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La caduta degli Dei: D’Alema

Sono consulente parlamentare dal 1994 (anche se con un intervallo dal 2006 al 2014), per cui mi capita di circolare per i palazzi del Parlamento ed assistere a piccoli particolare molto istruttivi. Ad esempio, ho scoperto che lo stato di grazia di un politico è perfettamente misurabile, mentre attraversa il “corridoio dei passi perduti”, da tre dati:

a- il numero di giornalisti che si accalca al suo seguito nella speranza di una intervista o dichiarazione

b- il numero di deputati-peones e postulanti vari che gli sbavano dietro nella speranza di un benevolo cenno

c- il grado goniometrico dell’inchino dei commessi

Una quindicina d’anni fa, quando le sue fortune erano allo zenith, D’Alema attraversava il corridoio al passo della “cavalcate delle Valkirie”, seguito da uno sciame di decine di giornalisti fra i quali cercavano di insinuarsi altrettante decine di postulanti e l’inchino dei commessi raggiungeva i 90° (di più non si usa: sarebbe troppo servile).

Un po’ di mesi fa, capitai in parlamento per essere audito come esperto dalla commissione Difesa sul decreto anti-Isis e, per caso, mi trovai ad assistere all’arrivo di D’Alema, non più parlamentare, ma pur sempre abilitato all’accesso ai palazzi in quanto ex parlamentare: non gli si avvicinava un collega, mentre due giornalisti Rai sostavano sonnacchiosi (erano le 14.30) non sognandosi di chiedergli neppure l’ora. Quanto ai commessi, restavano rigidi sui 180° gradi degnandosi a stento di un cenno del capo. E l’antica baldanza wagneriana si era mutata in uno stanco “Adagio” di Albinoni mal eseguito.

Era l’immagine stessa di chi un giorno fu potente ed ora non più. Certamente il “conte Max” ha ancora accesso ad ambienti di potere, dispone di cospicui mezzi finanziari, è in grado di sapere cose assai riservate, forse può ancora raccomandare qualcuno, ma è solo un pallido riflesso del potere di un tempo.

Ci fu un momento in cui fu in corsa per essere segretario generale delle Nazioni unite, della Nato, Commissario Europeo: un anno fa è stato scavalcato come mister Pesc persino da una Mogherini qualsiasi.

Anche di Berlusconi si possono dire cose simili, ma a lui, almeno, resta l’Impero Mediaset e dintorni (anche se non è nel momento migliore neppure lì). Agli uomini di potere capita spesso di dover mordere la polvere, capitò persino a Napoleone, ma lui a Sant’Elena poteva ben dire di aver cambiato il mondo e ricordare i giorni delle grandi vittorie.

Ma se, dalla sua Sant’Elena, D’Alema si guarda indietro, non ha alcuna Austerliz il cui ricordo possa riconfortarlo. Fu direttore di una Unità già in declino e che non si riscosse, fu segretario del partito, ma solo per liquidarne l’organizzazione di massa, fu Presidente di una commissione bicamerale per la riforma delle istituzioni che (per fortuna!) finì in un nulla di fatto, fu Presidente del Consiglio, ma senza lasciare un solo segno memorabile, poi Ministro degli esteri di scarso successo, infine Presidente del nuovo partito che assimilava la Margherita, ma anche qui combinando assai poco. Non c’è una riforma che porti il suo nome, non un atto memorabile di politica estera. Unico successo ottenuto: l’alleanza fra l’allora Pds ed il Ppi che riuscì a battere Berlusconi nel 1996, ma solo per poi far cadere quello stesso Prodi che aveva portato alla vittoria e mettersi brevemente al suo posto.

Insomma, nulla che possa meritare un rigo in un libro di storia. Ma, quanti altri hanno guadagnato quel rigo? E che ci sarà in quel rigo? Certo, Berlusconi può dire di aver cambiato questo paese, anche se solo in peggio: lo ha reso più gretto, più volgare, più povero e meno colto, ma, insomma, qualcosa di lui si potrà dire scrivendo di storia. Di Prodi si potrà dire che ha combinato il disastro di aver portato l’Italia nell’Euro, e niente altro. Di Renzi si ricorderà questa riforma che ha travolto definitivamente la Costituzione del 1948, ed –al pari di Berlusconi- le leggendarie figuracce internazionali. Di Napolitano si potrà dire che fu il peggiore Presidente della Repubblica ed il meno corretto costituzionalmente, dopo essere stato uno stalinista passato agli ordini di Washington. E di Segni si ricorderà il referendum golpista del 1993. Ma Amato, Rutelli, Dini, Monti, Bossi, Veltroni, Franceschini, Fassino, Bersani, Fini, Bertinotti, Ferrero, Vendola, Di Pietro, Occhetto, Alfano, Verdini, Fitto, Salvinie ecc, come considerarli se non come sbiadite comparse che hanno auto un minuto di inutile “gloria” finita presto in cenere? Forse una menzione di distinzione (al di là del merito delle posizioni politiche e con valori impari fra loro) la meritano solo Ciampi, Tremonti, Scalfaro, Garavini.

E non si tratta solo del nostro povero e sfortunato paese, ma anche degli altri, quantomeno in Occidente: Obama, Bush (padre e figlio), Clinton, Sarkozy, Hollande, Chirac, Schroeder, Zapatero, Orban, Samaras, Tsipras, Cameron, Blair, per limitarci a pochi nomi a casaccio, vi sembrano personaggi di cui si possa dire che hanno una statura storica?

Ma vi pare che, fatte le dovute proporzioni, ce ne sia qualcuno del livello, non dico di un De Gaulle, di un Churchill, di un Roosevelt, o di un Togliatti o De Gasperi, ma anche di un Brandt, di un Mitterrand, di un Moro, di un Craxi ed arrivo a dire di una Tatcher o di un Reagan? Uno solo che possa reggere il confronto.

Il fatto è che noi non sappiamo più valutare il valore di un esponente politico. Esilarante è il caso della Merkel, passata in meno di un mese da arcigna e gretta matrigna d’Europa per via della questione greca, per diventare la leader di cui l’Europa ha bisogno, per la furbata degli esuli siriani, per ricadere, in due settimane, nella polvere del caso Volkswagen come complice di una banda di truffatori. Vi sembra serio?

Questo festival della mediocrità non è un caso: è il prodotto di questa devastante regressione culturale e politica che il neo liberismo ha portato con sé. Vi è piaciuta la politica senza ideologia, pratica, tutta finanziaria, senza dibattiti culturali, senza partiti? Eccovi serviti: D’Alema è un esempio formidabile di questa politica “usa e getta”, che abbiamo davanti e che sceglie nell’ottica dei sei mesi, pensando che dieci anni siano un tempo infinito, che non vale la pena di essere preso in considerazione, tanto è remoto.

Io ho raggiunto una età per la quale non si hanno davanti orizzonti temporali lontanissimi, per cui non vedrò molti dei disastri che si stanno accuratamente preparando, ma a voi che avete almeno 15-20 anni meno di me posso dire solo una cosa: Auguri!

Questo articolo è stato pubblicato qui

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