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L’Aquila e il ritornello infinito sulla zona franca urbana

Come la figlia della sora Camilla, che tutti la vogliono e nessuno se la piglia, così la zona franca urbana periodicamente ritorna sulle pagine dei giornali e nelle bocche dei politici locali.

Correva l’anno duemilanove, giorno ventidue del mese di aprile, e Gianni Chiodi, presidente della Regione Abruzzo e Commissario Delegato alla Ricostruzione, a pochi giorni dal sisma già esordiva riferendo che nel decreto legge sull'Abruzzo figurava la «zona franca urbana per L'Aquila, un forte incremento delle risorse per gli accordi di programma quadro, superiore anche alle cifre che si leggono sui giornali». Convinto com’era che la zona franca non poteva «essere applicata solo al territorio aquilano» ma a tutto il cratere sismico, ne derivarono vari battibecchi con Giorgio De Matteis, Vicepresidente del consiglio regionale. De Matteis della zona franca per la città dell’Aquila ne ha fatto il proprio cavallo di battaglia, che nel tempo si è però trasformato in un brocco sempre più stanco, ancora incapace di arrivare al traguardo finale tanto agognato.

E di dichiarazioni e promesse sono piene le pagine dei giornali. A settembre 2009 si parlava ufficialmente di “zona franca” in una riunione a Roma, convocata dal Ministero dello Sviluppo economico, presenti i vertici dello stesso Ministero e della Regione Abruzzo, con De Matteis e Chiodi su posizioni ancora distanti.

Stefania Pezzopane dichiarava: «Alla Regione chiediamo un incontro urgente, affinché ci illustri lo stato della trattativa con l'Unione europea per il riconoscimento della zona franca». De Matteis veniva quasi a rinforzo: «La Regione deve battersi con energia e senza esitazioni per ottenere l'autorizzazione dall'Unione europea alla zona franca, individuando le aree da perimetrare con la consapevolezza di fare scelte oculate e non dettate da demagogia o da interessi fuori luogo e fuori tempo»

L’ok della regione: Il 22 settembre 2009 il Consiglio regionale d'Abruzzo approvava all'unanimità un provvedimento che limitava al territorio dell'Aquila le agevolazioni della zona franca. Apprezzamenti trasversali per il risultato. «Grande soddisfazione» per De Matteis, mentre Stefania Pezzopane, ai tempi presidente della Provincia, andava già oltre «Bene la Zona franca urbana per L'Aquila. Ma non fermiamoci qui. Individuata la zona franca 'rossa', ora si dovrà contrassegnare quella 'arancione' negoziandola con l'Unione Europea». «È una grande giornata per la città dell’Aquila» aggiungeva il consigliere del Pdl, Luca Ricciuti, né potevano essere assenti gli immancabili ringraziamenti del sindaco Massimo Cialente. Tutti contenti e soddisfatti, anche se l’unica decisione presa,dopo cinque mesi dal sisma, riguardava la delimitazione del territorio relativa al provvedimento, e senza il parere della Regione Abruzzo il governo era fra l’altro impossibilitato a procedere nei confronti della Comunità europea. Data per certa la zona franca per L’Aquila, si scatenavano le dichiarazioni in favore degli altri comuni del cratere e della provincia. Si pensava già alle elezioni che sarebbero venute di lì a qualche mese.

Il comune dell’Aquila, sempre un passo avanti, a fine ottobre 2009 approvava anche un ordine del giorno per impegnare sindaco e giunta a chiedere almeno 300 milioni di euro, contro i 45 stanziati al momento. In seguito si arriverà ad averne 90 di milioni, tuttora virtuali.

Intanto a Pescara: zitta zitta, quatta quatta, il mese successivo arrivava proprio la zona franca. Per una porzione consistente della città significava defiscalità per le piccole e medie imprese attraverso l'esenzione delle imposte sui redditi per 5 anni, dell'Irap, dell'Ici, ed esonero del versamento dei contributi previdenziali. «Chi impianta una piccola attività produttiva» - indicava la Cna di Pescara -«artigianale, professionale, con domicilio fiscale in una delle 134 vie della città indicate dal decreto, potrà risparmiare un bel pò di soldi in termini di costo del lavoro e imposte».

Ma la zona franca tira sempre, ed è ancora De Matteis, a dicembre 2009, a dichiarare: «Il ministro per lo sviluppo economico, Claudio Scajola ha firmato il documento che conferma la perimetrazione del Comune dell'Aquila per quanto riguarda il riconoscimento della Zona Franca».

A febbraio 2010 sarà Alfredo Castiglione, vice di Chiodi e suo assessore allo Sviluppo economico, pronto a farsi avanti: «La zona franca urbana per L'Aquila terremotata rappresenta una delle priorità per il presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, che nel suo nuovo ruolo di commissario delegato per la ricostruzione post sisma, si è già attivato». C’è da pensare cosa sarebbe successo ad oggi se non fosse stata una delle priorità.

Iniziavano nel frattempo le prime dichiarazioni ottimiste, dietro pressioni e richieste varie, volte al solito a rinviare e tener buoni i buoi prima che scappino.

Sempre a febbraio, Gianni Chiodi è sicuro: «La zona franca per L'Aquila terremotata è più vicina». Tutto ok per perimetrazione e importo, restava soltanto da formalizzare la richiesta al Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), effettuata di lì a un paio di giorni. De Matteis ne sottolineava la tempestività degli interventi «considerando i tempi biblici del nostro ordinamento». Anche Gianni Alemanno, sindaco di Roma, in visita a L’Aquila a fine febbraio indicava come «decisivo che si realizzi a L’Aquila la zona franca in modo che ci sia quella condizione di vantaggio economico che permetta di rendere competitive e non assistenziali le attività economiche»

Strada in discesa quindi, tanto che nel mese di marzo 2010 De Matteis confermava un iter che andava avanti speditamente, soffermandosi su «quanti sembra non faccia piacere che la cosa vada a buon fine». Un ritornello questo che spesso ritornerà nel tempo, come altri.

Sempre ottimista Gianni Chiodi, «la zona franca è tutt'altro che una presa in giro ma un obiettivo al quale tutti insieme abbiamo lavorato per facilitare e sostenere la ripresa economica del territorio… Sollevare dubbi in questo momento» - concludeva - «significa voler svilire il lavoro congiunto di questi mesi con il rischio di strumentalizzazione che di certo non aiutano la causa aquilana».

Ed aveva forse ragione, era un pò presto per sollevare dubbi a meno di un anno dal sisma.

ARRIVA LA CONFERMA DEL CIPE: «L'approvazione dello stanziamento per l'attivazione della zona franca a L'Aquila è la migliore risposta del governo» indicava Gaetano Quagliariello, vicepresidente vicario dei senatori del Pdl, era il mese di maggio 2010. Per MassimoCialente «Un risultato estremamente positivo», ma non convince qualcosa sull’importo e modalità di stanziamento dei 45 milioni. Dello stesso parere Giovanni Lolli, mentre per De Matteis «Quando le cose si seguono con attenzione e serietà si ottengono sempre buoni risultati. Il provvedimento, come anticipato, era stato inserito all'ordine del giorno già da alcune settimane» aggiungeva trionfante «possono quindi stare tranquilli tutti coloro che non credevano o che fino a ieri sottovalutavano la possibilità di raggiungere questo risultato. In ultimo, vale sottolineare che altre zone franche, risalenti al 2007 (Governo Prodi), sono ancora al palo»

La paura fa "novanta": il 6luglio 2010 il Senato ripristinava la zona franca urbana, perché nel frattempo la stessa era stata retrocessa a zona a burocrazia zero. Stanziamento economico che passava da 45 a 90 milioni di euro e «Grande soddisfazione» per Massimo Cialente: «Si vince solo se si è uniti» dichiarava, esaltato dai senatori abruzzesi che per una volta tanto si ritrovavano a votare a favore dell’Abruzzo. Non ci erano tutti abituati, é probabile che alcuni abbiano passato molte notti insonni. Ci mancava solo il brindisi finale con tanto di spumante, con De Matteis che tra l’altro indicava: «Questa misura di sostegno all'economia rappresenta ad oggi l'unica zona franca urbana sostenuta dal Governo italiano». Il voto congiunto fu un evento talmente eccezionale da far dichiarare al senatore Franco Marini (PD) «Per la prima volta da che mi ricordo siamo riusciti noi parlamentari abruzzesi, tutti insieme, e pienamente d'accordo, a ritrovarci su una proposta condivisa. Se i parlamentari abruzzesi, al di là del credo ideologico, dimostrassero sempre questa determinazione e questa compattezza chissà dove potremmo arrivare». Parole rimaste al vento, ad esempio in occasione della votazione relativa al processo breve.

A settembre 2010, di nuovo un Giorgio De Matteis in playback dichiarava«il decreto attuativo per la zona franca all'Aquila è in fase di redazione ed è l'unica rimasta in Italia, dopo che tutte le altre aree individuate dal governo Prodi sono state trasformate in zone a burocrazia zero».

Arriva l'ok della corte dei conti: la conferma il 15 novembre 2010 da Gianni Chiodi: «Il Ministero sta già lavorando sulla verifica delle modalità applicative che verosimilmente si concluderà la settimana prossima». Facile immaginare i toni trionfalistici delle dichiarazioni che ne seguirono. Il mese successivo sarà ancora De Matteis a scagliarsi contro i “buontemponi”: «Su argomenti come la zona franca si tende a fare polemica, quasi come se qualcuno abbia piacere che questo risultato non si concretizzi o ci siano dei problemi».

Cosa c'entra l'Unione Europea: la zona franca richiede l’approvazione a Bruxelles, in quanto non sono ammessi aiuti di stato che possano compromettere il regime di concorrenza. Dopo “appena” 21 mesi dal sisma, a gennaio 2011, è inviata notifica all’Europa della norma riguardante la zona franca, ed a febbraio sarà ancora un Gianni Chiodi ottimista a rassicurare: «Posso anticipare che l’Unione Europea, in via assolutamente informale, non darà nessun tipo di valutazione negativa, peròl’iter istruttorio deve essere fatto e l’Unione europea deve darci la risposta».

Due anni dopo (dal sisma): mentre qualcuno inizia a chiedersi se sia il caso di contattare Federica Sciarelli per una puntata su “Chi l'ha visto”, un Massimo Cialente ironico ricorda su Radio 24 che anche se viene promessa a Lampedusa, «la signora Franca l'abbiamo invitata prima noi a cena».

Da lì a poco toccherà al ministro per lo Sviluppo Economico, Paolo Romani scendere in campo: «la procedura non si è conclusa, l’Ue ha chiesto più informazioni e noi abbiamo risposto subito», aggiungendo per quei pochi che ancora non lo sapessero che «Quella dell’Aquila è l’unica zona franca urbana, le altre si stanno trasformando in zone a burocrazia zero». Mentre De Matteis è ormai più che sicuro, dichiarando: «Il ministero dello sviluppo economico ha trasmesso alla Commissione Europea le proprie delucidazioni il 19 aprile. Il 3 maggio e’ prevista la scadenza per la trasmissione dei documenti aggiuntivi, che verranno inviati anche dal ministero del welfare e dal ministero dell'economia. A quel punto, per l'approvazione definitiva da parte della Commissione Europea, il tempo previsto e’ ne’ piu’ ne’ meno di 40/50 giorni.Bene ha fatto ieri il ministro Romani a chiarire che quella aquilana e’ l'ultima zona franca rimasta in Italia. Ci siamo. Mi dispiace per chi non ci ha creduto».

Lampedusa toglie il primato: quella aquilana non è più l’ultima zona franca “virtuale” rimasta in Italia. Il 24 maggio 2011, il Sen. Giacomo Santini annuncia che la Commissione per l'emigrazione del Consiglio d'Europa appoggerà la richiesta per concedere a Lampedusa lo statuto di zona franca: «È evidente che l'emergenza per i lampedusani continuera' per parecchi anni anche quando saranno finiti gli sbarchi. Ecco perche' bisogna fare qualcosa - e subito - per la popolazione che tra poco non avra' piu’ risorse per fronteggiare la situazione». I primi di luglio arriverà la conferma che il decreto della manovra dichiara Lampedusa zona franca urbana.

Intanto a L'Aquila si rischia la beffa

 5 luglio 2011: su delega del governatore Gianni Chiodi, nel Question time del consiglio regionale Giorgio De Matteis risponde all'interrogazione del consigliere PD, Giuseppe Di Pangrazio, ricordando (nel caso qualcuno l’avesse dimenticato) che «l'unica zona franca urbana rimasta in Italia è quella dell'Aquila. Le altre - pendenti dal 2007 e individuate da Prodi - sono state trasformate in zona a burocrazia zero. Così come richiesto da Bruxelles» assicurava «forniremo entro il 14 luglio gli ultimi dati. In particolare, gli indicatori socio-economici della città dell'Aquila, necessari per la definitiva approvazione».

7 luglio 2011: interviene nel dibattito Gianfranco Miccichè, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio: «La zona franca è già stata deliberata e per quanto ci riguarda il problema è già stato risolto: ci sono dei rallentamenti perche' l'Europa, che non so più quanto sia per l'Italia una palla al piede, più che qualcosa di positivo, continua a chiedere chiarimenti».

11 luglio 2011: nella stessa giornata arrivano dichiarazioni contraddittorie di Gianni Chiodi. Da un lato rassicura che «il Governo sta predisponendo le risposte alle osservazioni formulate dalla UE, la quale ha già espresso complessivamente parere favorevole. Quindi, a breve potrà essere uno strumento operativo». Ma anche che «l'Europa potrebbe bocciare la richiesta della Zona franca urbana per L'Aquila, perché gli standard economici del post sisma non sono ritenuti dalla Commissione così gravi da giustificare un tale provvedimento». Un paio di giorni dopo Chiodi correggerà di nuovo il tiro, ritornando il solito ottimista. I repentini cambiamenti di posizione dimostrano però quanto incerto sia il futuro della zona franca, e che non c’è niente di scontato nella posizione europea, anche sfruttando la norma che consentirebbe la creazione della zfu a seguito di un disastro naturale. Anzi, sembrerebbe bastare il veto di uno dei paesi in cui le condizioni di vita siano peggiori rispetto a L’Aquila per bloccare il tutto.

E siamo a oggi: è stata inviata all’Unione Europea una relazione economica elaborata dal Cresa (Centro Regionale di Studi e Ricerche Economico Sociali istituito dalle Camere di Commercio d'Abruzzo), che evidenzia i danni economici, urbanistici e sociali dovuti al sisma del 6 aprile 2009. Non resta che attendere una risposta, che ci auguriamo arrivi in tempi brevi. Comunque vada a finire, la classe politica è riuscita a scrivere un romanzo degno di Agatha Christie, da leggere fino all’ultima pagina per scoprirne il finale, ma che coinvolge ed appassiona ben poco chi nel frattempo stia leggendo altri libri simili.

E di “libri” ne siamo pieni: dallo smaltimento delle macerie alla ricostruzione della città, dall’emergenza abitativa e sociale a un piano di protezione civile che sia veramente tale.

Tante buone letture, che sarebbe il caso di leggere o su cui riflettere con calma sotto l’ombrellone, in spiaggia come in montagna. Chissà, potrebbero magari tornare utili per tentare di avviare quel ricambio purificatorio di cui ci sarebbe tanto bisogno.

A cominciare magari dalle prossime elezioni comunali, che già scalpitano alla porta.

PATRIZIO TRAPASSO

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