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L’Ucraina e la “storia in pericolo”

Der Mut der Wahrheit (il coraggio della verità) rammentava, nelle sue lezioni, il grande Georg Wilhelm Friedrich Hegel, quasi come monito per quanti si cimentano nel delicato compito di narrare gli eventi storici. 

Di fatto, la frase in questione potrebbe benissimo riassumere nella sua essenza il testo “Ucraina 2022”, il cui sottotitolo “La storia in pericolo appare già emblematico. Testo edito dalla giovane casa editrice “La Vela” di David Nieri, il cui obiettivo dichiarato, con una certa fierezza, è offrire al lettore prospettive e punti di vista alternativi su temi di grande attualità. Trattasi, quindi, di un considerevole, impegnativo e lodevole progetto culturale da tenere in considerazione, dato che l’ampio panorama dell’editoria contemporanea risulta, troppo spesso, inquinato dalle imperanti leggi di mercato, le quali, oltre a determinare perniciosamente “grandi firme”, rispondono significativamente all’edificazione di inarrestabili processi di omologazione culturale. Certamente, per questa piccola e giovane casa editrice vale, essenzialmente, l’esatto contrario, e l’immagine che meglio rende l’idea, stuzzicando l’immaginazione di chi scrive, allora, è quella dell’intrepido Hidalgo Don Quijote della Mancha per nulla disposto ad arrendersi alle “brutture” della realtà.

Tornando al succitato testo, che annovera diversi saggi di importanti intellettuali e accademici quali Luciano Canfora, Franco Cardini, Massimo Cacciari, Diego Fusaro, Eugenio Di Rienzo, ecc., occorre sottolineare che il sottotitolo non solo risulta decisamente appropriato, ma funge, soprattutto, da filo conduttore per la comprensione delle analisi sull’attuale conflitto russo-ucraino, condotte dagli autori. La storia è in pericolo, giacché, in guerra, com’è noto, la prima vittima è la verità; pertanto, occorre razionalità e una buona dose di coraggio per ricostruire gli eventi che hanno determinato un conflitto che è già stato definito “guerra mondiale a pezzi”, e di cui, al momento, purtroppo, non si intravedono possibili soluzioni diplomatiche. Il coraggio, poi, è imprescindibile in un cotesto di guerra, che, in quanto tale, esige immediatamente gli schieramenti dopo aver eretto il classico dualismo (buoni/cattivi) su cui si regge la giustificazione delle armi. Compito dello storico o di chi, con i giusti riferimenti tecnici, si confronta con la storia, dunque, è, in primo luogo, rompere schemi e dualismi – figli della cattiva politica e della retorica bellica –, mettendo da parte ideologie, credenze, pressioni di vario genere e, soprattutto, nocive modalità di pensiero quali, ad esempio, l’orrendo e devastante “politicamente corretto” o l’intramontabile “reductio ad Hitlerum”, e analizzare criticamente gli eventi senza sconti per nessuno. Naturalmente, nel contesto attuale, dominato dall’incessante e massiccia veicolazione di informazioni e messaggi, attraverso i media e la potentissima arma dei social network, l’opera di disinformazione, diseducazione e omologazione diviene il principale ostacolo da superare; un ostacolo quasi insormontabile perché richiede il coraggio di andare contro corrente, risultando perfino sgradevoli ai più.

È in quest’ottica che vanno letti i saggi del testo, ossia un arduo tentativo di restituire la storia alla storia, preservandola da tutti gli elementi “inquinanti” propri di un evidente cotesto di guerra. Il rischio che si corre, diversamente, è quello di una banalizzazione o semplificazione degli eventi cruciali che stiamo vivendo e, conseguentemente, una falsificazione della storia stessa. Di qui il motivo della storia in pericolo. Ragionare ricorrendo a categorie mentali obsolete, magari aggrappandosi tenacemente a vecchie ideologie dure a morire o abbracciando discutibili motivi revanscisti, di certo, non permette la decifrazione di una crisi che affonda le proprie radici molto indietro nel tempo. Il testo, diviso in tre parti (La crisi in corso, Gli antefatti, L’ipocrisia dell’Occidente), perciò, rappresenta un utile strumento per orientarsi, analiticamente, nei giochi geopolitici che progressivamente hanno determinato una profonda frattura tra Occidente e Russia, poi divenuta aperta guerra. Nel saggio “Tre grandi imperi trattino la pace”, il filosofo Massimo Cacciari scrive:

 «La guerra comporta la più tremenda delle decisioni. La neutralità è impossibile, prima ancora che moralmente riprovevole. Ma la decisione, proprio perché tale, implica il massimo di razionalità, non di sentimenti e passioni. E la ragione dovrebbe suggerire la distinzione più precisa tra la politica dell’attuale classe dirigente russa e il destino politico della Russia e del suo popolo».

Dal canto suo il professor Luciano Canfora ribadisce che «È un conflitto tra potenze. È inutile cercare di inchiodare sull’ideologia i buoni e i cattivi, le democrazie e i regimi autocratici… Ciò che sfugge è che il vero conflitto è tra Russia e NATO».

Alla luce degli ultimi eventi (annessione, dopo discutibilissimi referendum “plebiscitari”, delle autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk e delle regioni di Kherson e Zaporizhzhia; danneggiamento ai gasdotti Nord Stream 1 e 2, con conseguenti reciprochi scambi di accuse tra Russia e Stati Uniti; ulteriore richiesta di adesione alla NATO da parte dell’Ucraina; “minacce nucleari” e giubilanti proclamazioni di “nuovi ordini mondiali”; crisi energetica europea, ecc.), è del tutto evidente, per chi scrive, che i diversi saggi presenti nel testo rappresentano un valido punto di riferimento per la ricostruzione dell’intricatissima serie di cause, nonché della pluralità di fattori decisivi, che hanno concorso al corrente disastro, gli esiti del quale risultano, al momento, tanto foschi quanto impronosticabili.

Decisamente appropriato appare il richiamo alla “drôle de guerre” (“una stranezza di guerra”) da parte dello storico Franco Cardini – uno dei curatori del testo, insieme a Fabio Mini e Marina Montesano –, il quale, in apertura del suo intervento, richiama proprio il clima di imperdonabile ingenuità che caratterizzò le riflessioni del mondo accademico occidentale sui primissimi mesi del secondo conflitto mondiale, quando le operazioni belliche erano bloccate in Polonia. Egli, con la consueta spregiudicatezza delle sue idee, afferma che «l’attuale conflitto è un episodio di una fase della “riprogettazione dell’ordine mondiale” avviata con l’inizio dell’amministrazione Biden negli USA…».

A tal proposito, è utile ricordare che molte delle tesi sostenute dai diversi autori hanno scatenato la reazione, troppo spesso scomposta e intenzionalmente semplicistica, di una considerevole parte della stampa italiana, arroccata, purtroppo, in una linea di nuovo e imbarazzante “maccartismo”; è anche il caso di sottolineare opportunamente che le “eretiche” tesi risalgono alla scorsa primavera (il testo è stato pubblicato nel mese maggio) e la loro lettura, adesso, in considerazione dell’“escalation” cui stiamo assistendo, disvela una significativa lungimiranza di fondo, che anima la ricerca di una possibile e credibile soluzione diplomatica di questa “guerra mondiale a pezzi”. Ciò, ovviamente, non significa giustificare la criminosa e scellerata iniziativa intrapresa dal presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, il quale, come qualche suo illustre predecessore, è prossimo all’inappellabile e inclemente giudizio del tribunale della storia; bensì pretendere risposte esaustive, che implichino il riconoscimento delle responsabilità di tutti gli attori dello stato di cose attuali. Non è certamente un mistero che le radici di qualsivoglia guerra, storicamente parlando, sono profonde, si diramano e si allungano, senza che vi sia, per quanti intraprendono la tortuosa strada della ricerca storica, la possibilità di ignorarle per limitarsi agli elementi maggiormente visibili e, dunque, superficiali. Il contenuto del testo risponde, precisamente, a questa esigenza, non ad “altro”.

«Qui gli ostaggi sono la storia e la buona fede di chi la studia. C’è il pericolo che la storia della guerra in Ucraina possa essere ricostruita e appresa basandosi soltanto su una narrazione faziosa, magari a fin di bene, ma non equa, non oggettiva e quindi iniqua, fuorviante e dannosa pe le stesse vittime».  

 Queste parole, per l’appunto, non solo rappresentano perfettamente i fini per i quali è stato concepito questo importante lavoro, ma anche una sorta di avvertimento per consentire al lettore una lettura quasi “filologica”, scevra da pregiudizi, al fine di salvare la storia, nel rispetto dell’hegeliano “Mut der Wahrheit”. E la storia, si sa, non ammette cecità alcuna.

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