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 Home page > Tribuna Libera > Il Jobs Act è preistoria, oggi si lavora freelance

Il Jobs Act è preistoria, oggi si lavora freelance

C’è chi perde tempo a discutere del tempo indeterminato, dell’articolo 18, della precarietà e, per ultimo, del Jobs Act. 

Che ci sia la crisi è un dato certo, che ci siano giovani che faticano a trovare lavoro è inutile negarlo. Serve lavoro, senza di esso i consumi si riducono drasticamente, circola meno denaro e, in men che non si dica, la recessione diventa irreversibile.

Mentre la politica litiga sul Jobs Act, sulla riforma del lavoro, sull’economia e su tutto quello che fa questo e quello, nel frattempo il mondo cambia, viaggia su altre dimensioni e, quando meno te lo aspetti, costruisce nuovi modi di creare lavoro. Il lavoro del futuro non si chiama Jobs Act, esso è già superato fin dal principio e non garantirà i risultati che sono stati annunciati con così tanta enfasi dagli esponenti del Governo.

Il futuro del lavoro si chiama freelance che, tra le altre cose, è un sistema utilizzato da tempo immemore nel giornalismo.

Forse sono in pochi a essersene accorti ma, allo stato attuale, i lavoratori freelance sono oltre quindici milioni negli Usa, 1,3 in Italia. Vi sono piattaforme online che offrono lavoro a milioni di persone e ogni giorno il dato cresce a dismisura. Sono i vari oDeskElance (tra l’altro, questa piattaforma l’ha creata un italiano), oppure MboPartners, etc. Gli ideatori di queste piattaforme online hanno capito in anticipo che il lavoro si sta via via modificando radicalmente e che non potrà più tornare stabile e duraturo come prima di questa crisi globalizzata.

Il posto fisso rimane quindi un bell’obiettivo per chi lo cerca, un diritto per chi ce l’ha e un dramma per chi non riesce a trovarlo. Di contro, assumere una persona a tempo indeterminato è sempre più costoso per un’azienda e, cosa non meno importante, è pure impegnativo. Invece, assumere un talento nel momento in cui se ne ha bisogno costa decisamente meno, anzi anche la qualità del lavoro offerta potrebbe essere la migliore che si trova sul “mercato”.

Il principio è di una semplicità stratosferica: il richiedente offre lavoro, il freelancer si propone in una sorta di “asta” al miglior parametro di qualità/prezzo. Una sorta di “on-demand” con cervelli e capacità “à la carte”.

Tanto per dare i numeri, nel 2014 solo oDesk ed Elance hanno creato lavoro per oltre due miliardi di dollari e nel 2016, secondo i consulenti della Staffing Industry Analysis, potrebbe raddoppiare fino ad arrivare ai cinque miliardi di dollari nel 2018.

E il sistema non è una novità, a parte i giornalisti Freelance italiani: questi soggetti si propongono con competenze di alto profilo professionale. I lavori più richiesti sono le traduzioni, ma non sono da meno le attività più disparate, quale il project management o il copywriting, solo per fare un paio di esempi. Eppure non mancano nemmeno i lavori più semplici, quelli cosiddetti manuali, come fare la spesa, portare abiti in lavanderia, montare i mobili, effettuare traslochi, etc.

Non ci credete?

Date un’occhiata al sito Taskrabbit.

Tempo indeterminato? Non esiste.

Salario minimo garantito? Non esiste.

Diritti sindacali? Non esistono.

Malattia? Non esiste.

Ferie e permessi? Non esistono.

Pensione? Non esiste.

Statuto dei lavoratori? Non esiste.

Ma allora dove sta la convenienza?

Se non trovi lavoro, questo sistema è ottimale e, sempre se sei bravo, puoi lavorare a tempo pieno e guadagnare più di un classico stipendio contrattuale. In pratica, lavori se ti proponi al miglior costo/qualità.

Ma, sappilo… non è detto che ti riprendano. Al Freelancer non viene applicato nessun codice disciplinare, però dovrà stare attento ai feedback negativi, perché il sistema potrebbe togliergli l’accesso alla piattaforma per sempre e tutti vedranno che sei uno “bannato” a vita.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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