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La Maxxi arte della Merz va in scena a Roma

In una domenica piovosa a Roma che non prometteva niente di buono, meteorologicamente parlando, un lampo di genio: perché non andare al Maxxi dal momento che mi trovavo anche lì vicino?

Poche le persone rispetto agli ampi spazi che questo strepitoso museo offre, tutti da gustare con calma ed in religioso silenzio. Che pace. Una volta entrata, mi dirigo direttamente al primo piano che offre una variegata esposizione temporanea e mi fermo a considerare come molte delle opere ed installazioni esposte in realtà portino la firma di una donna!

La galleria 4, cuore pulsante della splendida area museale, mette al centro l'opera di Marisa Merz e non a caso visto che l’artista è stata un esempio per le generazioni successive. Rosa Barba, Elisabetta Benassi, Ketty La Rocca, Luisa Lambri, Claudia Losi, Paola Pivi, Rosemarie Trockel, Kara Walker hanno preso come riferimento la Merz e anzi hanno proseguito la ricerca tracciata dalla corrente poverista amplificandone la portata.

Ecco dunque che il percorso espositivo che andremo a scandagliare vuole recuperare questa complessità, andando a legare esperienze così eterogenee fino ad arrivare alle opere degli anni Novanta, dove i piccoli gesti quotidiani descritti dalla Merz, pieni di umanità, diventano un modo per esorcizzare la paura della perdita di una dimensione umana nell’operare artistico.

Il "Senza titolo- 2009-2010", della Merz, recentemente acquisita nelle collezioni del museo, rappresenta un po' il centro del nuovo allestimento della galleria dalla quale si dipanano idealmente tutti gli altri lavori delle artiste citate sopra. Questa magnifica ed imponente installazione contiene tutti i materiali prediletti dall'artista come: l'argilla, il rame, la carta. Al centro dell'opera si stagliano figure angeliche che evocano una struttura compositiva tipica della pittura italiana e cioè il dittico. A relazionarsi con la grande tela, c'è una piccola scultura in pietra ed argilla posta su una lastra di rame. 

Poco più avanti, a fare da contraltare, si trovano esposte le fotografie di Luisa Lambri "Untitled" (Barragan House # 09-11-06-13; 03-04), che fanno parte di una serie realizzata dall'artista durante il suo soggiorno a Città del Messico nel 2005. Un viaggio intrapreso allo scopo di studiare l'opera di uno dei maggiori architetti messicani: Luis Barragàn, concentrandosi in particolar modo sullo studio della sua casa. La straordinarietà del progetto dell'architetto è quello pensare le pareti come superfici continue che si aprono improvvisamente in finestre o piuttosto delle fessure che consentono brevi passaggi di luce. In questo modo lo spettatore viene coinvolto in atmosfere rarefatte quasi intime.

Da squarci di lirismo contemplativo, l'attenzione viene catturata da fari di luce che occhieggiano dalla sala accanto. Quasi meravigliata e incredula, mi inoltro nella sezione successiva e mi rendo conto che mi trovo davanti ad un vecchio modello di automobile, leggo la descrizione dell'opera/installazione e mi trovo a contemplare un'Alfa Romeo GT Veloce. Si, è come state pensando voi!? E' lo stesso modello che guidava Pier Paolo Pasolini nella notte in cui venne assassinato, il fatidico 2 novembre del 1975. La presenza stridente e inquietante del mezzo al centro della sala, rievoca con fastidio, ancora oggi uno dei grandi misteri della storia italiana. Il senso che l'artista vuole veicolare con quest'opera è l'esperienza del percorso interiore necessario, anche se tortuoso, per raggiungere la vera conoscenza. 

Il tema della memoria e delle diverse identità che si intrecciano, invece, è al centro dell'installazione di Claudia Losi "Etna Project- 2001". L'artista da sempre si interessa al tema del ricamo collettivo invitando, gruppi di donne unite da legami affettivi, a realizzare insieme opere come questa. L'idea posta alla base del suo progetto stilistico è stata quella di realizzare singoli "tele" ricamate e arricchite da applicazioni ed inchiostro disposte in verticale sulla parete, come ad intrecciare tutte le "storie" ed il bagaglio di esperienze che ogni donna possiede. Di fronte è posta una struttura imbottita in lana ed argilla espansa. 

Relazioni di identità contrapposte quelle descritte dal genio di Kara Walker. La sua opera porta un titolo lunghissimo "For the Benefit of all Races of Mankind (Mos' Specially the Master One, Boss). An Exhibition of Artifacts, Remnants and Effluvia Excavated from the Black Heart of a Negress II- 2002". In questo caso, l'artista afroamericana lavora sull'immaginario della comunità bianca e nera, riflettendo sulle relazioni che si creano fra le due identità e sul tema della segregazione razziale. La tecnica della proiezione su carta alla quale ricorre sembra quasi elementare ma a ben vedere non lo è per niente. I campanelli che le figure portano appese al collo, due schiave, sono elementi carichi di senso e aprono un dibattito sulla complessità dei temi raziali. Come l'elemento del serpente che striscia indisturbato a terra allude a pericoli latenti.

Chiude il cerchio, "Fabulae Romanae- 2012" di Lucy + Jorge Orta, anche questa creazione ruota intorno alla ricerca di un approfondimento sui temi sociali ed antropologici. Abiti, involucri tipici anche di alcune tipologie di professioni, sono assemblati insieme allo scopo di mettere in raccordo l'individuo con l'ambiente circostante. La tenda-capanna può essere interpretata come luogo di rifugio. Sullo sfondo si staglia un grande schermo che proietta le immagini della città eterna, Roma proposta come luogo di accoglienza multietnico attraversata da personaggi qui chiamati "Spirits" che ne interpretano la vita ed il fermento tipici di una metropoli. Ad impartire il giusto ritmo ci pensano i versi del poeta Mario Petrucci.

E' possibile visitare la collezione "A proposito di Marisa Merz" fino al 6 gennaio 2013.


Andateci e fatemi sapere cosa ne pensate!

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