Non ho alcun dubbio che le motivazioni addotte qui, come
anche dall’imam di Firenze e dal progettista, abbiano basi concettuali
comprensibili. Che però continuano a non convincermi. E, per sgombrare il campo
da evidenti equivoci, non mi convincerebbero nemmeno se fosse stato progettato
con quello stile un qualsiasi altro edificio anche di edilizia pubblica e
laicissima.
In questo caso la dialettica modernismo-classicismo sarebbe stata l’unico punto
di discussione. Personalmente penso che fare oggi architettura
"classica" non abbia molto senso, ma capisco che su questo ci possano
essere opinioni diverse e lontane dalla mia.
Poi però leggo "Quando si vuole erroneamente sottolineare in maniera
inappropriata la rassomigliaza tra il progetto della moschea e l’architettura
cristiana italiana..." che è un’espressione che non capisco. Basta avere
gli occhi per ritenere evidente la rassomiglianza. Da una parte si bacchetta "l’erronea sottolineatura inappropriata della rassomiglianza" e dall’altra si afferma la legittimità di questo ricalcare le forme precedenti (le moschee ottomane sul modello delle basiliche bizantine). Non capisco.
E insistere sulla tradizione islamica che si innesterebbe sopra tradizioni
precedenti in modo naturale: "...ci si dimentica sempre della naturale
continuità tradizionale dell’Islam, senza la quale le stesse religioni non
avrebbero un reale supporto simbolico e metafisico" è un’altra espressione
che trovo poco comprensibile.Continuità tradizionale ? Dove sarebbe ?
Mi spiego meglio: che l’Islam abbia costruito le sue moschee
sopra le basiliche o le chiese cristiane non significa certo che la sua
tradizione si costituisca come continuità con la tradizione cristiana. Anche le
chiese cristiane sono state spesso costruite sopra precedenti sinagoghe, ma
questo non significa certo che la cristianità non abbia rappresentato una
rottura (anche traumatica) della tradizione ebraica.
La cultura islamica ha una sua propria specificità, che a
sua volta rappresenta una radicale rottura rispetto alla tradizione cristiana.
Casomai ci sarebbe da discutere se non abbia rappresentato una riproposizione -
in termini nuovi ed originali - della cultura giudaica, che ha ben più
consistenti prossimità con quella islamica.
Sulla critica alla mia critica riguardante il concetto di
assimilazione (“...in ciò si celi un’evidente incapacità di accettare l’Islam e
i musulmani come una parte reale della nostra società: è preferibile
considerarli stranieri anche quando vivono in Italia da generazioni...”) leggo
invece un altro equivoco. Io non considero affatto “stranieri” gli ebrei
italiani, ma considero diversa la cultura ebraica da quella cristiana. Lo
stesso riguardo all’Islam, o anche alla cultura cinese o africana. O vogliamo
far coincidere il concetto di cittadinanza con quello di cultura ? Tutti i
cittadini sono uguali, qualsiasi sia la loro cultura, agli occhi dello stato
(almeno in occidente e almeno in teoria), quindi non sono affatto “stranieri”.
Ma le loro culture di riferimento sono e restano diverse. O no ?
Lei legge, nel mio testo, un’avversione preconcetta verso lo "straniero", un’incapacità di accoglienza e di integrazione, ma non
credo che sia così. Vedere ed ammettere le differenze non coincide con un
rifiuto (questa casomai è la politica leghista da cui io mi sento mille miglia
lontano) ma, al contrario, mi sembra opportunità di incontro e di creazione di un
nuovo, come ho cercato di spiegare nell’articolo.
Questo progetto non mi pare che rappresenti il nuovo che speravo. E una critica non è necessariamente una polemica.