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Commento di Luca Tedesco

su La verita, vi prego, sull'istruzione


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Luca Tedesco 31 dicembre 2008 16:14

Rapporti Ocse e moneta falsa

Ciò che Perotti omette nel suo pamphlet universitario

 

«Per molti versi la professione del critico è facile. Rischiamo molto poco pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio. Prosperiamo grazie alle recensioni negative che sono uno spasso da scrivere e da leggere, ma la triste realtà cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose anche l’opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale. Ma ci sono occasioni in cui un critico qualcosa rischia davvero; ad esempio nello scoprire e difendere il nuovo. Il mondo è spesso avverso ai nuovi talenti e alle nuove creazioni. Al nuovo servono sostenitori». Così si esprime Anton Ego, il severo critico culinario francese, nel film Ratatouille di Brad Bird.

E il nuovo pensavo di aver scoperto anch’io, recensendo alcune settimane fa su un quotidiano nazionale l’ormai celebre pamphlet di Roberto Perotti L’università truccata, in cui veniva sostenuta una tesi certamente eterodossa, ovverosia che l’università italiana non soffrirebbe affatto di una carenza drammatica di risorse finanziarie, attestandosi nella spesa per l’istruzione terziaria alle spalle dei soli Usa, Svizzera e Svezia, tesi certamente notevole e che quindi ritenevo doveroso segnalare.

Da allora, però, ho seguito con attenzione crescente il certamen che sulla stampa nazionale hanno ingaggiato Perotti e Figà Talamanca, ordinario di Analisi matematica e studioso anch’esso del sistema universitario (certamen in verità iniziato prima del primo intervento e da me colpevolmente non conosciuto).

Ho potuto così constatare che se è vero, come sottolinea Perotti, che il dato che si riferisce all’Italia nella tavola (B1.1a) relativa alla spesa annuale per l’istruzione universitaria del rapporto Education at a Glance non distingue fra studenti a tempo pieno e quelli a tempo parziale, è altrettanto vero che ciò, cosa che Perotti omette, vale anche per Germania e Austria (come si evince dalla nota tecnica n. 3). Anche per questi ultimi due Paesi, quindi, la spesa indicata nel rapporto risulta sottostimata.

La tavola (B1.3b), relativa alla spesa per studente per la durata effettiva degli studi, conferma come l’Italia si attesti, per quanto riguarda l’Europa, alle spalle di Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Spagna, Svezia e Svizzera, anche se per il nostro Paese, l’Ungheria, la Polonia e la Svizzera i dati si riferiscono alle sole istituzioni pubbliche. La circostanza, poi, che alcuni Stati abbiano fornito i dati per quanto concerne la spesa annuale ma non quelli relativi alla spesa cumulativa effettiva fa sorgere il dubbio che per essi studenti a tempo parziale e studenti fuori corso non coincidano, complicando così il quadro e rendendo la comparazione non poco rischiosa.

Il luccichio del nuovo, insomma, copre talvolta anche la moneta falsa.

 

Luca Tedesco

 


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