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Mario Guerra, ucciso durante un’operazione dei carabinieri, un anno fa

A Carmignano di Sant’Urbano tutti si conoscono e si chiamano per nome. Le case, la chiesa, il bar, la caserma dei carabinieri, ogni cosa è raccolta in meno di un chilometro. La vita scorre tranquilla in quel pezzo di provincia di Rovigo.

Ma un anno fa, il 29 luglio 2015, Carmignano di Sant’Urbano diventa provincia della Louisiana, del Minnesota, del Missouri.

Colpi di pistola, un morto nei campi, l’ennesima famiglia italiana che improvvisamente entra nel circolo del dolore, del lutto e della ricerca della verità e della giustizia.

Quella mattina Mauro Guerra, 32 anni, un passato nei parà, una laurea in Economia e una passione per la pittura (i suoi quadri, compreso quello rimasto incompleto, ci accompagnano nell’incontro con la famiglia), si presenta alla caserma dei carabinieri. Dopo mezz’ora ne esce correndo verso la sua abitazione, a 50 metri dalla caserma. Lo inseguono in due, alla fine saranno 10.

Per tre ore, sotto il sole, all’esterno e poi all’interno della casa di famiglia, i carabinieri provano a far salire Mauro Guerra su un’ambulanza.

Perché sta lì quell’ambulanza?

Si dice che nei confronti di Mauro Guerra debba essere eseguito un trattamento obbligatorio sanitario, che peraltro non risulta sia stato disposto per un uomo che, del resto, è sconosciuto ai servizi psichiatrici della zona.

Dopo tutto quel tempo Mauro Guerra finge di accettare il ricovero, si dirige verso l’ambulanza ma la supera e si mette a correre, passa davanti al bar e poi alla chiesa urlando che lo vogliono arrestare e poi corre nei campi.

I carabinieri potrebbero fermarsi, ragionare su cosa è meglio fare, forse aspettare che tutto si calmi. Mauro Guerra non è armato. Invece, l’inseguimento prosegue fino a quando uno lo raggiunge e riesce a chiudergli l’anello di una manetta intorno al polso.

Mauro Guerra si gira e colpisce il militare (sarà ricoverato in ospedale ma dopo 24 ore risulterà dimesso con una prognosi di 30 giorni) e a questo punto un colpo di pistola di un altro carabiniere lo raggiunge al petto.

Secondo i testimoni presenti, nonostante sul posto sia arrivata una seconda ambulanza e dall’alto sia pronto un elicottero per il soccorso, il corpo di Mauro Guerra rimane a terra per quasi tre ore. Nessuno verifica i parametri vitali, nessuno permette ai familiari, che pure erano presenti durante tutta l’operazione dei carabinieri, di avvicinarsi.

La procura ha aperto un fascicolo, sono stati sentiti alcuni testimoni ed effettuati degli accertamenti, tra cui l’esame autoptico e la perizia balistica. Il pubblico ministero ha chiesto una proroga delle indagini, ma allo stato attuale non si ha la certezza che il processo ci sarà.

Quel processo potrebbe dare risposte ad alcune domande che angosciano i familiari di Mauro Guerra e alle quali né loro né l’avvocato Alberto Berardi riescono ad avere riscontro.

Da dove salta fuori quella procedura di trattamento obbligatorio sanitario? Qualche autorità amministrativa l’ha firmata? Cosa è successo in quella mezzora che Mauro Guerra ha trascorso nella caserma dei carabinieri? Perché era così necessario inseguirlo e arrestarlo? Quando un carabiniere ha usato la forza letale, Mauro Guerra stava ponendo in essere una minaccia immediata e concreta alla vita di altri, unico caso in cui il diritto internazionale rende legittimo un siffatto uso delle armi da fuoco? Non c’erano alternative che colpirlo a morte?

Mauro Guerra è stato ricordato dalla sua famiglia e dalla comunità, nel primo anniversario della morte. Qui il programma dell’iniziativa.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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