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Il significato di un conclave

Ovviamente sappiamo ancora poco dell’andamento del Conclave nelle sue cinque votazioni; qualcosa filtra sempre e, prima o poi, sapremo per grandi linee come è andata, ma non è detto che il quadro sarà nitido prima di qualche settimana o mese. Al momento in cui scriviamo, ci sono solo alcune indiscrezioni che accogliamo con l’inevitabile beneficio di inventario.

Ma ripercorriamo le giornate immediatamente precedenti il conclave; stando alle indiscrezioni della stampa, nei primissimi giorni di marzo, durante le “congregazioni” (le assise semi formali dei cardinali che precedono il conclave) si sarebbero formati due schieramenti intorno a due candidature “pesanti”: quella del cardinale brasiliano Pedro Scherer, sostenuto dal partito “curiale” di Bertone e quella contrapposta di Angelo Scola. appoggiato da un partito “anticuriale”.

Come candidati di “riserva” o di mediazione ci sarebbero stati gli americani O'Malley e Dolan, l’ungherese Erdo, o il franco-Canadese Ouellet. Solo negli ultimissimi giorni (diremmo nelle ultimissime ore) prima dell’inizio del conclave, si sarebbe aggiunto il nome dell’argentino Bergoglio che i bookmaker davano 1 a 41, dunque, fra i meno probabili.

Già dalle dimissioni di Ratzinger si era capito che la linea di frattura principale sarebbe stata quella fra i “curiali” (il “partito romano”) e i “pastori” (i cardinali che risiedono nelle diocesi di appartenenza). Ai “curiali” si stimava che si sarebbero aggiunti gran parte degli italiani, da sempre reparto di complemento della Curia.

Le congregazioni della prima settimana di marzo confermarono ad abbundantiam questa analisi: molti degli intervenuti misero sul banco degli accusati il segretario di Stato Tarcisio Bertone e qualcuno giunse ad accusarlo di essersi messo “al di sopra del Papa”, mentre altri lo accusavano per l’ininterrotta serie di insuccessi diplomatici della Santa sede.

Tutta la Curia era fortemente delegittimata per la valanga di scandali (Ior, copertura ai preti pedofili, Vatileaks) ma soprattutto per lo spettacolo ormai di pubblico dominio delle risse fra cardinali. Era evidente a tutti che Ratzinger era stato un Papa che la Curia aveva finito per soverchiare e le sue dimissioni ne erano la certificazione. Nelle ultime ore, Scola era dato in netto vantaggio e gli si accreditava una cinquantina di voti sin dal primo scrutinio (pochi meno di quelli che prese Ratzinger nella prima votazione). E gli osservatori erano concordi nel sostenere che, se il Conclave fosse stato breve, risolvendosi già al secondo giorno, il papa sarebbe stato certamente lui. Lo conferma l’incresciosissima gaffe della Cei che, all’annuncio della fumata bianca, ma prima ancora che il cardinale protodiacono si affacciasse alla loggia per dire il nome dell’eletto, si compiaceva dell’elezione di Scola.

Su quel che poi è effettivamente accaduto nella cappella Sistina, abbiamo solo un resoconto del Sole 24 ore così riassumibile: la sua candidatura sarebbe stata preparata in modo coperto ed il suo nome avrebbe iniziato a circolare solo con il suo intervento nella congregazione generale di giovedì 7 marzo, ma fra pochi e selezionati king maker. Sempre secondo l’articolista, l’ispiratore sarebbe stato Sodano, già con la sua omelia nella messa pro eligendo pontifice. Poi, già nella prima votazione sarebbe spuntato un primo pacchetto di voti per Bergoglio (sembra votato dai pochissimi cardinali progressisti europei, qualche latino americano e qualche altro), mentre i candidati più votati sarebbero stati Scola, Ouellet, Erdo e (forse, dice l’articolista) Scherer.

Già dalla seconda votazione, al mattino successivo, i voti per Bergoglio sarebbero iniziati a crescere gradualmente ma sistematicamente. La svolta sarebbe arrivata a pranzo del secondo giorno, fra la terza e la quarta votazione che avrebbe segnato la confluenza del “grande centro ratzingeriano” dei sostenitori di Ouellet. A guidare la confluenza sarebbe stato il cardinale Fernando Filoni (il responsabile della commissione di Propaganda Fide) che alcuni indicano come il Segretario di Stato in pectore, cui si sarebbe unito uni dei più duri accusatori di Bertone, il cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz. A quel punto avrebbero assicurato il loro appoggio anche gli americani Dolan e O’Malley ed era la vittoria.

Non sappiamo quanto questo racconto sia vero e su quali indiscrezioni sia stato costruito, ma appare verosimile. Comunque siano andate le cose possiamo ricavare alcune deduzioni. In primo luogo questa è stata una sconfitta frontale del partito romano e dei suoi alleati italiani. E’ possibile che nell’ultima votazione i curiali siano confluiti su Bergoglio che, a quel punto, ce la avrebbe fatta comunque, per evitare una sconfitta anche maggiore, ma è evidente che non è riuscito a mettere insieme i 40 voti che avrebbero creato lo stallo e spinto ad una mediazione. Ed è difficile pensare che la mediazione rispetto a Scola possa essere stato Bergoglio che, semmai, interpreta semmai un ruolo ancora più di punta nei confronti della Curia.

D’altro canto, se i “romani” avessero avuto un pacchetto di 40 voti, probabilmente avremmo assistito ad uno stallo che avrebbe protratto il conclave di qualche giorno. Dunque, sconfitta piena dei curiali che momentaneamente si arroccano nelle posizioni detenute.

In secondo luogo: la rapidità con cui Bergoglio si è affermato fa pensare che la sua candidatura non sia stata costruita nel conclave come mediazione in una situazione di stallo, ma che la sua preparazione sia partita in modo “coperto” già nella settimana precedente, avendo cura che il suo nome non uscisse per non bruciarlo. Sembra (ma ammettiamo che si tratta di una illazione) che Scola sia stato usato come candidato di copertura da mandare contro Scherer (non sappiamo quanto consapevolmente da parte sua), per poi essere ritirato al momento opportuno per mettere in pista Bergoglio contro un candidato curiale già logorato. Dunque una sorta di “mediazione prefabbricata”.

A facilitare questo gioco hanno concorso l’effetto sorpresa (confermato anche dalla gaffe della Cei) e la consapevolezza dei cardinali di non potersi concedere il lusso di un Conclave lungo che avrebbe con fermato l’immagine di un sacro collegio dilaniato dal conflitto interno. Di qui la necessità di convergere su un nome, già dalla fine del secondo giorno. Ed a quel punto, chi aveva preparato il “nome di convergenza” si è presentato a “riscuotere”.

I curiali sono stati sconfitti, ma lo scontro interno alla Chiesa non è finito. La coalizione vincente non è omogenea, ed ora occorre riformare la Curia e risolvere il nodo Ior, operazioni tutt’altro che semplici ed indolori.

 

 

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