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Nicaragua. i sogni rubati dall’orteguismo

 Il sandinismo attuale ha divorziato dai movimenti sociali e dalle loro principali lotte. Il lavoro di giornalismo collettivo coordinato da Otras Miradas con la collaborazione di Desinformémonos (Messico), DivergentesDespacho 505 e Expediente Público (Nicaragua), Agencia Ocote (Guatemala) e Público (Spagna), che racconta in maniera impietosa la crescente trasformazione del sandinismo nella tirannia orteguista.

             Immagine: https://desinformemonos.org/

È il 1996 quando il gruppo ska-punk Ghetto ‘84, canta: “Nel 1980 il Fronte Sandinista vince sulle strade, nei quartieri, in America latina”. La canzone, dal titolo Fuori dal branco, viene pubblicata nell’album Balla e difendi – volume II, pubblicato dalle case discografiche Gridalo Forte Records e Capitá Swing, da sempre al fianco dei movimenti sociali e, in particolare, delle rivoluzioni latinoamericane.

Al giorno d’oggi, invece, fa davvero male al cuore leggere “Los movimientos sociales aniquilados por un gobernante de “izquierda”, il lavoro di giornalismo collettivo coordinato da Otras Miradas con la collaborazione di Desinformémonos (Messico), DivergentesDespacho 505 e Expediente Público (Nicaragua), Agencia Ocote (Guatemala) e Público (Spagna), che racconta in maniera impietosa la crescente trasformazione del sandinismo nella tirannia orteguista.

Nel reportage tradotto in italiano dal Comitato Carlos Fonseca, “Sogni Rubati. La decadenza della tirannia in Nicaragua”, si legge infatti: «Daniel Ortega inalbera una sinistra che non è compatibile con i valori che difendono i dirigenti progressisti. Il sandinismo che rappresenta ha divorziato dai movimenti sociali e dalle loro principali lotte in Nicaragua».

È difficile, purtroppo, contestare questa affermazione. Dal crescente maschilismo sostenuto dall’orteguismo alla cooptazione dei sindacati, passando per la cosiddetta “decontadinizzazione” del Frente sandinista fino alla guerra dichiarata contro l’aborto terapeutico, sono molti gli aspetti che hanno finito per trasformare i nobili ideali della rivoluzione del 1979 di un governo che si dichiarava di sinistra, ma è divenuto, soprattutto negli ultimi anni, un esecutivo poco diverso dal somozismo che lo stesso Ortega dichiarava di voler combattere.

Lo scorso febbraio, a Matagalpa, la polizia ha occupato la sede del gruppo femminista Venancia, impegnato da oltre 30 anni a tutelare i diritti delle donne. La personalità giuridica dell’associazione era stata cancellata lo scorso 1° luglio nell’ambito della Legge Speciale sugli Agenti Stranieri che, dal 2018, ha chiuso oltre 150 organizzazioni impegnate a tutelare i diritti delle donne.

La giravolta di Ortega, non sorprende poiché già nel 2006, pochi giorni prima delle elezioni, il Frente Sandinista, con il sostegno di Ortega in prima persona, aveva appoggiato l’abrogazione dell’aborto terapeutico insieme ai partiti più reazionari del paese, il Partito Liberale Costituzionalista e l’Alleanza Liberale Nicaraguense.

Di fronte al progressivo distacco di contadini, lavoratori, femministe e intellettuali, alla frattura con le organizzazioni non governative, in grandissima maggioranza accusate di essere al servizio di agenti stranieri e per questo costrette a vedersi annullare la personalità giuridica, Daniel Ortega e la moglie Rosario Murillo hanno continuato a fare il bello e il cattivo tempo nel paese, tanto da far dichiarare a Gioconda Belli, scrittrice e figura tra le più note della guerriglia sandinista: «Di quel Fsln rimangono solo le sigle, verbosità e colori. Ora è un gruppo senza luci».

La battaglia antisistema del Frente Sandinista si è trasformata in una guerra dichiarata ai movimenti sociali, in particolare agli studenti, soprattutto a partire dal 2018, non solo tramite una violentissima repressione nelle strade e nelle piazze, ma anche attraverso il taglio dei fondi alle università. Contemporaneamente, i sindacati sono stati cooptati e i sindacalisti critici verso l’orteguismo sono stati messi all’angolo. In particolare, il reportage racconta «il caso del defunto dirigente della Centrale Sandinista dei Lavoratori (CST) Roberto González, che il 21 agosto 2009 disse pubblicamente a Daniel Ortega che il paese non aveva bisogno di “chagüites” (discorsi), ma di lavoro, cibo, salario degno e casa. González giunse a dirigere 284 sindacati fino al 2011. Quell’anno Ortega gli presentò il conto “per i suoi deliri” togliendolo dalla lista dei candidati a deputato».

Infine, la “decontadinizzazione” del Frente, passato dall’impegno per la riforma agraria e la redistribuzione della terra ad una pericolosa quanto ambigua vicinanza con quelle fasce sociali che, all’epoca della rivoluzione, il sandinismo non lo potevano vedere.

Oggi il Nicaragua sembra essere lontano parente di quel paese a cui molti guardavano con speranza all’epoca della rivoluzione sandinista, anzi, si sta pericolosamente avvicinando a quel somozismo denunciato con forza da Gioconda Belli nei suoi due più celebri romanzi: “La donna abitata” Il paese sotto la pelle”.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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