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Maometto, Charlie Hebdo e noi

Ciascuno dei papabili alla presidenza della Repubblica avrà già fatto i suoi scongiuri e avrà pure divulgato, per vie traverse o per ordini diretti, il divieto a bruciare il proprio nome sull’altare dei roghi pagani, preludio di sacrifici e di violente rinunce personali. Ma questa volta nessuno vuole sentirsi immolato, specialmente quando fare un nome significa eliminarlo, o lasciarlo cadere sulla strada malevola del fallimento, dell’insuccesso augurato dagli avversari. 

Ci hanno provato da alcune settimane a questa parte i settimanali di destra, ma in questi ultimi giorni e in queste ore, i tiri al bersaglio hanno ceduto il posto alla considerazione della gravità della situazione e al mutato clima mondiale nel quale tutti, occidentali e islamici, siamo stati coinvolti. Di fronte a questa ennesima sfida del male e della follia contro il bene e la ragione c’è decisamente un elemento di maggiore consapevolezza e serietà sui possibili nuovi nemici diffusi nelle diverse parti del mondo e oggi all’attacco dell’Europa. Non per nulla oggi, mercoledì 14 gennaio, Charlie Hebdo uscirà in tutto il mondo in tre milioni di copie. Non era mai successo e il fatto in sé è già una prova che anche il clima di unità e di coesione degli europei e del mondo è mutato, e con esso, l’atteggiamento verso i grandi valori per i quali vale veramente la pena di vivere e battersi. Primo tra tutti la libertà di espressione. Su questo piano anche i nostri governanti dovrebbero cambiare atteggiamento e lavorare perché la libertà non sia una parola astratta, ma una realtà capace di penetrare molti livelli di azione concreta: la ricerca, la libera circolazione degli uomini, le diverse culture, l’innovazione, la sperimentazione delle varie forme di solidarismo, la multiculturalità, l’esercizio dei diritti inalienabili dell’uomo, la rimozione – come dice la nostra Costituzione – “degli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Come si vede un compito che i nuovi governi e il nuovi capi dello Stato dovranno tenere ben presente.

Le guerre di religione e gli integralismi, pur essendo un residuo di civiltà tramontate e storicamente fallimentari, sono, al contrario, il segno di una separatezza inconcepibile e relegata. L’opposto della spirito che ha animato, ed anima ancora oggi, la satira di Charlie Hebdo. Come ci insegna il vignettista Luz. Dopo avere disegnato la copertina del numero che andrà per il mondo domani, ha detto: “Maometto è il mio personaggio, un personaggio che ci ha permesso di essere trattati come grandi cavalieri bianchi della libertà di stampa; ma anche da pericolosi, irresponsabili, provocatori…”. Maometto che piange e che tiene in mano un cartello che recita anche lui, da grande profeta: “Je suis Clarlie”, è un modo straordinario per sconfiggere il fanatismo violento e ogni presunzione di detenere la verità assoluta. Se ne potessero trarre insegnamento molti di noi, sarebbe già un passo avanti.

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