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Commento di Persio Flacco

su Siria, Iran, Stati Uniti: prospettive di disgelo


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Persio Flacco 4 ottobre 2013 23:46

Il sionismo attuale è una organizzazione ideologicamente nazionalista presente nel mondo contemporaneo che influenza notevolmente le politiche attuate dai governi occidentali in Medio Oriente: un’area cruciale per gli equilibri mondiali. E non solo queste.

Una realtà che, quindi, dovrebbe entrare in tutte le analisi che vengono svolte sugli accadimenti di quell’area, e non solo, la cui influenza, invece, viene sistematicamente ignorata dai più.

Il fatto che quasi tutti quelli che nel mainstream analizzano certe tematiche la ignorino fa apparire in una luce particolare quelli che invece gli attribuiscono la considerazione che merita: come fosse una loro ossessione immotivata. Una ossessione solo apparentemente immotivata ma, per questo, anche "sospetta", essendo contigua all’ebraismo.

L’ambiguità elusiva del sionismo e la sua contiguità col mondo ebraico sono le sue migliori difese contro la luce della critica. Il sionismo non dichiara apertamente il suo manifesto ideologico nazionalista: lo maschera sotto lo schermo generico della difesa di Israele, usando senza remore tutte le leve che la storia ebraica gli mette a disposizione. Ciò non toglie che tutte le sue articolazioni, in tutti i contesti, promuovono coerentemente una immagine di Israele, di quale debba essere il suo destino e il suo compito storico, secondo un programma ideologico e pratico ultranazionalista e messianico. Ripeto: non ci sono manifesti ideologici che lo rendano esplicito, a provare questo indirizzo sono i fatti, i comportamenti, le scelte su come e dove indirizzare le pressioni sugli attori coinvolti.

Ehud Olmert, l’ultimo dei leader israeliani che ha tentato di opporsi al corso imposto dal sionismo alle politiche israeliane, disse più volte pubblicamente che occorreva rinunciare "al sogno del Grande Israele" (http://www.repubblica.it/2006/c/sez...) confortato dalla volontà della maggioranza degli israeliani. 

Non è riuscito a tradurre in concretezza questo proposito: come Rabin e Sharon prima di lui è stato interrotto prematuramente (per sua fortuna, in modo incruento) tuttavia ha fatto in tempo a segnalare al mondo dichiarandolo esplicitamente, cosa più unica che rara, l’esistenza di un obiettivo nazionalista-messianico che si prefigge di concretizzare il comandamento divino che assegna agli ebrei una porzione di terra ben più grande di quella che il sionismo di Herzl, laicamente e politicamente, ritenne idonea per il nuovo Stato. 

E quando mai nei congressi del WZO è stato teorizzato un programma di questo genere? Mai. Tuttavia, se si esaminano gli atti concreti della lobby sionista, nel loro insieme risultano coerenti con questo obiettivo e non con altri. Di certo non è compatibile con l’obiettivo di raggiungere un accordo di pace con i palestinesi e con gli arabo islamici in genere.

E questo, ripeto, a prescindere dalla volontà dei cittadini israeliani e della stragrande maggioranza degli ebrei della Diaspora.

In tutto questo ci sono due aspetti che personalmente ritengo deleteri. Il primo, odioso, è che l’immagine della feccia nazionalistico messianica si sovrapponga sempre di più all’immagine dell’ebraismo: questo lo trovo intollerabile. 

Il secondo è che Israele, sotto l’influenza del sionismo, ha finora perso tutte le occasioni per garantirsi un futuro sereno e rischia di perdere anche l’ultima. 
Così come era folle l’idea degli zeloti di sconfiggere Roma, la superpotenza dell’antichità, con gli scarsi mezzi del piccolo Israele, con ciò causando la distruzione del Tempio e duemila anni di traversie al popolo ebraico, allo stesso modo è folle l’idea che Israele possa contrapporsi a centinaia di milioni di arabo islamici che lo circondano e alla volontà del mondo intero, che vorrebbe veder terminare il conflitto con tutte i suoi squallidi e spesso criminali risvolti quotidiani.

Io credo che questi due motivi giustifichino ampiamente il mio interesse per il sionismo attuale.


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