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Chiedi perdono al Papa? Rischi l’incriminazione

Il processo mediatico di questo inizio secolo è alle porte. Tra qualche mese si celebrerà il rito processuale che vedrà coinvolto il signor Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti. Sul sito internet del Vaticano è disponibile il testo dell'atto che ne disporrà il rinvio a giudizio. Ben 33 pagine dove emergono questioni a dir poco interessanti.

Scrivo da laico, e certamente sentir parlare, oggi, di processo in casa del Vaticano, per un fatto che ha riguardato sia la fede, che la chiesa come istituzione, mi lascia a dir poco perplesso. Ma venivamo al dunque del provvedimento come sopra citato. Non mi soffermerò sulle cose note, come la vicenda dell'assegno, del libro dell'Eneide o della pepita presunta d'oro, e delle carte ufficiali sottratte, bensì sulla questione che ha riguardato l'imputabilità di Gabriele, poiché reputato capace di intendere e volere, nella realizzazione di atti, che hanno comportato la violazione di norme del codice penale Zanardelli ancora vigente in Vaticano.
 
Nel procedimento penale presso il tribunale della città del Vaticano nei confronti del signor, sia la requisitoria del promotore di giustizia che la sentenza di rinvio a giudizio, pronunciata dal giudice istruttore, il 13 agosto 2012, dedicano grande spazio alla questione più controversa, Gabriele era capace di intendere e volere?
 
Sono state realizzate ben due perizie mediche, quella d'ufficio e quella di un secondo esperto.
Ovviamente, sia il promotore della giustizia, così viene chiamato il loro Pubblico Ministero, che il Giudice Istruttore, prenderanno per buona quella del primo, il quale sinteticamente risponde ai tre quesiti posti dal magistrato in questo modo:
 
Al 1°: «La condizione personologica riscontrata [nel periziando] non configura un disturbo di
mente tale da abolire la coscienza e la libertà dei propri atti».
 
Al 2°: «In considerazione della pervasività della condizione personologica riscontrata, si ritiene il
periziando ancora socialmente pericoloso, pur se nello specifico ambito dei reati ascrittigli».
 
Al 3°: «Tenuto conto dell’assetto personologico accertato, si considera il periziando
suggestionabile e, quindi, in grado di commettere azioni che possono danneggiare se stesso e/o
altri»
 
In questo contesto psicodiagnostico il Secondo Perito, Prof. Dr. Tonino Cantelmi, così risponde in particolar modo al primo punto posto dal giudice istruttore:
 
Al 1°: «Quanto emerso appare avere assunto, sul periziando, il potere di sviluppare una deformazione dei processi ideativi, fissità ideo-affettiva, rimuginazione, un esame alterato della propria realtà personale ed ambientale che, allo stato attuale e nel periodo 2011-2012, ha agito abolendo la coscienza e la libertà dei propri atti»
 
Pagine e pagine di atti ed interpretazioni sono state dedicate a questa problematica, fondamentale, per definire il rinvio a giudizio dell'imputato principale.
 
La perizia d'ufficio, che non nega l'esistenza di un disturbo mentale a carico del sig. Gabriele, rileva che quel disturbo mentale non è stato tale da abolire la coscienza e la libertà dei suoi atti, e verrà reputata idonea per un semplice motivo, ovvero che le indicazioni fornite dal primo perito appaiono, testuali parole, più persuasive di quelle del Secondo Perito e così facendo il giudice afferma la sussistenza nell’imputato di una capacità di intendere e di volere, tale da non impedirne l'imputabilità e la colpevolezza, anche se, eventualmente, spetterà al Giudice di merito soppesarne l’esatta misura.
 
Persuasiva per cosa? Cosa vuol dire essere persuasivi? La Chiesa doveva punire l'infedele, ed ovviamente sarà la perizia medica più adatta per la realizzazione della condanna mediatica, perché il signor Gabriele è già stato ritenuto colpevole mediaticamente, e per la realizzazione del processo che verrà a breve. Ma sarà anche utile per distrarre dal vero nocciolo della questione, il fatto che il Papa non abbia il controllo integrale della sua Chiesa.
 
Uno degli elementi che convinceranno il promotore di giustizia sulla colpevolezza dell'infedele, è la richiesta di perdono. Infatti, scrive Si aggiunga che, da ultimo, il Gabriele ha chiesto perdono al Santo Padre, ribadendo così, implicitamente la coscienza e volontà di aver compiuto l’atto criminoso.
 
Che altro aggiungere? Riportare nell'atto processuale, come elemento determinante per la definizione dell'imputabilità del signor Gabriele, la richiesta di Perdono, è un qualcosa che dovrebbe creare scalpore ed indignazione per ogni fedele. Ma così non è stato, eppure Giovanni diceva che "Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità" .
 
Con quella richiesta di perdono, il Papa avrebbe certamente potuto evitare, in qualche modo, la realizzazione di quel processo. Ma probabilmente il Papa non controlla più la Chiesa istituzionale, che uccide quella religiosa, infatti, dagli atti processuali, emerge che l'imputato ha realizzato le condotte perché si rendeva conto che su alcune cose il Santo Padre non era informato o era informato male.
 
 Dunque il mea culpa viene valutato come atto idoneo a determinare il rinvio a giudizio, ma al contempo, lo stesso afferma «Preciso che vedendo male e corruzione dappertutto nella Chiesa, sono arrivato negli ultimi tempi, quelli… della degenerazione, ad un punto di non ritorno, essendomi venuti meno i freni inibitori. Ero sicuro che uno shock, anche mediatico, avrebbe potuto essere salutare per riportare la Chiesa nel suo giusto binario. Inoltre nei miei interessi c’è sempre stato quello per l’intelligence, in qualche modo pensavo che nella Chiesa questo ruolo fosse proprio dello Spirito Santo, di cui mi sentivo in certa maniera un infiltrato».
 
Essersi considerato come infiltrato per opera dello Spirito Santo, non viene messo in discussione per verificare la reale sanità mentale. In Italia se qualunque una persona agisse, dicendo che è stata guidata dallo Spirito Santo, difficilmente verrebbe reputata "normale". Ma l'apparato della giustizia della chiesa, pur applicando il codice Zanardelli, da un lato non può mettere in discussione, il richiamo allo Spirito Santo, perché ciò vorrebbe dire porre in discussione l'essenza stessa della Chiesa, ma dall'altro utilizza lo strumento del perdono, che dovrebbe essere l'atto più elevato della religione cristiana, come elemento idoneo a comprovare l'assoluta colpevolezza dell'imputato.
 
Una contraddizione sorprendente.

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