesi.


Ergo.

E’ evidente che assimilare detto tipo di rapporto ai contratti a tempo indeterminato è a dir poco equivoco. Per molti versi è un contratto triennale “prolungabile” solo per una libera e autonoma “convinzione” del datore di lavoro.

La dignità del lavoro, quale prospettiva di vita, non è materia da spettacolo di Pantomima e Rimpiattino


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