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Ora di religione | Costretti ad ascoltare le lezioni del docente scelto dal vescovo

Dove sono i dati ufficiali sulla frequenza dell’insegnamento della religione cattolica (Irc)? Quanti studenti non se ne avvalgono, cosa scelgono in alternativa e cosa realmente viene loro garantito? Nell’imbarazzante e assoluto silenzio del Ministero dell’istruzione a prendere la parola sono i vescovi. O loro incaricati. Con dichiarazioni a volte sconcertanti.

Leggiamo infatti cosa dichiara Nicola Incampo, esperto Cei di Irc, sul sito Cultura Cattolica: «Da una mia ricerca risulta che gli alunni che frequentano l’ora di Religione Cattolica è il 96%, dico novantasei per cento. Infatti circa il 90% chiede di avvalersi, del restante 10%, almeno il 60%, pur non avendo scelto l’IRC, è presente e partecipa all’ora di religione». Affermazioni che lasciano allibiti. Incampo scrive nero su bianco che il 60% degli studenti che non dovrebbero subire le lezioni «conformi alla dottrina della Chiesa» alla fine invece le subiscono. E da questa incresciosa situazione sembra addirittura trarne motivo di vanto.

In un paese civile sarebbe presentata un’interrogazione parlamentare sulla ricerca condotta dell’esperto della Cei. Perché le implicazioni sono gravissime: discriminazioni ai danni di minori nell’esercizio dei diritti all’istruzione e alla libertà religiosa (che include la libertà dalla religione). E tutto ciò tra le mura della scuola pubblica. Per l’Uaar non è una novità, ha già sconfitto due volte il Miur proprio perché permetteva questo tipo di violazioni di diritti ai danni dei non avvalentisi, con le storiche vittorie legali del 2010 e del 2020. Ma la portata del fenomeno, in base ai risultati delle ricerche di Incampo, assume proporzioni indecenti.

È stata un’affermazione avventata, dettata da spavalderia? Per il nostro non sarebbe la prima volta. Il problema di fondo è che sono i vescovi a controllare la situazione, gestendo la raccolta dati, la pubblicazione dei risultati (che tra l’altro smentiscono quelli di Incampo: due anni fa era il 14,15% degli studenti a dire no all’Irc, non il 10%) e la propaganda sulla base degli stessi. Deve essere invece il Ministero dell’istruzione a rendere disponibili in formato aperto e machine readable dettagliate e fruibili statistiche sull’Irc, come richiede l’Uaar anche all’interno del progetto #DatiBeneComune.

Roberto Grendene

 

 

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