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Pdl: quanti morti sotto la valanga del dissenso

Essì, cambiano i tempi e non c’è più il rispetto di una volta. Pochi giorni fa Gianfranco Fini ribatte in diretta televisiva, punto per punto, a tutti i dissapori con il Capo Supremo, e si permette pure di alzarsi dalla sedia per puntargli l’indice contro. Vabbè, abbiamo detto, è la politica: finalmente è iniziata l’era democratica nel PdL.

Ma che l’uomo-azienda del Milan, quel bel Leonardo che da giocatore ed attraverso i corridoi del Biscione è arrivato a dirigere il team rossonero, si ponga in netta contrapposizione col Padrone - nonché presidente del Consiglio dei Ministri italiano - dicendo che evidentemente "siamo incompatibili", questo è inconcepibile in un mondo di yesmen.

Con voce tranquilla Leonardo ha detto del proprio presidente cose di una «gravità » poche altre volte ascoltata. Non è stato il litigio del tecnico escluso contro il padrone arrogante. È stato la spiegazione del rifiuto di un modo di essere, di pensare, di comportarsi. E quel modo di essere è del primo ministro del Paese. (Mario Sconcerti)

Gli investigatori dicono che un caso è una coincidenza, due sono un indizio, tre sono una prova. Nel giro di una settimana abbiamo quindi un indizio del declino del carisma di Berlusconi, padrone assoluto dell’impero mediatico-sportivo-assicurativo e chi più ne ha più ne metta. Se poi allarghiamo l’arco temporale, esattamente un anno fa (il 3 maggio) l’ex moglie dell’uomo più amato d’Italia lo mandava a quel paese, cantandogliele senza tanti giri di parole, a mezzo comunicato stampa. A questo punto abbiamo una prova.

La sortita di Veronica sembrava allora un fulmine a ciel sereno, anche se era da tempo che tuonava, ed invece era una slavina che col tempo si è trasformata in valanga, coinvolgendo dopo l’ambito familire quello politico ed ora anche quello sportivo. Dove e quando si fermerà lo smottamento? Chi e cosa porterà con sé? Quanti e quali corpi rimarranno sotto la neve?

La Lario, Fini, mettiamoci anche Bocchino, e Leonardo hanno tracciato la via al dissenso, pericolossimo per la leadership senza discussione del Capo. Come dice splendidamente Spartaco Pupo

"Il dissenso stravolge gerarchie, tattiche, piani e orientamenti pre-stabiliti, chiama all’indignazione, al movimento, al proselitismo più puro e genuino. Il dissenso viene sempre da una minoranza, mai da una maggioranza, e forse per questo non sono mai state le maggioranze a cambiare il corso della storia. Il dissenso ostacola l’adattamento interessato, sfascia il paravento della rassegnazione per innalzare il vessillo della speranza, dissolve le cappe di unanimismo, stravolge le piatte omogeneità conciliari, produce la diversità laddove ristagna il livellamento".

Fare previsioni è da stolti, ma una cosa è certa: niente è più come prima.

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