Da annotare >
La
cittadinanza è un istituto giuridico che identifica 2 fattispecie tra loro ben distinte.
Può salvaguardare la continuità genetica (discendenza) della popolazione
insediata da lungo tempo sul territorio. Oppure può “certificare” una maturata e
palesata volontà di appartenere ad una specifica comunità socio-politica.
Ancora.
Nel primo caso è la famiglia d’origine che, per prima, ha interesse e s’impegna
a trasmettere principi, regole, tradizioni e valori del proprio bagaglio
culturale.
Nel secondo caso, l’acquisizione convinta e professata dell’intero modello
di convivenza in vigore è la basilare e ineludibile premessa per il
riconoscimento dello “status” di cittadino.
Nel merito.
Qualsiasi soggetto che fin
da bambino risieda in modo regolare e stabile nel nostro paese ha diritto, al
pari di ogni altro cittadino, di usufruire del collettivo sistema d’istruzione
e offerta professionale, nonché della necessaria assistenza sanitaria e
sociale. Eventuali carenze e/o complicanze vanno superate.
CON la maggiore età, una volta data una oggettiva e “comprovata”
testimonianza della piena condivisione del nostro sistema giuridico, sociale e
politico, potrà aspirare a fregiarsi ad ogni effetto anche dello “status” di
cittadino.
Quindi, dalla terza generazione, ove sia ancora residente nel nostro
paese, detto “status” (ormai radicato) potrà venire equiparato in toto
all’attuale “jus sanguinis”, che rimane così la fattispecie preminente.
In sintesi.
La politica non è “l’arte del futuro” quando surclassa la matrice di una
nazione.
Comunque lo si voglia denominare, non serve e non porta ad alcun reale
beneficio minare l’essenza di quel nostro “jus civitatis” che è marchio di
un’identità secolare.
Il contagio e la libera promiscuità di culture e principi
di fatto “discordanti” non sono mai forieri dello sviluppo armonico di una
qualsiasi comunità.
Per contro. E’ dalla T come Tenacia che si genera la
consapevolezza del “bene” traguardato …