Riformare la scuola era una necessità
Riformare la scuola, in un momento in cui la competizione si gioca su scala globale, era una necessità assoluta, per consentire al paese e ai suoi giovani di risalire posizioni.
Mentre tutto intorno il mondo corre, la scuola italiana era ferma al palo, e acuiva in modo abnorme la differenza di preparazione tra i nostri giovani e i giovani europei. Uno scenario che, se fino a qualche anno fa poteva non preoccupare, dovrebbe allarmare sempre di più oggi che gli scenari sono globali e che le giovani generazioni si trovano a competere su scala internazionale con paesi e popoli che investono di più e meglio in formazione di ogni livello.
La riforma voluta da Renzi e approvata in via definitiva ieri era, dunque, fondamentale, così come positivi sono alcuni dei suoi punti fermi: investire di più e meglio in istruzione, usare la scuola privata come elemento per aumentare la competitività del sistema, rafforzare responsabilità e posizioni dei dirigenti scolastici, consentire, finalmente, una piena attuazione dell’autonomia, assumere centomila docenti, valutandone, e dio sa quanto ce ne sia bisogno, il merito. Era ora.
Nessuno, da oggi, potrà rifuggire alle proprie responsabilità: il sistema mette al centro la qualità della formazione, quindi, lo studente e un comparto pubblico fondamentale non potrà più essere uno stipendificio. Renzi l’aveva detto e promesso fin da subito: la forza di un paese e le prospettive del proprio futuro passano anche dalla qualità della scuola. A questo punto, il passo è fatto. Sta agli operatori e agli utenti, adesso, sfruttare le opportunità di una riforma per rendere la macchina veloce e in grado di stare al passo con i tempi. L’Italia non può permettersi di perdere altro tempo.
Foto: Palazzo Chigi/Flickr
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