Difesa e sviluppo, per Rheinmetall “il sistema Paese è la più bella opportunità dell’Italia”
La filiale italiana di Rheinmetall, importante azienda tedesca attiva nella Difesa, è di importanza strategica. Oggi l’Osservatorio dialoga con Alessandro Ercolani, Ceo di Rheinmetall Italy, sui temi che uniscono difesa e sviluppo in chiave europea avendo il sistema-Paese al centro.
Rheinmetall è un’azienda che ha un importantissimo footprint in Italia per quanto riguarda la produzione di munizionamento. Partiamo dunque da quello che è il “bread and butter” della vostra realtà nel nostro paese: il conflitto in Ucraina ha fatto emergere criticità nell’approvvigionamento occidentale di munizioni. L’Italia è pronta, quanto a capacità produttive, per affrontare queste criticità?
“Quando parliamo di Rheinmetall, parliamo di una realtà con una grande footprint industriale nel nostro paese – 6 stabilimenti e circa 2000 dipendenti – ed in crescita nel mondo. In Italia siamo attivi non solo nella difesa ma anche nell’automotive. A dicembre siamo stati premiati come azienda che a livello globale ha guadagnato di più in borsa. La spinta sul mondo difesa è grande, molti paesi annunciano investimenti importanti e la prospettiva di fiducia nel mondo della difesa da parte degli investitori c’è senza dubbio. Non è cresciuto solo il valore delle nostre azioni, ma anche il loro volume di scambio: molte persone che non avevano mai scommesso sulla difesa si sono avvicinate al comparto ed hanno scelto noi. Le nostre politiche italiane sono un driver di crescita per tutto il gruppo (parliamo di 500 milioni di Euro di investimenti offerti nella Penisola come investimento solo l’anno scorso). Scendendo nel dettaglio del mercato del munizionamento, parliamo di un settore da 3 o 4 anni oggetto di importanti operazioni di M&A. Fiocchi è stata venduta dal fondo Charme di Montezemolo a un gruppo Ceco, CSG. Beretta nel ‘22 ha acquisito gli svizzeri di Ruag. Simmel di Colleferro è stata comprata tre anni fa da Nexter. Rheinmetall stessa ha comprato l’anno scorso la spagnola Expal per 1,2 miliardi di Euro. Il mondo munizioni si stava già muovendo: chi sa leggere le dinamiche operative intuisce che quando c’è un conflitto è la prima risorsa materiale a subire attrito. Gli studiosi lo chiamano “isteria delle economie di guerra”: alta domanda, e problemi di quantità e qualità sulla filiera: la somma dei 4 M&A va oltre i 2 miliardi di euro di controvalore, in un settore difesa nel quale i delivery time complessivi vanno dai 24 ai 54 mesi dalla firma di un contratto alla consegna del sistema (24/36 per un sistema antiaereo, 35 per un aeromobile, 54 per un sottomarino). Oggi sono richiesti dal mercato 12 mesi di delivery time (e col problema delle materie prime sullo sfondo, legato anche alle tematiche del friendshoring)! Gli USA hanno messo 5 miliardi governativi per la sola espansione delle linee produttive: in Europa non si vede un simile livello di coordinamento. In Italia ci stiamo riuscendo a muovere con flessibilità (siamo il popolo che si esalta nelle emergenze!) e il problema della pressione su filiera è meno accentuato che in Germania o altri paesi. Non siamo certo pronti ad un’economia di guerra, ma siamo pronti a supportare livelli superiori di domanda e di criticità: L’Italia è l’unica nazione in Europa ad avere una filiera completa in tutti e tre i domini bellici di mare, terra e cielo/spazio, insieme alla Francia col solo punto di forza maggiore del nucleare”.
Sempre restando all’Italia: il nome di Rheinmetall è stato al centro di numerosi rumors relativi ad un ingresso nella compagine azionaria di OTO Melara. Nei limiti di quanto può dirci e della comprensibile riservatezza, a che punto è il dialogo?
“È notizia pubblica che a novembre scorso abbiamo rinnovato l’interesse verso OTO Melara al nuovo governo. Quali sono gli snodi? Un’offerta del genere ha bisogno di stabilità di governo e stabilità industriale. Tra qualche mese le conferme nelle nomine di stato aggiungeranno stabilità al comparto industriale per raggiungere una situazione in cui è possibile prendere una decisione di politica nazionale e industriale. Infatti qui si sta definendo il ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo per quanto riguarda la creazione di un polo terrestre e di equilibri industriali con Germania e Francia. Come ci posizioneremo sul carro europeo? Sull’esercito europeo? Sull’aeronautica i partner sono anglosassoni, sulla marina la Francia, ma siamo senza partner sui sistemi terrestri: un paese partner servirà e la Germania potrebbe essere la soluzione strategica più vicina alle nostre esigenze di breve e lungo termine”.
Rheinmetall è un nome-simbolo della tradizione della tecnologia militare tedesca. Quali sono i rapporti, le sinergie – e le rivalità! – con l’altro grande nome del land system germanico, KMW? A che punto sono i progetti franco-tedeschi per il futuro tank europeo?
“Con KMW si compete e si coopera. Tutti i prodotti tedeschi sono ripartiti 50-50 tra le due storiche aziende, e così il futuro carro franco tedesco ci vedrà coinvolti. Si coopera e si compete così come nei rapporti franco tedeschi. Francia e Germania devono ancora trovare un piano di equilibrio tra i diversi programmi in comune, e nei recenti annunci, i piani di sviluppo capacitivo tedesco guardano ad alcune soluzioni USA, come gli F-35”.
Mentre il vostro carro Panther II è stato presentato, almeno come concetto…
“Il nuovo Panther è un nuovo prodotto che colma un vuoto di mercato. Non è un antagonista del carro franco tedesco ma permette di costruire una offerta immediata per una richiesta del mercato. Dobbiamo pensare a soluzioni tecnologiche che rispondano anche alle esigenze operative immediate per supportare soluzioni che invece guardano al 2035-2040 come il carro MBT franco-tedesco”.
Allarghiamo la focale e parliamo di Europa: quali prospettive ci sono per maggiori sinergie e integrazioni tra le aziende del Vecchio Continente? I progetti comuni a più paesi – dal Tornado, al SAMP/T – sono casi di successo innegabili, ma sembrano ogni volta difficili da replicare per le altrettanto innegabili rivalità tra paesi ed aziende. Quali prospettive individua?
“Per guardare alla Difesa, bisogna immaginare il mondo automotive ma traslato nel tempo. Il mondo automotive si sta aggregando: gli investimenti produttivi e tecnologici necessari rendono impossibile agire da soli. Il mondo aerospazio difesa arriva di solito 10/15 anni dopo. Per ridisegnare le filiere e vincere le sfide tecnologiche ESG servono investimenti letteralmente epocali. In Europa in più ci sono norme e regole rigide. Se dovessi scommettere, scommetterei sulle aggregazioni: altrimenti muoiono tutti. Italia e Germania si avvicineranno necessariamente. Guardi i dati delle bilance commerciali. 142 miliardi di interscambio tra Roma e Berlino nel 2021. Guardi cosa c’è dentro in quei 142 miliardi di Euro: import ed export bilanciati! Le filiere italo-tedesche sono già integrate. Questo ha un grande valore industriale. Pensiamo ai player cinesi ed alle loro dimensioni: anche i player europei o saranno grandi o non saranno in grado di competere a livello globale. Una sola delle prime 5 grandi aziende cinesi della difesa, coi suoi 200.000 dipendenti, cuba quanto tutto il comparto italiano solo in termini occupazionali”.
Andiamo oltre l’Europa. Quali prospettive individua per l’export della difesa europeo fuori dal continente? Come sta cambiando i giochi il conflitto ucraino? Nei prossimi anni ci sarà un ritorno alla quantità, per affrontare conflitti convenzionali ad alto attrito, o il mercato mondiale della difesa si orienterà su sistemi d’arma a sempre più alta tecnologia (e forse a sempre più alto costo)?
“Ci sarà probabilmente un vuoto mondiale da parte dell’offerta russa: questa è un’opportunità. Nonostante la Cina e la Turchia siano già leader in termini di prezzo ed abbiano comodi accessi a materie prime con un costo del lavoro più basso rispetto a quello occidentale, l’Europa mantiene ancora una competenza tecnologica molto alta. Quindi, gli spazi per l’Europa ci sono. L’attenzione al comparto difesa e sicurezza sta tornando in tutto il mondo e questo rende i paesi disposti a spendere di più. Le richieste di offerte per la sola Rheinmetall sono aumentate del 30%. Chiaro, l’Europa ha bisogno di presentarsi più unita ed aggregata per vincere la competizione e rispondere ad una domanda crescente. Aspettare passivamente però non basta: va cambiato l’approccio al delivery time e vanno offerte partnership tecnologiche. I paesi clienti vogliono creare posti di lavoro in loco e crescere industrialmente. In questo i paesi occidentali con un sistema di esportazione molto normato possono risultare più lenti. Serve un compromesso per renderci maggiormente elastici e flessibili, ma il governo ci sta lavorando per creare la giusta infrastruttura a supporto delle aziende”.
Nel complesso, quale visione strategica vuole trasmetterci?
“Io sono un fan di quello che si chiama “sistema paese”, termine a volte abusato. Invece è la più bella opportunità che ha un paese come l’Italia, con una forte vocazione all’export e con la nostra filiera aerospazio e difesa che conta 165.000 addetti tra diretti e indiretti, con un sistema strategico serio dietro potremmo costruire un enorme volano di crescita”.
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