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Moschea di Firenze, un discutibile progetto del luogo di culto islamico

Che la nostra Costituzione garantisca un luogo di culto per ogni religione è cosa (quasi) nota. Che purtroppo non garantisca anche progetti di architettura “ragionata” è un dato di fatto sotto gli occhi di tutti. Un caso speciale lo merita il progetto della Moschea di Firenze.

Ieri sera, un incontro al Tiepidarium del Giardino dell'Orticoltura di Firenze, organizzato da una giovane rivista di architettura, ha visto la presenza di locali esponenti politici, dei dirigenti dell’Ordine degli Architetti, dell’Imam di Firenze e Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia e del progettista di quello che dovrebbe essere, negli intenti, il futuro luogo di culto islamico della città toscana.

 

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Sinagoga di Firenze
 

Può essere utile forse tornare su qualche polemica scoppiata in città già da un anno, non tanto sulla necessità o, ancor meno, sulla legittimità (garantita dalla Costituzione) di un centro di preghiera islamico, polemiche che lascio volentieri ai leghisti locali se esistono - e se esistono spero che spariscano presto - o ai talebani cristiani (perlatro smentiti dal loro stesso Vescovo), quanto sul progetto in sé.

Le immagini parlano chiaro anche per chi, come me, non è architetto; il tratto è quello, inconfondibile, delle chiese fiorentine del Rinascimento. Lo sono gli intarsi, le volute, il rosone, la facciata e i due campanili dello schizzo. Confrontatelo con la foto della Basilica di Santa Maria Novella e decidete voi. Solo la cupola che si intravede dietro la facciata parla di Islam e ricorda l’immagine della moschea di al-Aqsa a Gerusalemme.

Ma non è un’improvvisa carenza di fantasia da parte del giovane architetto in causa; è proprio una precisa volontà, che alcuni giornali hanno sottolineato fin da subito, di non “disturbare” da parte della comunità islamica che ha - evidentemente - paura di vedersi respinto il progetto per motivi culturali, religiosi, identitari o quant’altro (purché non dichiarato e ben mimetizzato dietro argomentazioni stilistiche ed estetiche).

Visto che siamo così generosi ad accogliervi - sembra dire l’arrogante fiorentinità immaginata dal progettista – abbiate almeno il buon gusto di diventare belli ed eleganti come noi. Niente di male. Per chi conosce i fiorentini a pensar male ci si azzecca più che spesso. Ce lo ricordava anche Sabina Guzzanti nella parodia di quella amabile signora borghese da salotto buono che amava ripetere “si voleva dare, ma poi si tenne”.

Il risultato è una fredda mancanza di coraggio nella proposta architettonica che si arrende a priori alla classicità dell’Umanesimo Rinascimentale, mascherandosi proprio dietro questioni estetiche e scelte stilistiche: Modernismo-Classicismo è la falsa dialettica cui il progettista ha fatto preciso riferimento nel corso del breve battibecco con una giovane coraggiosa contestatrice dell’ipotesi proposta. Come se l’incontro fra culture diverse fosse questione di stile.

Eppure nel corso dell’incontro i termini esatti erano stati esplicitati. Quando si parla di queste faccende le parole da usare sono interazione e/o integrazione, è stato detto. Cui aggiungerei la forma estrema dell’integrazione che si chiama assimilazione.

E assimilazione è parola già prossima ad un termine agghiacciante che definiamo "annientamento". Sono le due facce di quella stessa medaglia che parla di negazione della diversità cui già la collettività ebraica europea è stata drammaticamente sottoposta fra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del secolo scorso: assimilazione significa "diventare simili" ed è noto che, con l’abbattimento delle mura dei ghetti europei, insieme alla nuova libertà di movimento, gli ebrei si trovarono a perdere in larga misura la loro stessa identità culturale proprio nella volontà, loro e della cultura illuministico-razionalista che l’Occidente cristianizzato si era data, di "diventare simile" a chi ebreo non era.

La diversità si superava con l’appiattimento culturale sul pensiero dominante. Siccome non bastava e una qualche diversità si ostinava a sussistere, si passò alla fase due: lo sterminio. All’annichilimento culturale subentrò l’annientamento fisico. Questo per dire a che cosa può portare l’incontro fra culture diverse se non si sradicano da subito i germogli di intolleranza.

Noi oggi, proprio grazie alla terribile esperienza della persecuzione antiebraica, conosciamo la trappola insita - e l’inganno - nei termini “integrazione” e “assimilazione”. E’ la distruzione dell’identità culturale diversa, cui peraltro la comunità ebraica fiorentina ebbe il folle coraggio di opporsi proponendo, progettando ed imponendo quell’architettura "moresca" della sinagoga che campeggia nel cuore della città, senza che l’anima rinascimentale della stessa ne sia in alcun modo ferita. Anzi arricchendone lo skyline con un elemento verde rame ormai famoso nel mondo quasi quanto la cupola del Duomo.

Il termine di riferimento che deve impregnare di sé il progetto architettonico quindi deve essere altro. Non dire ai fiorentini: “Eccoci, siamo qui e siamo uguali a come eravate voi nel periodo del vostro massimo splendore umanistico”. Non è vero, non è così, è una bugia. Siamo uguali in quanto esseri umani, ma la nostra cultura non è uguale.

Anche l'Umanesimo era impregnato di cristianità. E la cristianità, al contrario dell'Islam, pensa che l'essere umano nasca macchiato dalla colpa originaria, da una peccaminosità, una perversione naturale. Pensa che Dio si possa incarnare in un uomo, che la sessualità sia atto di per sé peccaminoso, legittimato solo dalla procreazione, pensa che la divinità sia una e trina. Eccetera. No, non siamo uguali.

Dalla negazione della diversità non nasce niente. E l’architettura, che ha un’enorme forza espressiva, deve invece parlare di “interazione” di interagire, di mostrarsi, toccarsi, annusarsi, sfiorarsi, parlarsi. Di riconoscere la diversità, di dirsela, raccontarla e mostrarla. E di proporre, se ci riesce, un incontro fecondo, capace di modificare ancora il profilo di una città che tende, se lasciata a se stessa, a morire d’inedia, guardandosi allo specchio in continuazione come una tragica, bellissima donna affetta da un narcisismo patologico.

Coraggio, si abbia il coraggio di affrontare anche le sue unghie aguzze se è il caso. Può darsi che poi ringrazi. Con un semplice cenno della mano, però, o al massimo, con uno sguardo. Non aspettatevi niente di più perché tanto generosa, diciamolo, non è.

I commenti più votati

  • Di pensiero (---.---.---.220) 12 novembre 2011 09:29

    Non mi pare che si tratti di carenza di fantasia, come è stato giustamente scritto, ma d’altra parte neppure di "volontà di non disturbare" come si sostiene invece erroneamente nell’articolo e come è stato smentito sia dall’imam sia dal progettista. Si tratta invece di una aderenza e una continuità tradizionale che sono i pilastri culturali e teologici dell’Islam. Quando si vuole erroneamente sottolineare in maniera inappropriata la rassomigliaza tra il progetto della moschea e l’architettura cristiana italiana ci si dimentica sempre della naturale continuità tradizionale dell’Islam, senza la quale le stesse religioni non avrebbero un reale supporto simbolico e metafisico. D’altronde se si vuole parlare di scimmiottamenti, dal punto di vista strettamente architettonico la grande moschea di Damasco allora è una chiesa cristiana, la totalità delle moschee ottomane allora sono basiliche bizantine, ecc... le stesse chiese cristiane non sono altro, allora, in tale concezione degenerata dell’arte sacra, che degli scimmiottamenti delle basiliche romane!
    Appare evidente quindi che il discorso sul fatto che un’architettura islamica copi una cristiana o che una cristiana copi quella romana è totalmente privo di senso. Il progetto di Napolitano utilizza un ordine classico dorico, colonne corinzie all’ingresso, un sistema di proporzioni calcolato matematicamente, ecc... perché mai colonne doriche o corinzie dovrebbero essere di uso esclusivo delle chiese cristiane?... Quando poi una grandissima parte delle moschee in Siria, Libano, Egitto, ecc... utilizza proprio colonne doriche e corinzie!!!
    Probabilmente tale polemica scaturisce in realtà dal fatto che il mondo dell’edilizia modernista non vuole accettare che la comunità islamica (priva dell’indottrinamente pseudointellettuale al quale sono sottoposti i poveri cattolici romani) abbia scelto liberamente di utilizzare un linguaggio classico e tradizionale, ritenendo che il modernismo, buono magari per centri commerciali, ma per sua natura ateo e antitradizionale, non sia in grado di realizzare un’architettura sacra ed esprimere una spiritualità vera.
    Quanto ai concetti di assimilazione o negazione dell’identità o della diversità, credo che in ciò si celi un’evidente incapacità di accettare l’Islam e i musulmani come una parte reale della nostra società: è preferibile considerarli stranieri anche quando vivono in Italia da generazioni o parlano con inflessione toscana e c aspirata. Mentre loro hanno negli occhi e nello spirito la grande architettura classica (che non è più cristiana di quanto non sia islamica, giacché se volessimo definirla dovremmo considerarla mediterraeno-greco-romana), noi vorremmo che facessero qualcosa di esotico, per poterli considerare sempre come qualcosa di altro rispetto a noi... dimenticando che la strada più naturale e più corretta è proprio quella indicata dalla comunità islamica stessa, tramite il progetto presentato. Quando i turchi conquistarono Costantinopoli e l’intero Impero Romano di Oriente fu islamizzato, non importarono alcun modello esotico, ma costruirono le moschee ottomane sui principi e sui modelli delle basiliche bizantine, ricalcandone strutture e linguaggio architettonico senza il minimo dubbio: non si capisce perché mai un’operazione così naturale, semplice, legittima, giusta, non debba avvenire anche in Italia.

Commenti all'articolo

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 11 novembre 2011 11:24
    Fabio Della Pergola

    Per un errore di impaginazione di cui non sono responsabile, la foto iniziale è relativa alla Sinagoga di Firenze, mentre il progetto della moschea, a firma dell’architetto David Napolitano è nei documenti allegati

  • Di (---.---.---.56) 11 novembre 2011 18:50

    Il ragionamento proposto nell’articolo ha, secondo me, un difetto: il progetto di Napolitano sarebbe stato segno di assimilazione se fosse stato imposto alla comunità dall’esterno, ma poiché è il prodotto di una discussione interna alla comunità islamica fiorentina e di una interazione tra l’imam e l’architetto, non si corre il rischio di affibbiare ai musulmani di Firenze una coatta etichetta di "diversi" chiedendo loro di esprimere un’architettura diversa?

    Chi ci permette di immaginare a priori l’architettura dei musulmani fiorentini senza lavorare con loro allo sviluppo di un progetto?
    E’ improbabile ma, e se i fiorentini di religione islamica, prima che tutti immigrati o non-cristiani fossero, putacaso, classicisti?
    E’ necessario considerare la nascita -ormai avvenuta-, di un Islam europeo ed italiano, espressione locale della religiosità di persone di origine e cultura varia che vivono oggi sul suolo che fu di Leon Battista Alberti e Palladio: anche queste persone sono libere di apprezzarel’architettura del Rinascimento allo stesso modo di come la apprezza un architetto locale per i valori che esprime e non come strumento di "mimetismo culturale".
    Questo l’imam di Firenze lo ha ripetuto più di una volta, ma si continua a non voler ascoltare.
    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 11 novembre 2011 23:51
      Fabio Della Pergola

      Ottima osservazione, naturalmente.

      Ma mi permetto di obiettare che "l’assimilazione" non è, storicamente, un’idea imposta alla comunità minoritaria da parte di quella maggioritaria. In questo caso sarebbe più corretto parlare di annichilimento o annientamento culturale o integrazione forzata, eccetera. Assimilazione è invece una tendenza propria della cultura minoritaria che tende a farsi simile, per motivi intuibili, a quella maggioritaria, dietro sollecitazioni di questa se si vuole, ma non dietro imposizione. Quindi mi sento di contestare l’affermazione che il progetto dell’architetto Napolitano sarebbe stato segno di "assimilazione" solo nel caso che fosse stato imposto dall’esterno della cultura islamica.

      Inoltre non credo di aver imposto l’etichetta di "diverso" al cittadino musulmano, ma di aver semplicemente ritenuto che la cultura (ripeto, la cultura, non il cittadino) islamica sia diversa, credo indiscutibilmente, da quella dell’occidente cristianizzato.
      Quell’occidente che ha partorito, nel corso della sua storia, l’umanesimo ed il rinascimento fiorentino che invece non esiste nella storia dell’islam (dove esiste altro, come sappiamo).

      Che una persona di fede islamica (che sia o non sia di etnia italiana) apprezzi la cultura e l’architettura rinascimentale non è in discussione, così come un occidentale, senza ombra di dubbio, apprezza l’arte islamica. Questo però non significa che quella particolare espressione della cultura, legittimamente apprezzata, entri a far parte automaticamente della propria storia (islamica o cristiana). E’ - e resta a parer mio - "altro" rispetto alla specifica storia dell’islam (o della cristianità).

      Mi sembra - è solo il mio parere naturalmente - che confondere i due piani (apprezzamento-appropriazione, nel senso di "fare proprio") non parli di interazione fra due culture diverse, ma di qualcos’altro. Che ho ritenuto - e continuo a ritenere - prossimo ad un’idea di assimilazione culturale.

      So che l’imam di Firenze ha parlato di questo progetto nei termini che il commentatore ha ben descritto, ma questo non mi basta perché anche io, come fruitore dell’architettura di una città, sono parte in causa; non lo sono solo gli islamici. Non è che, siccome va bene a loro, deve per forza andare bene anche a me, mi spiego ?

      Al contrario io mi sento privato, da questo progetto, di un’ipotetica immagine nuova derivante dall’incontro delle due culture diverse; frutto dell’incontro. Un’immagine nuova che, nella mia aspettativa, avrebbe potuto dare il suo contributo al futuro di questa città. Un’immagine nuova che non c’è, a mio parere, e la cui assenza mi provoca un disagio, una delusione. Come un’occasione mancata, per intendersi.

    • Di redattore (---.---.---.220) 12 novembre 2011 09:51

      Gentile Fabio della Pergola, non voglio polemizzare, ma leggendo il suo commento credo che, rispettando comunque la sua opinione, occorra fare una grande precisazione: non si costruiscono moschee, come chiese o templi vari, per venire incontro a un’aspettativa, che sia la sua o quella dell’imam, del progettista, dei politici o dei giornalisti! Si costruisce una moschea per rendere culto a Iddio nella sottomissione alle prescrizioni cultuali e alla Tradizione. Su questo punto ritengo che il progetto presentato, pur suscettibile sicuramente di numerose modifiche, vada certamente nella direzione corretta nella maniera più conforme alla religione. La finalità di un luogo di culto non è evidenziare incontri, né integrazioni, né stimolare fantasia o altre cose, né tantomeno glorificare persone o associazioni: la moschea non è a gloria nemmeno della stessa comunità islamica, ma solamente a gloria di Iddio.
      Purtroppo quando si ragiona su tali questioni dimenticandosi dei principi religiosi e basando il ragionamento esclusivamente su questioni atee, si finisce sempre per travisare il senso ultimo (e unico) degli edifici di culto, vedendo magari le proprie aspettative frustrate.

  • Di pensiero (---.---.---.220) 12 novembre 2011 09:29

    Non mi pare che si tratti di carenza di fantasia, come è stato giustamente scritto, ma d’altra parte neppure di "volontà di non disturbare" come si sostiene invece erroneamente nell’articolo e come è stato smentito sia dall’imam sia dal progettista. Si tratta invece di una aderenza e una continuità tradizionale che sono i pilastri culturali e teologici dell’Islam. Quando si vuole erroneamente sottolineare in maniera inappropriata la rassomigliaza tra il progetto della moschea e l’architettura cristiana italiana ci si dimentica sempre della naturale continuità tradizionale dell’Islam, senza la quale le stesse religioni non avrebbero un reale supporto simbolico e metafisico. D’altronde se si vuole parlare di scimmiottamenti, dal punto di vista strettamente architettonico la grande moschea di Damasco allora è una chiesa cristiana, la totalità delle moschee ottomane allora sono basiliche bizantine, ecc... le stesse chiese cristiane non sono altro, allora, in tale concezione degenerata dell’arte sacra, che degli scimmiottamenti delle basiliche romane!
    Appare evidente quindi che il discorso sul fatto che un’architettura islamica copi una cristiana o che una cristiana copi quella romana è totalmente privo di senso. Il progetto di Napolitano utilizza un ordine classico dorico, colonne corinzie all’ingresso, un sistema di proporzioni calcolato matematicamente, ecc... perché mai colonne doriche o corinzie dovrebbero essere di uso esclusivo delle chiese cristiane?... Quando poi una grandissima parte delle moschee in Siria, Libano, Egitto, ecc... utilizza proprio colonne doriche e corinzie!!!
    Probabilmente tale polemica scaturisce in realtà dal fatto che il mondo dell’edilizia modernista non vuole accettare che la comunità islamica (priva dell’indottrinamente pseudointellettuale al quale sono sottoposti i poveri cattolici romani) abbia scelto liberamente di utilizzare un linguaggio classico e tradizionale, ritenendo che il modernismo, buono magari per centri commerciali, ma per sua natura ateo e antitradizionale, non sia in grado di realizzare un’architettura sacra ed esprimere una spiritualità vera.
    Quanto ai concetti di assimilazione o negazione dell’identità o della diversità, credo che in ciò si celi un’evidente incapacità di accettare l’Islam e i musulmani come una parte reale della nostra società: è preferibile considerarli stranieri anche quando vivono in Italia da generazioni o parlano con inflessione toscana e c aspirata. Mentre loro hanno negli occhi e nello spirito la grande architettura classica (che non è più cristiana di quanto non sia islamica, giacché se volessimo definirla dovremmo considerarla mediterraeno-greco-romana), noi vorremmo che facessero qualcosa di esotico, per poterli considerare sempre come qualcosa di altro rispetto a noi... dimenticando che la strada più naturale e più corretta è proprio quella indicata dalla comunità islamica stessa, tramite il progetto presentato. Quando i turchi conquistarono Costantinopoli e l’intero Impero Romano di Oriente fu islamizzato, non importarono alcun modello esotico, ma costruirono le moschee ottomane sui principi e sui modelli delle basiliche bizantine, ricalcandone strutture e linguaggio architettonico senza il minimo dubbio: non si capisce perché mai un’operazione così naturale, semplice, legittima, giusta, non debba avvenire anche in Italia.

    • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 12 novembre 2011 10:30
      Fabio Della Pergola

      Non ho alcun dubbio che le motivazioni addotte qui, come anche dall’imam di Firenze e dal progettista, abbiano basi concettuali comprensibili. Che però continuano a non convincermi. E, per sgombrare il campo da evidenti equivoci, non mi convincerebbero nemmeno se fosse stato progettato con quello stile un qualsiasi altro edificio anche di edilizia pubblica e laicissima.
      In questo caso la dialettica modernismo-classicismo sarebbe stata l’unico punto di discussione. Personalmente penso che fare oggi architettura "classica" non abbia molto senso, ma capisco che su questo ci possano essere opinioni diverse e lontane dalla mia.

      Poi però leggo "Quando si vuole erroneamente sottolineare in maniera inappropriata la rassomigliaza tra il progetto della moschea e l’architettura cristiana italiana..." che è un’espressione che non capisco. Basta avere gli occhi per ritenere evidente la rassomiglianza. Da una parte si bacchetta "l’erronea sottolineatura inappropriata della rassomiglianza" e dall’altra si afferma la legittimità di questo ricalcare le forme precedenti (le moschee ottomane sul modello delle basiliche bizantine). Non capisco.

      E insistere sulla tradizione islamica che si innesterebbe sopra tradizioni precedenti in modo naturale: "...ci si dimentica sempre della naturale continuità tradizionale dell’Islam, senza la quale le stesse religioni non avrebbero un reale supporto simbolico e metafisico" è un’altra espressione che trovo poco comprensibile.Continuità tradizionale ? Dove sarebbe ?

      Mi spiego meglio: che l’Islam abbia costruito le sue moschee sopra le basiliche o le chiese cristiane non significa certo che la sua tradizione si costituisca come continuità con la tradizione cristiana. Anche le chiese cristiane sono state spesso costruite sopra precedenti sinagoghe, ma questo non significa certo che la cristianità non abbia rappresentato una rottura (anche traumatica) della tradizione ebraica.

      La cultura islamica ha una sua propria specificità, che a sua volta rappresenta una radicale rottura rispetto alla tradizione cristiana. Casomai ci sarebbe da discutere se non abbia rappresentato una riproposizione - in termini nuovi ed originali - della cultura giudaica, che ha ben più consistenti prossimità con quella islamica.

      Sulla critica alla mia critica riguardante il concetto di assimilazione (“...in ciò si celi un’evidente incapacità di accettare l’Islam e i musulmani come una parte reale della nostra società: è preferibile considerarli stranieri anche quando vivono in Italia da generazioni...”) leggo invece un altro equivoco. Io non considero affatto “stranieri” gli ebrei italiani, ma considero diversa la cultura ebraica da quella cristiana. Lo stesso riguardo all’Islam, o anche alla cultura cinese o africana. O vogliamo far coincidere il concetto di cittadinanza con quello di cultura ? Tutti i cittadini sono uguali, qualsiasi sia la loro cultura, agli occhi dello stato (almeno in occidente e almeno in teoria), quindi non sono affatto “stranieri”. Ma le loro culture di riferimento sono e restano diverse. O no ?

      Lei legge, nel mio testo, un’avversione preconcetta verso lo "straniero", un’incapacità di accoglienza e di integrazione, ma non credo che sia così. Vedere ed ammettere le differenze non coincide con un rifiuto (questa casomai è la politica leghista da cui io mi sento mille miglia lontano) ma, al contrario, mi sembra opportunità di incontro e di creazione di un nuovo, come ho cercato di spiegare nell’articolo.

      Questo progetto non mi pare che rappresenti il nuovo che speravo. E una critica non è necessariamente una polemica.

       

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 12 novembre 2011 10:44
    Fabio Della Pergola

    Caro "redattore" xxx.220 (ma non è lo stesso codice di "pensiero"?) che un luogo di culto abbia finalità religiose che devono rispondere a Dio (per chi ci crede) è indiscutibile.
    Che si innesti in un tessuto urbano modificandolo è altrettanto indiscutibile. E per questo non ci si può occupare esclusivamente del punto di vista del credente.

    Non intervengo sul primo punto, intervengo sul secondo, affrontando per quanto nelle mie capacità i temi (scottanti) che sono emersi nell’incontro di cui parlo: interazione, integrazione, assimilazione, e ancora, rapporto fra culture e tradizioni diverse eccetera.

    Non è mia intenzione polemizzare con nessuno, ma vorrei sollevare dei quesiti che riguardano appunto i rapporti tra culture diverse, particolarmente caldi da quando l’Italia è diventata luogo di immigrazione contrariamente a quanto accaduto in passato. E mi riservo il diritto di criticare le cose che non mi piacciono o che ritengo sbagliate. Spero con questo che nessuno si senta offeso. L’alternativa è stare zitti sempre e comunque, che non mi pare una bella prospettiva.

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