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Commento di

su Essere o non essere (charlie)


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26 gennaio 2015 09:42

Lei solleva problematiche che sono all’ordine del giorno in tutto l’Occidente perché su di esse si giocano le contraddizioni storiche tra libertà di dire e "non libertà" di offendere; e i quesiti che pone sono a mio parere condivisibili. Sia quando evidenzia che l’offesa a qualcuno non può essere considerata lecita libertà d’espressione, sia quando in ballo c’è il contrario (da noi i casi Luttazzi, ma anche Biagi -sic- o anche il caso Boffo) in Francia il caso Charlie Hebdo ma anche Dieudonné. Ma chi l’ha detto che trasmettere in televisione solo polpettoni generalisti, stupidi e ottenebranti non sia, anche questo, "offensivo" per l’intelligenza umana? E continuare a proporre trasmissioni sulle "apparizioni della Madonna" o sui miracoli di Padre Pio come lo definiremmo? Per fortuna c’è il telecomando che vale per tutti.
Tra "libertà" totale (quindi anche di offendere - che è diverso da infamare) e diritto di espressione ci sono differenze sostanziali che alcuni esasperano fino a far diventare il confine estremamente sottile. In sintesi il dibattito non può che riguardare la magistratura e le leggi, che però sono emesse da chi è al potere: a me pare che un giornaletto che pubblica vignette che per alcuni sono offensive debba essere libero di farlo, anche se chi è offeso da esso "potrebbe essere l’unico a non saperlo", come dice lei.
Libertà di satira anche sulle religioni, sulle ideologie, sul Papa, sugli esponenti politici di primo piano perché la satira - quindi il riso, la risata - è, da sempre, l’unica arma possibile per smorzare l’aura di sacralità di cui il potere - qualsiasi potere - si ammanta per non farsi mettere in discussione. Ha quindi una forza liberatrice più che una oppressiva. Anche se qualcuno può venirne offeso. Quindi direi di non essere d’accordo con lei su questo. Ma dovrei digerire anche il caso Dieudonné che non mi piace e che quindi dovrei difendere, a malincuore, e garantire così la sua libertà di espressione, pur di conservare la mia. E che dire della satira anticomunista che è stata davvero tremenda a volte. Per non parlare di quella antigiudaica. Quindi, che fare? Lei, mi sembra di capire, sarebbe favorevole a una limitazione alla libertà di espressione, ma mi sembra che sottovaluti le conseguenze liberticide che ciò potrebbe comportare. Io sono a favore di una completa libertà di espressione, ma mi rendo conto che questo potrebbe aprire le porte a questioni estremamente delicate; come certi negazionisti con le loro vignette sui campi di sterminio fanno immaginare.

Nel caso di chi fa stragi credo che il problema di schierarsi contro non si ponga nemmeno. Chi pensa di risolvere così le contraddizioni della libertà occidentale di stampa, di parola e di espressione in nome di una ideologia che a priori supera queste espressioni semplicemente vietando (o uccidendo i presunti colpevoli) si pone in una dimensione che personalmente ritengo debba essere combattuta, con qualsiasi mezzo lecito. In questo senso, sì direi che "sono Charlie Hebdo" e anche "sono ebreo" e anche "sono un poliziotto".


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