La chiesa ( sita in un luogo
notoriamente abitato e frequentato dal “volgo”) era piena di tanto “umile
popolo”. Parenti e amici ( tanti), cittadini indignati ( non molti),
rappresentanti delle organizzazioni sindacali ( in piccola schiera). Le
istituzioni, pare ovvio per il nostro “elefantiaco” sito, erano massicciamente rappresentati
dall’ Arcivescovo. Evidentemente nei nostri luoghi non è ancora arrivata la “ rivoluzione
” civile e democratica…. Nella distinzione dei ruoli.
Mancavano i rappresentanti ( da
singoli o per strutture organizzate) di “ arti, mestieri ed armi”, della media- alta borghesia, dei “censi” e
professioni in generale, delle intellettualità “professori del verbo” - in cattedra o meno -.
La tragedia, dall’alto della loro
tranquilla sicumera (sicurezza) quotidiana, non tange. Non turba. Un “normale”
incidente popolare. In continuità, quasi, della tradizione……. del “compari
Turiddu”….la festa continua, allegramente.
Una città ormai persa nella
rappresentazione dei valori civici, etici e democratici. Della solidarietà
umana e sociale, soppressa dalle classi ritornate prepotentemente in auge. In
stile fine ottocento. Un bieco corporativismo sociale che ha frammentato i
cittadini in decine di migliaia di pezzi. Disoccupazione, precariato, povertà,
emarginazione……….gli azi sono esclusivamente di chi li ha!.
Alla fine della funzione, una
quindicina dietro un piccolo striscione. Si declamava lo sciopero generale come
momento di ripresa della coesione sociale, richiedendo “ VERITA’ e GIUSTIZIA
per SALVATORE LA FATA.