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L’impatto del Covid sulle disuguaglianze e i giovani

Presentiamo oggi un nuovo collaboratore dell’Osservatorio Globalizzazione, Andrea Zotti, che si sta specializzando nel tema del passaggio generazionale. Buona Lettura!

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L’interdipendenza tra disuguaglianze, Covid, generazioni e la fortuna di disporre di dati ci agevola nel fare una premessa, prima di adottare un punto di vista, per così dire, più pronunciato sui fattori e le dinamiche che rappresentano, usando un linguaggio più economico, i principali ostacoli alla ricerca del benessere e al miglioramento della propria condizione (fine della società), in un momento come quello attuale, dove, volendo trovare un comune denominatore, ci sentiamo tutti persone più vulnerabili e fragili: troppo spesso si parla di mortalità e contagiosità del virus, troppo poco ( e qui ci aggiungo ingiustamente) si sente parlare degli effetti causati indirettamente dal Covid, in particolare, dell’impatto, non solo collegato alle restrizioni, ma alle conseguenze della crisi economica. 

Voci come casa, disponibilità, accesso alla tecnologia e condizione lavorativa ci aiutano a comprendere come la pandemia non solo abbia agito su un binario di totale imparzialità, e, quindi, il modo in cui le persone stanno vivendo il dramma sia sistematicamente differente a seconda degli strati socioeconomici di appartenenza, ma, poggiandosi su basi fragili, esaltano la complessità degli aspetti dei profili coinvolti, e suggeriscono un approccio articolato, integrato e personalizzato al problema, non perdendo di vista gli elementi chiave: le persone, il contesto, la politica, fattori sociali e demografici.

Lo stesso appello lo si legge nel messaggio inviato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al presidente della Confederazione nazionale e dell’artigianato e della Piccola e media impresa Daniele Vaccarino. “Un rischio che non possiamo correre è che alle disuguaglianze tra territori esistenti nel nostro Paese si aggiungano quelle derivanti da effetti dalla Pandemia”, dice il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

In secondo luogo, le conseguenze economiche del Covid-19 sono state più aspre per i giovani. Un rapporto dell’OCSE sull’occupazione sottolinea che, assieme a quello delle donne, il gruppo che risentirà di più della crisi sarà proprio quello dei giovani. Questi hanno infatti lavori meno stabili, e spesso nei settori più colpiti dalla crisi, come ad esempio l’ospitalità. L’OCSE inoltre nota che questi stessi lavori sono a più alto rischio di contagio, rendendo i giovani dei potenziali vettori di diffusione del virus proprio a causa del loro lavoro (non delle loro vacanze). In Italia il fenomeno è ancora più marcato in quanto, non essendo economicamente autonomi, molti giovani vivono con i propri genitori, aumentando il rischio di contagio delle generazioni più anziane. Preoccupandosi dell’incertezza del mercato del lavoro, molti studi, infatti, hanno trovato come elemento più interessante il divario tra reddito e spesa per gruppi di età e classi di reddito, c’è chi, invece, ha sottolineato che avendo lavori meno stabili si sono visti privare di esperienze lavorative e formative, chi ha parlato della maggiore riduzioni dei loro redditi che delle prospettive occupazionali. La popolazione in età compresa tra i 20 e i 29 anni risulta colpita in modo “sproporzionato” dalla crisi mettendo in evidenza come un giovane su sei ha perso il lavoro dall’inizio del mese di Marzo.

Entrare nel merito del discorso di eliminare o compensare le disuguaglianze (cospicue), soprattutto intergenerazionali, e con quali strumenti intervenire dovrebbe essere una priorità e merita risposte, anzi capacità di risposta, oggi più di ieri, concreta da parte di tutti, soprattutto perché l’obbligo di stare a casa, l’instabilità economica e le pressioni familiari hanno una portata che si ripercuote maggiormente sui giovani. Basti pensare a come uscire il meno possibile di casa generi il cosiddetto isolamento sociale, e se questa diventa un’abitudine, può provocare effetti inaspettati e indesiderati, pregiudicando la nostra capacità di cooperazione e la nostra tendenza a socializzare, sarà, così, per molti, imprescindibile chiedere aiuto ad un supporto medico o psicologico sul nostro benessere psico – fisico. L’autoreclusione e il ritiro sociale, hanno effetti negativi anche sulle nostre capacità sociali, mettendo a rischio i rapporti con gli altri e ci impedendoci di godere dei piaceri della vita. Per quanto riguarda le pressioni familiari, ciascuno di noi è stato, ed è ancora chiamato, a cambiare abitudini ed è chiamato a costruire nuove abilità e nuovi automatismi per adattarsi alla mutata situazione sociali, tutti sappiamo che stiamo vivendo un cambiamento che ha frantumato certezze con cui siamo cresciuti e con cui ci siamo confrontati fino ad oggi. Dunque, mentre il divario intergenerazionale si allarga, le fasce più giovani cominciamo a vivere in un clima di incertezza e insicurezza, mai sperimento prima e che sembra si stia aggravando in maniera costante.

Se da un lato è risaputo come ogni teoria sia fortemente condizionata dalle ipotesi sottostanti in merito a persone, cultura e dalla connessione tra individuo, gruppo e ambiente, dall’altro si può affermare che il modello su cui è basato il progresso non sia stato in grado di contrastare la tendenza, anzi probabilmente l’ha anche condizionata, in cui le posizioni economiche e sociali sono risultate fortemente predefinite, occorrerebbe da parte della classe politica rispondere con chiarezza, su ciò che risulti giustificabile o meno, in termini di impegno e risultati, ma anche di mea culpa per le proprie mancanze nel compiere azioni in grado di livellare e favorire la realizzazione , in termini di probabilità da parte dei giovani di esprimere i propri valori e le proprie aspirazioni.

Foto di Xavier Donat da Flickr, CC BY-NC-ND 2.5

Questo articolo è stato pubblicato qui

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