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Ora di religione: e se l’alternativa fosse la filosofia?

Cosa insegnare a scuola, quale alternativa all’ora di religione? Le soluzioni possono essere tante. Una, in particolare, può però consentire agli studenti di abituarsi a pensare con la propria testa, ne parla Rosanna Lavagna sul n. 1/2021 della rivista Nessun Dogma.

Durante il fascismo, nel 1923, in seguito alla riforma di Giovanni Gentile, l’ora settimanale di religione fu inserita nelle scuole elementari, mentre negli altri ordini, tranne l’università, l’introduzione avvenne con il concordato del 1929 dove la religione cattolica veniva indicata quale «fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica».

L’insegnamento era «affidato a sacerdoti e religiosi approvati dall’autorità ecclesiastica; in via sussidiaria, a laici riconosciuti idonei dall’ordinario diocesano» (legge del 5 giugno 1930, n. 824). La frequenza per gli alunni e gli studenti era obbligatoria, con la possibilità di ottenerne l’esonero tramite una richiesta scritta dei genitori.

Nel 1984, in seguito alla revisione del concordato, la frequenza divenne facoltativa e quindi, da lì in avanti, ogni alunno o studente avrebbe potuto scegliere se avvalersi di tale insegnamento o se optare per opportunità diverse tra cui quella dell’ora alternativa.

Sarebbe troppo lungo soffermarsi sul dettaglio delle difficoltà, delle resistenze e delle inadempienze che l’attuazione dell’ora alternativa ha incontrato negli anni; senza dubbio può essere indicata come una svolta epocale l’ordinanza del tribunale di Padova (n. 1176 del 30 luglio 2010) con la quale si sottolineò che l’attivazione dei corsi alternativi alla religione cattolica costituisce «un obbligo», che se disatteso determina «un comportamento discriminatorio illegittimo» di responsabilità risarcitoria per l’istituto scolastico inadempiente. Si arrivò a questo risultato in seguito al reclamo, sostenuto tecnicamente ed economicamente dall’Uaar, inoltrato dai genitori di una bambina della scuola primaria per non aver ottenuto l’attivazione dell’ora alternativa.

Da allora si è potuta notare una maggiore attenzione da parte delle istituzioni scolastiche, ma molti problemi permangono soprattutto perché, a differenza di tutte le altre discipline, l’ora alternativa non ha contenuti definiti, né docenti ufficiali; l’unico vincolo è che non può avere come oggetto materie curricolari, perché questo porterebbe a discriminare e sfavorire gli alunni che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica. Le istruzioni ministeriali sono piuttosto vaghe e si limitano a indicare la formazione della personalità degli allievi, i valori della vita, la convivenza civile e i diritti umani.

La mancanza di programmazione consegue dalla circolare n. 96 del Miur del dicembre 2012 per la quale, mentre la scelta di non avvalersi della religione cattolica deve effettuarsi al momento dell’iscrizione, l’opzione delle attività alternative è rimandata all’inizio dell’anno scolastico, determinando così ritardi e difficoltà organizzative.

Contro queste disposizioni, l’Uaar fece ricorso al Tar che solo ora, dopo ben sette anni, le ha dato ragione, imponendo al ministero che la scelta delle attività alternative «deve avvenire in tempi che garantiscano la tempestiva programmazione e l’avvio delle attività didattiche secondo quanto richiesto dai principi di ragionevolezza e buon andamento».

Si spera quindi che questa nuova vittoria dell’Uaar possa determinare un netto miglioramento nell’offerta formativa per gli studenti che non scelgono l’ora di religione.

Organizzare attività alternative comunque non è semplice, perché è necessario trovare contenuti e metodologie atti a coinvolgere gruppi eterogenei, che non ricalchino le discipline di studio e che contemporaneamente abbiano una buona valenza formativa, perché è un diritto per gli alunni che non si avvalgono avere un’alternativa valida, degna di essere scelta con piena consapevolezza e non subita in mancanza di meglio.

A tutte queste esigenze potrebbe rispondere la scelta della filosofia, ossia l’organizzazione di laboratori di pensiero che, essendo finalizzati a costruire lo spirito critico, risultano particolarmente adatti a essere alternativi a un insegnamento di tipo dottrinale.

La filosofia con i bambini e i ragazzi risponde pienamente alle circolari ministeriali riguardanti l’ora alternativa e trova altresì legittimazione nelle Indicazioni nazionali (2012), in cui sono messi in evidenza alcuni aspetti estremamente significativi, la cui realizzazione può essere facilitata attraverso l’esercizio di questa disciplina. Inoltre le esperienze già compiute da decenni in varie scuole italiane e straniere hanno dimostrato il raggiungimento di ottimi risultati formativi.

Tale proposta potrebbe essere attuata in tutti gli ordini di scuola a partire dall’infanzia, comprese le classi delle superiori in cui non è previsto l’insegnamento della filosofia.

Lo scopo dei laboratori è quello di insegnare a pensare attraverso il dialogo filosofico, per stimolare gli alunni a riflettere su sé stessi e sul proprio vissuto, guidati da un docente facilitatore. Ovviamente non si anticipa il tradizionale insegnamento della storia della filosofia in fasce di età anteriori, ma si “fa filosofia” applicando le metodologie del dialogo socratico, che costituisce il modello di riferimento, ponendo domande su vari e importanti temi, quali la libertà, la scelta, l’amore, la vita, la conoscenza di sé, l’empatia, il mondo, eccetera. Nel laboratorio si ascolta, si parla, si argomenta, ci si confronta, si gioca con la logica e con il pensiero, si scambiano idee e opinioni imparando il rispetto di ogni punto di vista e delle diversità.

Tutto questo come può essere realizzato in pratica? Proviamo a entrare nei particolari operativi.

Il laboratorio si basa su alcuni componenti fondamentali, in particolare: spazi e tempi, metodo e ruolo del docente facilitatore.

Gli spazi sono quelli dell’aula, ma organizzati in modo diverso, con gli alunni disposti in cerchio, o in semicerchio se ci si avvale della proiezione di immagini. Considerando la filosofia come alternativa all’insegnamento della religione cattolica, la cui durata settimanale prevista dai curricoli va da una a due ore a seconda dell’ordine di scuola, i tempi sono del tutto adeguati allo svolgimento dei laboratori.

Come si diceva prima il metodo utilizzato è il dialogo socratico, che presenta la caratteristica fondamentale di non fornire mai verità precostituite, ma di cercarle e costruirle insieme ai partecipanti attraverso il confronto e lo scambio di idee e opinioni. Il dialogo presenta vere e proprie regole, pretende continua ricerca, ascolto e discussione delle opinioni altrui, superamento dei pregiudizi e del dibattito/scontro dove ognuno vuole avere ragione a ogni costo.

Naturalmente la realizzazione di questa metodologia necessita della guida di un docente il cui ruolo, a immagine del Socrate dei dialoghi di Platone, aiuta i partecipanti a “partorire” le conoscenze; il suo compito fondamentale è quello di garantire il clima di rispetto reciproco con rigore, ma senza alcuna rigidità, perché spesso i “piccoli filosofi” ci stupiscono conducendoci su sentieri inesplorati e inattesi che meritano tutta la nostra attenzione.

Su quali argomenti si può filosofare? In genere i temi scaturiscono dai bisogni formativi del gruppo, da particolari situazioni che si possono verificare, dalle domande stesse dei bambini e dei ragazzi, sulle quali si può dare inizio a una riflessione.

Non possiamo nasconderci che l’ipotesi della filosofia come ora alternativa presenti qualche difficoltà di realizzazione, non solo in quanto necessita di docenti opportunamente formati, ma soprattutto perché dovrebbe superare tutti gli ostacoli della burocrazia scolastica; l’obiettivo però può valere la pena di essere perseguito, in quanto risponde all’esigenza sempre più urgente di saper ragionare autonomamente, di non farsi condizionare, di distinguere la verità dalle menzogne.

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