Traffici vaticani
Nel mare magnum dei trattamenti differenziati che spettano ai cittadini credenti e a quelli non credenti, e alle organizzazioni che li riuniscono e rappresentano, capita di imbattersi anche in piccole gocce che, lungi da far traboccare un vaso a nostro avviso già e sempre più tracimante, evidenziano bene quanto la discriminazione tra chi ha una fede (meglio se cattolica) e chi no strisci e si annidi anche nelle più insignificanti pieghe del nostro ordinamento.
Presente il blocco del traffico? Targhe alterne, domeniche a piedi, stop ai veicoli inquinanti… Sì insomma, quell’insieme di provvedimenti che tentano di risolvere nelle grandi e medie città l’annoso problema dell’inquinamento atmosferico. Con le dovute deroghe: anche in caso di blocco assoluto, possono ovviamente continuare a circolare i mezzi di soccorso, di pubblica sicurezza e di pronto intervento, quelli adibiti a trasporto pubblico o di posta e medicinali, nonché gli invalidi, i medici e i veterinari per comprovati motivi di urgenza, più varie ed eventuali.
A Roma, in aggiunta alle deroghe per le targhe Corpo Diplomatico, andiamo oltre: senza alcun limite di circolazione, mai e in nessun caso, qualsivoglia auto targata Città del Vaticano, sia “governativa” che di proprietà privata; Città del Vaticano che, sì, è stato estero, ma respira e consuma la stessa aria romana che, a quanto pare, non contribuirebbe però minimamente ad inquinare (miracolo?). D’altronde al Vaticano l’Italia ha condonato 25 milioni di euro di bollette non pagate al Comune, che sarà mai un po’ di smog…
Ma — e questa non è una peculiarità della Capitale, anzi — il punto comune a molte città e forse il più interessante è che possono normalmente circolare “i veicoli dei sacerdoti e dei ministri di culto di qualsiasi confessione per le funzioni del proprio ministero”, funzioni peraltro autodefinite tali da chi le espleta, senza possibilità di sindacare sul merito e/o sull’urgenza della funzione stessa. Gli stessi sacerdoti e ministri che possono, con semplice dichiarazione scritta, autorizzare a circolare tutti i partecipanti a matrimoni o funerali. E pazienza che non godano di tale esenzione il matrimonio umanista o il commiato laico, ma la stessa non vale nemmeno per il matrimonio civile, per il quale è previsto un procedimento autorizzativo caso per caso e non una deroga generale. In chiesa in Mercedes, in comune a piedi.
Chi scrive non ha alcuna voglia di fare le pulci sull’onda di bieco populismo e per “quisquilie”, ma anche questa è l’indiscutibile, ennesima dimostrazione del fatto che, nel nostro paese, il possedere e l’essere portatore di una visione religiosa del mondo comporti, nelle piccole quanto nelle ben più grandi cose, una supposta “superiorità morale”, un favor, un valore aggiunto, un beneficio. Un privilegio. Privilegio la cui esistenza comporta l’automatico contraltare dell’esistere una discriminazione. Un privilegio che nemmeno da lontano ci si sogna di riconoscere alle cosmogonie non confessionali, atee o agnostiche, condivise da milioni (almeno dieci) di italiani che, come gli altri, possono aver bisogno di assistenza in carceri e ospedali, si sposano, partecipano a celebrazioni, muoiono.
Piccola cosa, il blocco del traffico; ma, per scomodare gli antichi, “da piccole cose spesso traggono origine grandi e gravi fatti”. Nel frattempo, gambe in spalla.
Adele Orioli
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