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Coltivare una pianta di marijuana non è reato

Una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che detenere una pianta di canapa non costituisce di per sé attività penalmente rilevante. Quindi come avvenuto per molti punti della legge 40 - quella “contro” la fecondazione assistita - anche la Fini-Giovanardi sulle droghe inizia a scricchiolare sotto i colpi delle sentenze. Nel frattempo a Montecitorio, sono state seminate tre piante di canapa, nell’ambito della battaglia, condotta soprattutto dai Radicali, per la cannabis terapeutica e per la libera coltivazione domestica. La pena per la coltivazione di canapa, in Italia, infatti, è compresa tra i 6 e i 20 anni, ridotta da 1 a 6, se viene riconosciuta la lieve entità. A farlo è stata Rita Bernardini, deputata radicale.

La sentenza della Corte di Cassazione è stata così commentata da Fabrizio Ferrante in un articolo pubblicato sul sito dell’associazione Luca Coscioni www.lucacoscioni.it:

“Una buona notizia per il fronte antiproibizionista, senza dubbio, per quanto non vada sottovalutato un aspetto avvilente.

In questo paese le sentenze non hanno forza giuridica e dunque, pur essendosi creato un precedente sempre rievocabile in procedimenti analoghi in futuro, resta necessario un intervento del legislatore affinché la normativa si adegui alla giurisprudenza.

In un Parlamento dove prevale, nonostante tutto, la linea proibizionista - a eccezione dei Radicali e di poche menti libere tra destra e sinistra - lo spazio per sperare in una revisione della legge su basi scientifiche, sociali e giurisprudenziali, sembra ridursi drasticamente…

La portata della sentenza è di carattere storico e grazie a essa potrebbe incentivarsi una pratica, come la coltivazione, che se legalizzata avrebbe come primo risultato la sottrazione di clienti - e di capitali - che ogni giorno si rivolgono al narcotraffico.

La palla passa ora al Parlamento dei nominati, ultima roccaforte dei tanti “Giovanardi” di destra e di sinistra e c'è da essere sicuri che la partita è lungi dall'essere chiusa ma, per lo meno, grazie alla Cassazione un goal è stato messo a segno.

Ma la rimonta è ancora lunga”.

In un’altra nota, sempre pubblicata su www.lucacoscioni.it, si descrive quanto avvenuto alla Camera:

“L'azione nonviolenta è stata compiuta in prima persona da Rita Bernardini, già processata per altri atti di disobbedienza civile, in difesa di almeno tre diritti: il diritto dei malati a avere accesso ai farmaci, con una richiesta di intervento al Governo per facilitare tale accesso, il diritto dei malati e dei cittadini alla libertà di cura, terapia e prevenzione, il diritto dei cittadini ai liberi comportamenti privati, quali il coltivare nel proprio giardino qualsivoglia pianta e farne privatamente l'uso che meglio credono, in totale assenza di vittime; su questo in Parlamento è depositata una proposta di legge che depenalizza la coltivazione domestica di canapa, sostenuta anche da una campagna di Radicali Italiani. Perchè un malato, in primo luogo, è un cittadino”.

I promotori dell’iniziativa, oltre ai Radicali alcuni rappresentanti dell’associazione Luca Coscioni, hanno dichiarato che l’azione compiuta da Rita Bernardini è finalizzata a chiedere al Parlamento di affrontare il problema della legalizzazione ad uso terapeutico dei derivati della cannabis, regolamentando la materia in modo da poter soddisfare le necessità dei pazienti in un contesto di legalità e sicurezza, senza arroccarsi in sterili contrapposizioni.

Infatti in Italia il cammino dei malati affetti da patologie che possono essere curate con la cannabis è un percorso ad ostacoli che a volte diviene un vero calvario che talvolta induce a sanzionare con la prigione comportamenti sicuramente incolpevoli.

Solo la regione Toscana, la Provincia di Bolzano, alcune Asl consentono ai malati - spesso solo teoricamente - di accedere a farmaci a base di cannabinoidi.

La sentenza della Corte di Cassazione e l’azione compiuta da Rita Bernardini sono in parte collegate e io le valuto positivamente entrambe. Sono collegate soprattutto perché potrebbero favorire davvero l’utilizzo della cannabis a fini terapeutici. Questo mi sembra l’obiettivo principale da perseguire, anche se non si deve sottovalutare l’opportunità che, quanto meno per la cannabis, si affermi l’antiproibizionismo.

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