Presidenziali Ecuador: ballottaggio il 13 aprile
Daniel Noboa, presidente neoliberista uscente, in leggero vantaggio sulla correista Luisa González dopo il primo turno del 9 febbraio scorso.
Foto: https://www.resumenlatinoamericano.org/
Il nuovo inquilino di Palacio de Carondelet emergerà dal ballottaggio del prossimo 13 aprile. È questo il verdetto del primo turno delle presidenziali tenutesi in Ecuador domenica scorsa, 9 febbraio. Come da pronostico, a disputarsi la guida del paese saranno il presidente uscente, Daniel Noboa, di Acción Democrática Nacional (destra neoliberista e securitaria) e Luisa González, candidata correista di Revolución Ciudadana. Attualmente i due sfidanti sono divisi da meno di un punto percentuale: 44,31% per Noboa, 43,83% per González.
Rimane difficile orientarsi in questa prima tornata elettorale. Una settimana prima del voto, Pedro Pierre, sacerdote francese in Ecuador dal 1976 ed esponente delle Comunità ecclesiali di base, urbane e contadine, in un suo articolo pubblicato su Rebelión e intitolato inequivocabilmente ¡Triunfantes!, dava per quasi certa la vittoria della correista Luisa González e accusava il latifondo mediatico di nascondere i sondaggi che pronosticavano, almeno al primo turno, una sua vittoria. In effetti, alcuni sondaggi assegnavano González circa l’8% di preferenze in più di Noboa. Al contrario, su Resumen Latinoamericano, si festeggiava il buon risultato di Revolución Ciudadana che era riuscita a sbarrare la strada alla vittoria di Noboa al primo turno. Il presidente uscente era convinto, infatti, di riconfermarsi alla guida del paese senza bisogno del ballottaggio.
Oltre il 5% per Leonidas Iza, candidato del movimento indigeno Pachakutik e della Conaie che ha già annunciato di non voler dare indicazioni di voto, almeno a livello personale, e si presenta come alternativo sia alla sinistra correista sia alla destra ultraliberista di Noboa.
A sfidarsi, il prossimo 13 aprile, saranno di nuovo due modelli assai diversi: da un lato quello che è stato definito come il “fascismo neoliberista” di Noboa, sostenuto dall’oligarchia e dai media mainstream, dall’altro un modello di economia dal volto umano e sociale.
Già nelle precedenti presidenziali, risalenti al 2023, Luisa González era stata ad un passo da Palacio de Carondelet e, dopo il primo turno, era addirittura in vantaggio su Noboa, ma poi perse al ballottaggio fermandosi al 48% dei consensi rispetto al 51% del suo avversario. In un contesto già del tutto sproporzionato a favore del candidato di Acción Democrática Nacional, che non si è fatto scrupolo nel condurre la sua campagna elettorale a suon di fake news, tanto che González ha denunciato delle irregolarità del processo elettorale ecuadoriano, è pressoché certa l’unione di tutte le destre per impedire il ritorno del correismo, mentre non si può dire la stessa cosa a sinistra, soprattutto a seguito delle divisioni tra settori progressisti, di sinistra, movimenti sociali e indigeni, basti pensare ai rapporti ormai del tutto deteriorati tra Conaie e correismo. Inoltre, non va nemmeno dimenticato che, ancora una volta, ad influire sull’esito elettorale saranno gli interessi economici degli Usa, intenzionati a minare qualsiasi forma di successo progressista.
Sembra lontano il decennio della presidenza di Correa che, tra il 2007 e il 2017, nonostante le molteplici contraddizioni sulle questioni ambientali da cui era derivata la frattura, mai più risanata, con la Conaie, si era adoperato per redistribuire la ricchezza, ristabilire i diritti del lavoro sulle mire del capitale e rafforzare quei servizi pubblici quali previdenza sociale, istruzione e sanità, poi affossati dal suo successore, nonché traditore Lenín Moreno, che nel quadriennio successivo aveva ben presto ripudiato le istanze popolari, poi definitivamente affossate dalla breve presidenza (2021-2023) del banchiere Guillermo Lasso, una sorta di “anarco-capitalista” ante Javier Milei.
Sono almeno tre gli aspetti in cui Noboa ha, con tutta evidenza, fallito, nonostante resti ancora pienamente in corsa per Palacio de Carondelet: la crescita del tasso di omicidi in tutto il paese (47 ogni 100.000 abitanti secondo l’Observatorio Ecuatoriano del Crimen Organizado), una crisi economica in costante peggioramento e i sempre più frequenti blackout elettrici, che talvolta hanno raggiunto quasi le 14 ore consecutive. In un paese messo in ginocchio da una crisi generalizzata e che il portale specializzato InsightCrime ha definito come “l’autostrada della cocaina verso Stati Uniti ed Europa”, Noboa, tramite la sua Corporación Noboa, controlla il 75% delle esportazioni bananiere e, in qualità di erede di una delle famiglie più ricche del paese, non si è fatto alcun scrupolo nel sottomettersi all’agenda neoliberale di Washington, a partire dalla concessione delle basi militari al potente e ingombrante alleato e dalla trasformazione delle stesse Galápagos in uno spazio militare a stelle e strisce.
Il compito di Luisa González risulta essere estremamente arduo poiché la figura di Rafael Correa, costantemente demonizzata, viene utilizzata per attaccare la candidata di Revolución Ciudadana. Se al ballottaggio vincerà Noboa l’Ecuador rischia seriamente di trasformarsi nel cinquantunesimo stato degli Usa.
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