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La Sardegna in piazza per il lavoro

Anche Sassari dice no. Oltre 2000 persone hanno partecipato ieri alla manifestazione di Piazza Castello, organizzata dalla Cgil in concomitanza con lo sciopero generale nazionale di otto ore. Una piazza gremita di lavoratori, pensionati e famiglie ha espresso tutta la sua preoccupazione per una manovra economica “classista” e “iniqua”, questi gli aggettivi più utilizzati. Il tema più caldo è quello che in questi giorni ha scosso gli animi e le poche, residue sicurezze dei lavoratori italiani: nell’emendamento all’articolo 8 della manovra, infatti, viene stabilito che i contratti aziendali o territoriali operano in deroga alle disposizioni di legge, un abominio che andrebbe a toccare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello che vieta il licenziamento senza giusta causa. Con questa nuova norma, nei fatti, se un’azienda riesce a trovare un accordo con i sindacati, è legittimata ad aggirare ciò che la legge nazionale gli impedirebbe di fare, avendo così un potere di ricatto enorme nei confronti dei suoi dipendenti.

Ma c’è chi di rinnovo del contratto non sente parlare da tempo. Siamo andati a trovare, infatti, a pochi metri dalla manifestazione, le impiegate del Centro per il lavoro della provincia di Sassari, che da qualche settimana occupano una parte del suolo di Piazza d’Italia dando vita ad un presidio di protesta a causa della mancata riassunzione per la prossima stagione.

Hanno montato le tende e, dicono “non ci muoveremo da qui finché non avremo una risposta”. Da sette anni lavorano come co. co. co. per il CSL, il Centro Servizi per il Lavoro della provincia di Sassari. Ora i loro contratti sono stati “sospesi”, coma ci racconta Laura, psicologa del Centro. “I soldi per il rinnovo ci sono già” ci spiega Laura “ci è stato detto che con i nostri contratti verrebbe sforato il tetto di spesa per il personale ma i fondi sono stati già stanziati dalla Regione, e non gravano in alcun modo sul bilancio della Provincia” e continua “non si capisce allora cosa ci sia dietro e perché nessuno venga a darci delle risposte. Manca la volontà politica di sbloccare la situazione”.

I trentuno lavoratori del CSL non godono di alcun ammortizzatore sociale, non hanno diritto alla cassaintegrazione né alla mobilità. Tramite il CSL assistono duemila cassintegrati in deroga che devono seguire dei percorsi di orientamento e formazione senza i quali non potranno accedere alla cassaintegrazione. “Mi chiedo chi si prenderà la responsabilità di lasciare duemila lavoratori senza la cassaintegrazione. Per molte famiglie è l’unica entrata rimasta” conclude Laura.

In una provincia che ha la maglia nera in Italia con un tasso di disoccupazione che nel 2010 ha toccato il 19 per cento sembra uno scherzo perverso che siano stati “sospesi” proprio i lavoratori che si occupano di trovare lavoro ai tantissimi che ne cercano uno.

Sul sito internet della Provincia si legge che i Centri Servizi per il Lavoro hanno la funzione di “garantire a tutti i cittadini pari opportunità nell’accesso al mondo del lavoro”. Opportunità che gli stessi lavoratori del CSL stanno ancora aspettando.

di Andrea Demontis e Serena Gennaro

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