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Napoli, ripartono i presidi contro gli inceneritori

Con la fine dell’estate si ritorna alla vita di sempre, non comincia soltanto un nuovo anno lavorativo, ma anche di mobilitazione. Soprattuto a Napoli, la città sempre nell’occhio del ciclone. Sarà perchè ormai il presidente del Consiglio è di casa, sarà per il carattere frenetico del napoletano ma, guardando i tg, sembra che tutto accada a Napoli.

Purtroppo, però, l’informazione in Italia cavalca sempre l’onda dello share, tralasciando avvenimeti che adesso appaiono di secondaria importanza, ma con il passare dei mesi potrebbero rivelarsi un vero e proprio boomerang.

Con la dichiarata fine dell’emergenza rifiuti, a Napoli, si sono riuniti i Comitati Popolari per dire No agli inceneritori. Il primo è quello di Ponticelli, quartiere giunto alla ribalta per l’episodio dell’incendio al campo rom, già devastato dall’abbandono delle fabbriche, l’edilizia selvaggia e, inutile dirlo, la criminalità. 


Il Comitato Popolare No Inceneritore, di Ponticelli, presidia da alcuni giorni il Municipio e la via dove dovrebbe sorgere l’inceneritore. Ha trovato l’appoggio del Presidio permanente contro la discarica di Chiaiano e Marano. Gli attivisti hanno organizzato una raccolta firme per chiedere ai presidenti della IV e VI Municipalità di Napoli, al Sindaco di Napoli, al Presidente della Regione Campania e al presidente della Provincia di Napoli, di bloccare il progetto di costruzione dell’inceneritore a via De Roberto e di avviare un serio progetto di Trattamento Biologico Meccanico a freddo, e di Raccolta Differenziata Porta a Porta.

Bisogna capire che questi Comitati, contrariamente a quanto i tg, di cui sopra, lascino intendere, non fanno la tipica "ammuina" alla napoletana, si tratta di cittadini che propongono valide alternative, avvalendosi anche delle consulenza di medici e scienziati di livello internazionale. Persone di tutte le età e genere, giovani, anziani e donne, e di vari ceti sociali, lavoratori, pensionati, studenti, casalinghe e professionisti, pronti a difendere una terra fin troppo umiliata.

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