Sudafrica, la strage silenziosa degli attivisti per il diritto all’alloggio
Nel 2018 nella città di eThekwini, una volta chiamata Durban, è sorto un insediamento informale che ha preso il nome di eKhenana. Uno dei tanti di un Sudafrica profondamente segnato dalla diseguaglianza sociale.
A prendersi cura dei residenti, a eKhenana come altrove, non sono state le istituzioni statali ma le attiviste e gli attivisti del movimento di base Abahlali baseMjondolo (AbM), traducibile come “Abitanti delle baracche”, composto da oltre 150.000 persone che da quasi 20 anni, all’interno degli insediamenti informali, si battono per il diritto a un alloggio adeguato, la fine degli sgomberi e l’accesso a diritti fondamentali: istruzione, acqua, elettricità, cure mediche e servizi igienico-sanitari.
Perché AbM sia diventato un bersaglio di gruppi violenti privati e perché lo stato non faccia nulla per difenderlo, è raccontato in un rapporto reso pubblico ieri da Amnesty International.
In tutto il Sudafrica, negli ultimi 18 anni, sono stati assassinati almeno 25 suoi esponenti. In alcuni casi, gli attivisti di AbM sono stati uccisi durante proteste e resistenze passive contro gli sgomberi o raid della polizia negli insediamenti informali. In altri, si è trattato di veri e propri omicidi mirati.
I più recenti sono avvenuti proprio a eKhenana. Tre delle vittime assassinate nel 2022 – Nokuthula Mabaso, Ayanda Ngila e Lindokuhle Mnguni – erano testimoni-chiave nell’omicidio di un collega e la polizia non ha fatto nulla per difenderli, pur sapendo che le loro vite erano in pericolo.
Le aggressioni, le intimidazioni e le minacce di morte non si contano. Tra le persone minacciate c’è Thapelo Mohapi, per proteggere il quale Amnesty International Italia lanciò un appello nel 2023.
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