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Democrazia o legge della jungla?

Se cerchiamo di vedere le cose nella loro essenzialità e in un contesto storico dal dopoguerra a oggi, non possiamo non capire due fenomeni fondamentali che documentano che la nostra democrazia, che molti pensano sia in progress, in realtà non è avanzata, ma è sicuramente in evidente regresso.

La prima osservazione riguarda il Referendum monarchia-repubblica finito quasi in un pareggio, e dopo oltre 65 anni i rapporti di forze tra destra e sinistra non sono per nulla mutati, anche se è improprio parlare per il PDL di destra e per il PD di sinistra.

Abbiamo invece visto, in questo pezzo di storia, i due partiti popolari usciti dalla lotta di liberazione dal fascismo, la DC e il PCI, profondamente legati al territorio e alle esigenze delle masse popolari (oggi li accuserebbero di “populismo”) trasformarsi piano piano in apparati di potere, sempre più vicini alle oligarchie industriali, finanziarie, massoniche, vaticane, sindacali, mediatiche, foraggiati da imponenti finanziamenti pubblici, con in mano il super controllo di RAI e Mediaset, insomma una mutazione genetica della democrazia.

Da molto tempo, dalla morte di Berlinguer, in Italia non vi è più stata una opposizione efficace basata sulla lotta di classe e, in ragione di ciò, gli interessi e i diritti delle classi popolari si sono enormemente ridotti, e mano mano si è affermata la strategia piduista di Licio Gellli fondata sul controllo monopolistico della informazione in mano al piduista Berlusconi, si è arrivati alla spartizione della RAI, e al coinvolgimento della ex-sinistra ai piani della Nato e degli USA fino alla enormità della guerra alla Serbia sotto il governo D’Alema.

Oggi gli eredi dei due grandi partiti fondatori della Repubblica sono diventati partiti sostanzialmente di centro. Nell’ultimo anno hanno votato insieme tutti i provvedimenti antipopolari di Monti, oggi sgomitano in campagna elettorale, ma è un teatrino e la lotta è solo per il potere, per mantenere privilegi e fare affari.

Il PDL, pur avendo ereditato i voti dei cattolici, non conserva traccia del popolarismo cristiano, è un partito degli affari e degli affaristi e ha portato l’Italia al fallimento, aiutato da una non opposizione che, invece di pensare a difendere gli schiavi salariati, pensava a scalare banche e spremere utilità dal Monte dei Paschi di Siena in combutta con la massoneria.

Le regole che ci vogliono per far finire questa tragedia di distruzione della democrazia sono semplici ed evidenti e non costano nulla:

1) Ineleggibilità dopo due legislature, e i politicanti a vita sono finiti

2) Per evitare, come nel caso di Berlusconi, che la proprietà delle televisioni si trasformi in potere politico, è fatto divieto ai politici di apparire in televisione, e così saranno costretti a tornare nel territorio del proprio collegio per farsi conoscere

3) I costi della politica devono essere azzerati, con divieto di fare manifesti e spot radiofonici e televisivi. Tutti i candidati sono liberi di andare porta a porta con il loro programma elettorale scritto o fare comizi in spazi messi a disposizione gratuitamente dai Comuni. Non vi è dunque bisogno del finanziamento pubblico dei partiti e chi non ha soldi può correre alla pari con chiunque.

4) Nessuno può essere candidato fuori dal territorio in cui deve risiedere da almeno 5 anni, onde evitare che i partiti paracadutino i loro dirigenti dove possono vincere facile, perpetuando la CASTA a danno dei cittadini residenti

5) Una nuova legge elettorale, uninominale a doppio turno, per capirci come quella per eleggere i sindaci, con primarie di partito in cui siano gli iscritti e non le segreterie a stabilire quelli che saranno i candidati

6) Eliminazione del Senato e delle province che, oltre ai costi, sono un ostacolo alla fluidità della amministrazione e alla necessità di avere decisioni rapide e definitive.

Non sarà la “rivoluzione”, ma queste regolette comprensibili per tutti servirebbero molto alla nostra malandata democrazia.

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