Freakonomics. Il genio “incompreso” della "pop economy"

“Freakonomics. La verità svelata dai numeri” è un libro di economia completamente al di fuori degli schemi che svela i lati nascosti di alcune attività umane (Levitt e Dubner, Sperling, 2010).
I risultati delle ricerche sul campo di Steven Levitt e il suo “metodo adisciplinare” condito da un linguaggio politicamente scorretto hanno stravolto tutte le regole accademiche. Questo economista atipico è però molto corretto e “presenta sempre diverse interpretazioni dello stesso fenomeno. Le passa in rassegna tutte prima di proporre la sua. Ha l’onestà intellettuale di riconoscere in che misura i suoi risultati segnalano, per esempio, una correlazione, una semplice associazione fra due fenomeni, anziché una relazione di causa-effetto… Spesso dobbiamo limitarci a constatare che A e B vanno a braccetto, senza poter andare al di là di congetture sul perché avvenga. È forse A ha causare B, ma potrebbe anche essere il contrario. Oppure ci potrebbe essere un altro fattore, C, che causa sia A che B portandoci a osservare una correlazione fra i due fenomeni” (Tito Boeri).
Del resto Levitt si è limitato ad esaminare lo scopo principale della più arida delle scienze: “spiegare in che modo l’essere umano si procura ciò che gli serve”. Per questo motivo la sua attenzione si è focalizzata spesso sulle truffe, sui crimini, sulla corruzione e sulle attività ai limiti della legalità. E siccome pure io sono uno studioso dei comportamenti truffaldini, vi segnalo un film del 1987 diretto in modo magistrale dal regista David Mamet: “La casa dei giochi” (l’attore principale è Joe Mantegna). Dunque è molto meglio per tutti noi rammentare che dopotutto “fare i furbi è un comportamento ricorrente in quasi ogni azione umana, perché risponde a un principio economico fondamentale: ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo” (p. 8).
Gli esseri umani, i grandi imprenditori e i politici vivono in un mondo pieno di tentazioni e Berlusconi è il "campione" moderno dell’arte umana della truffa. Così possiamo affermare che “la morale rappresenta il modo in cui si vorrebbe vedere girare il mondo, mentre l’economia rappresenta il modo in cui gira davvero”. Dopotutto l’economia “è la scienza degli incentivi: studia il modo in cui gli esseri umani si procurano ciò che serve a soddisfare i loro desideri, specie quando entrano in concorrenza con i desideri di qualcun altro”.
Comunque le ricerche microeconomiche di Levitt si sono ispirate gli studi dell’americano Gary Becker (Premio Nobel per l’economia nel 1992), e le sue analisi sono basate su alcuni assiomi:
1) Gli incentivi sono la pietra angolare della vita moderna.
2) La maggior parte della saggezza convenzionale è fatta di pregiudizi.
3) Molti effetti spettacolari hanno cause e concause indirette e lontane nel tempo.
4) Quasi tutti gli esperti perseguono prima il proprio interesse, poi quello del cliente.
5) Porsi le giuste domande e sapere cosa misurare, e come, rende il mondo meno complesso.
Questa lettura risulta quindi estremamente interessante. Si può scoprire che non sempre i soldi fanno la differenza in politica, che la rivoluzione in Romania è stata scatenata dalla protesta degli adolescenti (dai 13 ai 20 anni), che gli insegnanti possono alterare a loro vantaggio i risultati d’esame dei propri studenti, che “imbrogliare per perdere è il peccato mortale dello sport”, che per i bambini in America le piscine sono più pericolose delle pistole, che Internet ha ridotto in ogni campo le asimmetrie informative tra clienti e professionisti, tra cittadini e amministratori; che lo spaccio di droga può essere un’attività molto pericolosa e poco redditizia (a Chicago uno spacciatore poteva avere una possibilità su quattro di morire guadagnando 3,5 dollari l’ora); che la legalizzazione dell’aborto ha ridotti i tassi di criminalità nelle aree depresse, che i siti di incontri a pagamento sono molto redditizi e che gli internauti sono molto prevedibili (le donne preferiscono gli uomini facoltosi e gli uomini le donne attraenti).
Inoltre c’è segnalare la ciliegina sulla torta dello studio sulla criminalità dai colletti bianchi: “più si sale il grado gerarchico, più crescono anche i furti”. Secondo Paul Feldman i dirigenti tendono a fare i furbi per un eccessivo senso del comandare, ma secondo Levitt è più probabile che un impiegato riesca a diventare dirigente grazie al fatto di essere molto bravo a fare il furbo in un mondo capitalista dove il primo comandamento stabilisce che ”Il profitto viene prima di tutto”.
Perciò questo economista americano anticonformista si è rivelato un osservatore imparziale e originale che relativizza i dati calcolando l’incalcolabile. E i suoi studi ci confermano che per i comportamenti umani scorretti la luce del sole è il disinfettante migliore (Louis D. Brandeis, giudice della Corte suprema degli Stati Uniti). Purtroppo l’obiettività è un animale sociale molto raro, poiché “Si tende ad associare la verità alla convenienza, ossia con quanto non disturba il proprio interesse, il proprio benessere o il proprio comodo. Viene inoltre tenuto in grande considerazione tutto ciò che contribuisce all’autostima. I comportamenti economici e sociali sono complessi e comprenderne la natura è mentalmente estenuante. Ecco Perché restiamo abbarbicati alle idee che meno rimettono in discussione le nostre convinzioni” (John Kenneth Galbraith).
Infine, ricordiamoci che “il mondo è un organismo attivo, che respira e cambia; un libro invece no”. Però questo libro è molto stimolante poiché è “fatto di idee in movimento” e “Poterle espandere, rifinire e rimettere in discussione in un mondo che cambia continuamente è una vera e propria droga” (Levitt e Dubner).
Per approfondire le numerose tematiche: http://pricetheory.uchicago.edu/levitt/LevittCV.html; http://www.freakonomics.com/blog/, http://freakonomicsbook.com. Invece per indagare l’avvincente scienza della truffa c’è il recente saggio “Fraudologia” (Scuola di Palo Alto, 2010).
Steven D. Levitt insegna economia all’Università di Chicago. È stato insignito del John Bates Clark Medal, premio assegnato al miglior economista degli Stati Uniti sotto i quarant’anni. Nel 2010 ha pubblicato “Superfreakonomics” (www.sperling.it).
Stephen J. Dubner collabora con il New York Times e il New Yorker.
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