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Se il destino dell’Italia passa da Parma

E’ molto strano vedere che mentre il mondo guarda con il fiato sospeso lo sgretolamento dell’Europa (o meglio del sogno europeo), la politica italiana si concentra sull'esito dei ballottaggi in particolare su quello di Parma, e sulle ripercussioni che esso avrà sulla politica nazionale. Forse è miopia forse è provincialismo forse è entrambe le cose.

Certo è che la settimana scorsa mentre dall’altra parte dell’Atlantico si discutevano i possibili assetti politici ed economici dei prossimi anni - in Italia, unico paese rappresentato al G8 di Camp David da un primo ministro non eletto dai propri cittadini ma nominato dal Presidente della Repubblica per manifesta incapacità del precedente premier-, Il voto nella capitale dell’omonimo prosciutto sembrava diventato il crocevia del nostro futuro.

Non conta la crisi dell’euro, dei debiti sovrani, il ruolo della BCE e le politiche depressive volute dalla Germania, quello che importa ad alcuni movimenti politici italiani è chi si siederà da domani al Palazzo del Comune di Parma.

Antipolitica contro politica ufficiale, vecchio contro nuovo regime, l’establishment consolidato contro le nuove forze che nascono sulla rete e fuori dagli schemi classici, è tutto un susseguirsi di sconvolgimenti di piccolo cabotaggio che dal 22 maggio dovrebbero ridisegnare la mappa politica del nostro paese. Ma stanno così le cose? Non c’è qualcosa di più grande che in questi giorni è fortemente in fibrillazione?

I partiti tradizionali atterriti dall’avanzamento del Movimento 5 Stelle versano in stato confusionale, riescono a dividersi in parlamento anche su un provvedimento che dovrebbe inasprire le pene per i reati di corruzione, collezionando l’ennesima brutta figura. Non sanno nemmeno - ad un anno dal voto - come si presenteranno alle prossime elezioni e passano il proprio tempo a fare e disfare alleanze, buone sulla carta ma non a governare.

Beppe Grillo, galvanizato dalle vittorie ottenute, sforna sentenze di condanna contro tutti. Contro Napolitano (troppo vecchio), contro il Parlamento (troppo corrotto), contro i tecnici (troppo tecnici), contro i partiti (troppo in tutto). Come gli squali sentendo l’odore del sangue si fiondano sulla preda, così il comico genovese percependo aria di vittoria si getta nella mischia e si autoproclama il Salvatore della patria, dell’Italia e degli italiani.

Il post che ha scritto a commento dei fatti di Brindisi ne è la controprova. Un tentativo di creare confusione, accreditare ipotesi non certe, fomentare la confusione per ritagliarsi un ruolo in mezzo al caos.

Galvanizzato dai successi del primo turno delle elezioni Grillo ha definito Parma (in cui è arrivato al ballottaggio) la sua Stalingrado. Muore dalla voglia di mettere la sua prima bandierina in un capoluogo di provincia di 180000 abitanti, mentre i 700 milioni di cittadini europei non sa nemmeno chi siano.

Con tutto il rispetto per loro, ma chi se ne frega di Parma, di Grillo, dei grillini, del Movimento 5 Stelle, di Vincenzo Bernazzoli, e di Federico Pizzarrotti? Quando tutto quello che abbiamo costruito fino ad adesso fuori dall’Italia sta andando in frantumi.

Noi vorremmo sapere se tra qualche settimana la Grecia farà ancora parte dell’Unione Europea. Se tra un paio di mesi avremmo ancora la nostra moneta, e che fine farà l’asse Parigi-Berlino. Dovremo domandaci quando il nostro continente riuscirà a darsi una vera struttura politica che possa competere con le altre potenze mondiali non con che percentuali il Movimento 5 Stelle vincerà nei comuni di Budrio, Comacchio e Garbagnate come campeggia sul sito di Beppe Grillo.

Molto probabilmente il vento di cambiamento in atto si tramuterà nell’ennesima rivoluzione gattopardesca in cui tutto si muove per non cambiare niente. Il vero cambiamento avverrebbe se smettessimo di fissarci l’ombelico e incominciassimo a capire cosa succede fuori dai nostri confini. Ma vallo a spiegare a chi è troppo impegnato a fare la rivoluzione nella sua Stalingrado.

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