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Occidente estremo, America e saggezza cinese

“Occidente estremo” è l’ultimo saggio di Federico Rampini, un “antropologo” della modernità che ama indagare l’evoluzione delle principali civiltà (Mondadori, ottobre 2010).

America, “non andare all’estero alla ricerca di mostri da distruggere, sii una guida con il tuo esempio”. (John Quincy Adams, padre fondatore degli Stati Uniti)

Lo sguardo globalizzato di Rampini è micidiale nel denudare l’America e nel rivelare la miseria psicologica e culturale di una nazione socialmente moribonda a causa dell’eccesso di ricchezza e di vizi. Negli Stati Uniti il cibo è diventata la principale “droga” legalizzata, a disposizione di adulti e bambini, ricchi e poveri. Le multinazionali sono le uniche beneficiarie di questa malattia sociale che sta facendo impennare le spese sanitarie e che potrebbe portare al collasso civile e finanziario la prima Repubblica moderna che si è fatta quasi da sola (ha goduto dell'appoggio della Francia).

Infatti ben “un terzo dei giovani americani non è “reclutabile” dall’esercito perché così sovrappeso da essere degli infermi, degli invalidi già a vent’anni”. A proposito di Pentagono: “I 3,65 miliardi spesi in Afghanistan sono più di un quarto del prodotto interno lordo”. Questo paese è ricco di minerali rari, ma i cittadini americani vengono salassati e i privilegiati fanno la bella vita: i burocrati governativi, i manager privati, i burocrati delle multinazionali delle armi e delle multinazionali della ricostruzione. Infine ci sono i politici afghani: “banditi legalizzati” che passano gran parte del loro tempo nel pianificare l’invio di valigie piene di denaro all’estero (Dubai, Singapore, Hong Kong).

A causa del “materialismo ipertrofico, autodistruttivo”, la salute economica dell’America non è delle migliori e prima o poi l’inflazione potrebbe trasformare molti titoli di stato in carta straccia. Per questo motivo “Pechino diversifica i suoi investimenti. Anziché Bot, compra direttamente aziende americane. La Cic (China Investment Corporation), il fondo sovrano del governo di Pechino, ha divulgato l’elenco delle grandi imprese di cui è diventato azionista, per ora di minoranza… Apple, Citigroup, Coca-Cola, Bank of America, Visa, Johnson & Johnson”.

Così “Se nel produrre i cinesi hanno conquistato un primate mondiale, nell’inventare (oggetti e tendenze, stili di vita e paradigmi sociali) i migliori restano gli americani, anche grazie a quei talenti stranieri che gli Stati Uniti adottano nella loro società aperta meritocratica. Un valore tipicamente occidentale resta il diritto al dubbio, il dissenso, l’amore del pensiero trasgressivo… certe punte di creatività sono possibili solo in un sistema che premia gli originali, i ribelli, gli outsider” (p. 7).

Inoltre la Cina sta adottando una saggia politica di “non interferenza negli affari interni degli altri stati”, applicata da manuale nel caso dello “scossone” del 18 febbraio 2010 in Niger. Però la potenza navale e sottomarina cinese è in rapida ascesa e c’è chi nel passato ha parlato di un colosso in grado di colonizzare tutta l’Asia ai danni della Russia (Halford Mackinnder).

Si è già avviata la colonizzazione economica dell'Africa e indubbiamente i giovani cinesi sono dei nazionalisti sfegatati che soffrono della pericolosa “Sindrome del Superuomo”. Forse si sentono in grado di diventare i prossimi dominatori del pianeta terra, come emerge chiaramente da questa testimonianza di un cinoamericano: “Anche se il mio quadrisnonno arrivò in America centoventicinque anni fa, io non sono stato omogeneizzato e non ritengo di essere diventato americano… Sia tra quelli come me, nati in America, sia tra gli immigrati arrivati di recente, c’è una convinzione comune: che noi cinesi siamo superiori a qualunque altra razza” (studente della Berkeley University, p. 205).

Invece i giovani occidentali sono ancora in piena crisi esistenziale determinata dalla scarsa occupazione dovuta in gran parte dalla grande occupazione della politica e dei posti di lavoro da parte della generazione ipertrofica e numerosa dei “Baby Boomers”. Intorno agli anni cinquanta e sessanta sono nati troppi figli in pochi anni, che sono stati viziati dalla grande crescita economica basata anche sui debiti pubblici e privati. L’economia ha presentato il conto e così molti giovani sono stati colpiti dalla “Sindrome di Peter Pan”, la regressione infantile pianificata dal marketing adulatorio e dal capitalismo predatorio (Benjamin Barber, Consumati. Da Cittadini a clienti, 2010).

Provate a contare quanti pochi giovani sotto i quarant’anni sono stati eletti in America e in Italia negli ultimi anni e capirete la principale causa dei problemi più grossi di queste due nazioni che rappresentano il cuore e i polmoni della cultura occidentale. Del resto i centri di ricerca e le organizzazioni internazionali sono pieni di talenti, di ricercatori, di professionisti e di negoziatori italiani. E non può esistere una vera democrazia senza una maggioranza di politici democratici, senza una prevalenza di cittadini democratici e senza la rappresentanza parlamentare di tutte le classi di cittadini (in base al sesso, all’età, alla professione intellettuale, manuale e finanziaria).

Comunque, nonostante la crisi economica, le multinazionali stanno gestendo più di 18000 miliardi di dollari in liquidità e continuano a trasferire nelle nuove economie asiatiche e sudamericane sempre più investimenti, poiché sono molto più remunerativi. Quindi Obama può solo tentare “di spronare il suo Paese, come John Kennedy fece per la gara con l’Unione Sovietica nella conquista dello spazio dopo il sorpasso dello Sputnik. Usando la Cina come benchmark, come punto di riferimento in una competizione, Obama spera di rovesciare le umiliazioni in positivo, di trasformarle in adrenalina, in altrettanti stimoli a riconquistare la leadership”.

Invece in Italia i politici non sono nemmeno in grado di spronare se stessi, poiché ci sono troppi bugiardi patologici con licenza governativa e troppi burocrati affetti da pseudologia fantastica e catatonia. Per quanto riguarda gli italiani si può solo sperare che nei prossimi mesi la rete riesca a creare dei nuovi cittadini metamorfosati. Però non bisogna sottovalutare “l’Europa, una volontà unica, formidabile, capace di perseguire uno scopo per migliaia di anni” (F. Nietzsche). L’Unione Europea è una giovane realtà multiculturale in crescita, più ricca di libertà e di creatività di quella cinese. Purtroppo i cinesi sono più attivi e più curiosi di noi, sono abilissimi nel copiare le ultime tecnologie di ogni paese del mondo e hanno fissato un meraviglioso limite massimo di 65 anni alla carriera dei loro politici (tutti gli altri sono liberi di andare a fare volontariato).

 

Federico Rampini è il corrispondente della “Repubblica” da New York, è stato vicedirettore del “Sole-24 Ore”, corrispondente a Parigi, Bruxelles, San Francisco e Pechino. Ha insegnato nelle università di Berkeley e Shanghai, ha vinto il Premio Luigi Barzini per il giornalismo nel 2005 e ha pubblicato molti saggi (la mia recensione di “Slow Economy” è uscita il 16 gennaio 2010).

Nota – Rampini non prende in esame i danni ambientali causati dai cinesi e dalle multinazionali minerarie. Dovrebbe approfondire la conoscenza delle scienze naturali e potrebbe intervistare il “famigerato” studioso americano Jared Diamond, oppure il grande naturalista e scrittore australiano Tim Flannery, (www.timflannery.com.au; L’ultima tribù, 2003; Breve storia del clima, 2008; Diario di un esploratore, 2010). A tutti gli appassionati degli avvenimenti economici, politici e culturali internazionali segnalo www.theatlantic.com e l'ottimo portale multilingue www.project-syndicate.org, dove ci sono traduzioni in lingua cinese, araba, russa, spagnola, francese, tedesca, italiana ecc.

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