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Los Angeles assediata dagli incendi

In lingua inglese le catastrofi naturali sono chiamate “atti di Dio”, quasi fossero sempre tutti dovuti solo alle forze della natura fuori da ogni controllo, senza alcuna individuabile responsabilità umana da contrastare. Difatti, ancora nel 2024, l'anno con le temperature medie più calde da quando esse vengono registrate, c'è chi nega che i grandi eventi atmosferici che si succedono nel mondo rappresentino il segno di un cambiamento climatico che deriva soprattutto dal massiccio utilizzo di combustibili fossili.

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I riflettori su queste catastrofi sono puntati soprattutto, anzi quasi solamente, quando esse accadono nel mondo occidentale. Come gli incendi che stanno devastando in California la zona di Los Angeles, i quali procurano, morti, distruzioni, evacuazioni ed aria sempre più irrespirabile. Mentre alcuni proprietari di case profittano della situazione per aumentare i canoni di affitto, cosa peraltro proibita dal codice penale statale in caso di emergenze come questa.

Questi incendi non sono i primi e non saranno certamente gli ultimi. E sono causati anche da scelte politiche. Non solo quelle direttamente legate al negazionismo climatico ma dal contorno di decisioni che difendono principalmente gli interessi di una minoranza della popolazione.

Iniziamo col dire che il consumo illimitato del territorio e il diffondersi a macchia d'olio delle costruzioni (quello che con parola inglese si chiama sprawl) non è un problema della California ma trova là una delle massime applicazioni. Lo racconta bene Mark Arax nel resoconto che fa delle conseguenze di un altro grande incendio, quello del 2022 a Paradise, una cittadina a nord di Sacramento. Incendio che uccise 85 persone e distrusse 19.000 edifici, e fu causato da una lottizzazione senza scrupoli che, dagli anni '60 del secolo scorso, risalì le colline senza alcuna preoccupazione di sicurezza ambientale. Lo stesso accade in tutta la California, lo Stato più popoloso degli USA, con l'aumento a dismisura di insediamenti in cui 10 milioni di persone (1/4 del totale della popolazione) vive ormai nelle zone più a rischio di incendio.

Anche le imprese elettriche ci mettono del loro per aumentare i rischi. Una delle più grandi, Pacific Gas & Electric Co (PG&E), era stata ritenuta la principale responsabile di devastanti incendi occorsi nel decennio scorso, tanto che nel 2019 fu vicina a dichiarare bancarotta a causa di un'immensa richiesta di risarcimento di 30 miliardi di dollari. PG&E infatti non sempre sospendeva l'erogazione dell'elettricità prima della prevedibile catastrofe, aumentando così il rischio di diffusione dei fuochi, e soprattutto la sua rete distributiva era assai carente in sicurezza (spesso a stretto contatto con le foreste, senza una zona intermedia di contenimento degli eventuali incendi, in modo da impedire il pericolo di cadute di alberi sui fili aerei dell'energia elettrica), mentre prioritaria era la distribuzione dei dividendi agli azionisti.

In tema di sicurezza è ovvio che occorrerebbe che le normativa esistente e i piani urbanistici non favoriscano, come a Los Angeles, la realizzazione di distese di villette unifamiliari, non pongano ostacoli alla realizzazione di case popolari, non trovino resistenze da parte di comunità e singoli che non vogliono vicini di casa. Cose che inducono abitazioni costruite sempre più lontane dalla città, migliaia di senza-tetto, case sovente a chilometri di distanza dal posto di lavoro, mezzi pubblici scarsi (a los Angeles le linee dei tram urbani furono abolite negli anni '50 su pressione dell'industria automobilistica, come si vede nel film “Chi ha ucciso Roger Rabbit?”).

In questo contesto, i risarcimenti per chi perde tutto, talvolta dei familiari, sempre la sua proprietà, sono sempre minori. Almeno sette delle principali 12 compagnie assicurative in California hanno sospeso o limitato dal 2022 la stipula di nuove polizze assicurative domestiche, ritirandosi in sostanza dalla copertura del rischio incendio. A chi ha perso tutto, non resta che affidarsi a FAIR, un ente riassicurativo, costituito nel 1968 dai legislatori, non è finanziato dallo Stato ma da un pool di compagnie assicurative private. Tali finanziamenti sono del tutto insufficienti: JP Morgan ha stimato che le perdite derivanti dall’incendio di questi giorni potrebbero superare i 20 miliardi di dollari. Di conseguenza, mentre le imprese di assicurazione private hanno grandissimi profitti, FAIR è destinato a fallire, perché le perdite supereranno le riserve esistenti,

Incombe anche il problema dei rifornimenti idrici, visto che tanta parte degli insediamenti della zona ovest degli USA è costruita su territori scarsi di acqua. Los Angeles si espande a est fino al deserto e Las Vegas è uno dei casi più evidenti di città nata dal nulla in mezzo alla sabbia. Nel Texas in questi mesi il multimiliardario Elon Musk ha quasi finito di costruire una raffineria di litio per la sua impresa Tesla che avrà bisogno di 30 milioni di litri d'acqua al giorno. Situata a venti miglia dalla città di Corpus Christi, un tale prelievo mette in discussione l'approvvigionamento regolare di acqua alla popolazione.

Acqua che è mancata in questi giorni anche ai pompieri californiani che stanno affrontando l'incendio. Il neo presidente Trump ne ha approfittato per polemizzare con l'amministrazione democratica della California accusandola di incapacità ma non dovrebbe dimenticare il ruolo che gioca la privatizzazione delle risorse idriche, già scarse ma in mano a imprese che le dirottano verso le loro attività. I miliardari Stewart e Lynda Resnick, ad esempio, detengono un patrimonio di 8 miliardi di dollari, possiedono una grande quota del sistema idrico della California, e sono contemporaneamente i maggiori proprietari di aziende agricole dello Stato, estese per quasi 600 chilometri quadrati, le quali richiedono grandi quantità di acqua per irrigarle.

Infine la forte pressione delle compagnie petrolifere e del gas e dei loro alleati in politica hanno, anche in California, aumentato le scappatoie per utilizzare tagli di imposte per i ricchi e rendere esentasse molta parte dei loro introiti. Accade così che nella quinta economia del mondo per prodotto interno lordo (ciò che sarebbe la California se fosse uno stato indipendente), il sindaco di Los Angeles, Karen Bass, tagli nel giugno dello scorso anno molti capitoli delle spese sociali, elimini pure ben 17,5 milioni di dollari di risorse per i vigili del fuoco e per la prevenzione degli incendi, ma aumenti gli stanziamenti per la polizia, malgrado la criminalità sia relativamente bassa. Mentre alto è il disagio sociale che avrebbe la necessità di politiche di distribuzione delle ricchezze. Come anche nel mondo del lavoro: nello specifico, alcuni dei pompieri, ex guardie forestali, guadagnano solo 15 dollari all'ora per svolgere un lavoro pericoloso, ma essenziale.

Inoltre, il governatore della California, Gavin Newsom, ha promesso in questi giorni esenzioni ad hoc dalle stringenti regole ambientali, mentre parrebbe che sarebbe utile, per combattere gli incendi, farle rispettare di più.

Comunque molte imprese, poco soddisfatte della riduzione delle imposte, che pure ottengono coi relativi tagli sociali, si stanno trasferendo in altri Stati, come il Texas, dove le regole degli affari sono più elastiche o assenti e le imposte sui profitti meno alte o inesistenti. E' un fenomeno che riguarda anche parte della popolazione benestante: la California perde abitanti a colpi di più 500.000 all'anno e i relativi introiti di tasse (mentre, paradossalmente, la preoccupazione dei governi repubblicani del Texas è quella dell'arrivo di molti “progressisti californiani” che contaminano l'elettorato assai conservatore dello Stato).

Gli Stati Uniti erano rientrati negli impegni degli accordi di Parigi pro-clima, peraltro insufficenti, ma con Trump ne usciranno nuovamente, con effetti rilevanti a livello mondiale, in quanto gli USA sono tra i Paesi che producono più gas serra. Occorrerebbe attuare politiche, anche quelle urbanistiche, rispettose dell'ambiente e dotate di servizi sociali che utilizzino la leva delle imposte sui grandi patrimoni, i quali, anche e soprattutto negli Stati Uniti, stanno aumentando a dismisura. Ma è difficile pensare che ciò avvenga con l'amministrazione Trump, che ha progetti del tutto opposti.

Se non altro talvolta accade un esempio virtuoso che arriva da un piccolo Stato degli USA, il Vermont, il quale ha deliberato una legge che richiede ai grandi petrolieri inquinatori di pagare i danni causati dai loro prodotti alle persone e all'ambiente. Gli introiti servono a coprire le spese pubbliche e private da disastri climatici, come il miliardo di dollari di danni causati dalle grandi inondazioni estive dello scorso anno. Il provvedimento è stato controdenunciato dalle imprese di combustibili fossili, le cosiddette Big Oil, per incostituzionalità. Per loro inquinare il pianeta è costituzionalmente garantito!

Fonti principali:

M.Arak, L'incendio del secolo?, The passenger California, Iperborea, 2019 - 2022

A.Jacobo, Vermont faces legal challenge from big oil over law requiring climate damage payments, Nation of Change, 6.1

F.Brewster, L.D.Stockton, How Big Oil Made It Harder to Fight the Los Angeles Fires, Jacobin, 9.1.

A.Vesoulis, The California Fires Could Scorch the State’s Broken Insurance Market, Mother Jones, 10.1

C.Harrison, Capitalism the failure behind preventing Los Angeles fires and climate change, People's World, 10.1

Foto Los Angeles County Firefighters, IAFF Local 1014/Facebook

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